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Lungometraggi |
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Il trasformista
Italia, 2002, 35mm, 92', Colore
Regia Luca Barbareschi
Soggetto Giancarlo Manfredi, Luca Barbareschi
Sceneggiatura Luca Barbareschi, Giancarlo Manfredi
Fotografia Gino Sgreva
Operatore Alessandro Brambilla
Musica originale Marco Zurzolo
Montaggio Osvaldo Bargero
Effetti speciali Pasquale Catalano, Germano Natali
Scenografia Emita Frigato
Costumi Liliana Sotira
Trucco Giorgio Gregorini
Interpreti Luca Barbareschi (Augusto ViganĂ²), Rocco Papaleo (Orlando Lanzetta), Luigi Maria Burruano (Battani), Catherine Wilkening (Catherine), Arnaldo Ninchi (ministro Antonelli), Gea Lionello (Marta ViganĂ²), Raffaele Pisu (Montanari), Ugo Conti (Robbiati), Bianca Guaccero (Katia), Luigi Diberti (Zaccheroni)
Produzione Susanna Bolchi, Aureliano Lalli-Persiani per Casanova Entertainment, Rai Cinema
Distribuzione 01 Distribution
Note 2500 metri.
Operatore steadycam: Alessandro Brambilla; suono Dolby Digital; montaggio del suono: Claudio Marani; assistente alla regia: Manolita Cipparrone; segretario di produzione: Federico Santangelo.
Film realizzato con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.
Locations: Pinerolo, San Germano Chisone, Venaria Reale (TO), Torino (Museo del Risorgimento).
Sinossi
Una forte alluvione devasta il territorio piemontese. II Po, straripando, fa affiorare i rifiuti tossici di una discarica. Augusto Viganò, quarantenne comproprietario di una birreria impegnato nella difesa dell'ambiente, blocca con un gruppo di amici il treno sul quale viaggia il ministro Antonelli. II politico, accompagnato dal suo consigliere Orlando Lanzetta, accetta di ascoltare le lamentele dei manifestanti. Ripreso in diretta televisiva, Viganò viene notato da un politico interessato a farlo eleggere per poi sfruttarne il carisma. Augusto, determinato a battersi per la difesa dell'ambiente, accetta l'offerta ed approda a Montecitorio. Ha inizio così la sua avventura tra biechi intrighi di palazzo, tradimenti ed incontri clandestini tra politici di parti opposte. Viganò inizia ad accettare i compromessi, passa da un partito all'altro, frequenta gli eleganti "salotti" della capitale. Proprio in uno di questi incontra una donna, Catherine, con cui inizia una relazione. Mente alla moglie e piano piano dimentica se stesso ed i propri principi.
Dichiarazioni
«Ho voluto fare un film sulla politica ma anche e soprattutto sulla situazione di stallo generale, che imperversa in Italia. Tutto rimane dove è, le emergenze ormai non sono più emergenze ma fatti all'ordine del giorno. Alla fine si respira un'aria di impossibilità a fare le cose, si finisce per tradire se stessi. Ho voluto raccontare la storia di un uomo puro che tradisce se stesso e diventa dannato» (L. Barbareschi, vvww.fctp.it).
«Numerose le location a Torino e provincia. Le più belle sono state a San Germano Chisone, dove ci sono due ponti crollati nell’alluvione del 2000 e la strada è interrotta e dove abbiamo ricreato la discarica abusiva scoperchiata dall’inondazione, e a Pinerolo, dove abbiamo utilizzato un ponte ferroviario abbattuto dalla piena dal quale ancora oggi pende un groviglio di binari» (F. Fusco, “la Repubblica”, 5.5.2002).
«In questo film ispirato all'ideologia della destra sociale italiana contemporanea, Barbareschi vede il nostro Paese eterno ostaggio dei politicanti da prima repubblica, democristiani e socialisti, riciclati a getto continuo negli opposti schieramenti. Si intuisce che il leader Berlusconi non ha il tempo sufficiente per fare pulizia all'interno delle fila di sottosegretari, capigruppo, ministri, industrialotti, portaborse che popolano le terrazze e le chiese dell'Urbe in cui, rispettivamente, si crapula e si congiura. II football e il varietà televisivo fanno da colonna audio sonora di questa classe politica, divisa fra l'indifferenza della città eterna e la spiaggia desolata di Sabaudia. I padri della Costituzione (un commovente Raffaele Pisu) sono lì solo per sanzionare la fine di un'epoca. Nessuna speranza, così, di riuscire ad azzerare definitivamente la dimensione parassitaria e trasformistica della politica italiana. Tutto il resto [...] si rivela ininfluente o superfluo. Viganò è un uomo qualunque che non riesce ad essere abbastanza uomo e abbastanza qualunque. Come il film» (F. De Berardinis, "Segnocinema" n.123, settembre-ottobre 2003).
