«Primo film sulla tossicodipendenza in Italia, girato a Torino nel quartiere di Mirafiori Sud nell'inverno 1975/76. Il problema della droga è sempre più grave. La sua diffusione, specie tra i giovani ha assunto le dimensioni di una piaga sociale. Questo documentario vuole essere un contributo alla denuncia e