«ll trasformista non è solo una risposta populista al Portaborse. I toni sono un po' incerti, gli spunti abbondanti anche se non sempre di primissima mano. [...] Psicologicamente è affrettato, approssimativo, a tratti ovvio o caricaturale. Ma certi meccanismi sono ben descritti. E sono ben disegnate le figure di contorno, l'infido Rocco Papaleo, il maneggione Luigi M. Burruano, il ministro Arnaldo Ninchi, la moglie Gea Lionello, l'aspirante starlette Bianca Guaccero. L'unica a farcela - e il solo vero successo politico di Viganò, guardacaso» (F. Ferzetti, "II Messaggero", 22.11.2002)
«Se non ci fosse la politica l'Italia sarebbe un paese prosperoso e in pace con sé stesso, lo sappiamo (purtroppo) da tempo [...] da noi la politica buona, quando c'è, viene presto macerata fino a rifiuto solido urbano [...]. II film di Barbareschi racconta tutto questo, dunque qualcosa che noi cittadini conosciamo molto bene e lo fa con uno stile a metà fra il cronachistico e il farsesco, talvolta con le modalità della commedia all'italiana, quella dei tempi d'oro. Ma ciò che potrebbe essere il punto di forza del film - non prendere una posizione politica settaria, così conservando quell'indipendenza che permette, teoricamente, di puntare il dito contro tutti, al di là delle appartenenze - finisce per essere il suo maggiore punto di debolezza, o almeno di ambiguità. Perché il fatto che Il trasformista non si schieri né a destra né a sinistra, condannando invece il marcio "trasversale", permette a tutti i politici/cittadini italiani di vedere il "male" nel "nemico", fino a trasformare la pellicola in un manifesto (furbo, anch'esso "trasformista") di qualunquismo intelligente, in quanto capace di piacere a tutti proprio a causa del suo andare contro tutti» (M. Lombardi, "Film" n. 61, gennaio-febbraio 2003).
«Il trasformista è un film sinceramente arrabbiato, che coltiva molti stili, poi svicola in un'inutile love story su cui impazza il piano sequenza. Niente di nuovo, ma espresso con buon senso civile e narrativo, da commedia italiana, e un cast molto centrato, specie nelle espressive parti di contorno (Papaleo, Ninchi e Burruano). Si esce con un catartico senso di vergogna» (M. Porro, "Corriere della Sera", 23.11.2002).
«Augusto Viganò [...] nella Roma degli inciuci, affiancato dal consigliere Orlando Lanzetta (un bravo Rocco Papaleo), apprende i rituali dei potenti e dei peones da commissione e da cena in terrazza. II signor Viganò non è Mr. Smith e non va a Washington. Arriva a Montecitorio e perde la faccia. Accordi sottobanco, "pianisti", cavilli, finanziamenti, amanti, sgambetti. Feroce e disilluso atto d'accusa contro i politici e la politica come "sfiducia organizzata". II tema non è frequente nel cinema italiano, ma la regia e la sceneggiatura non hanno argini solidi» (E. Magrelli, www.film.tv.it).
«Ricordiamo che il trasformismo, cioè il costume di cambiare disinvoltamente bandiera in Parlamento, nasce con Agostino Depretis nel 1882 e da allora è rimasto sempre di moda. Il moderno trasformista del film è un ecologista padano che accetta di candidarsi per varare alcune leggi a salvaguardia dell'ambiente, però una volta a Roma tra terrazze e commissioni, belle donne e complotti, funzioni religiose e ricatti, perde la verginità politica e diventa la copia conforme del ministro contro il quale aveva guidato la schiera dei disobbedienti» (A. Levantesi, “La Stampa”, 24.11.2002).
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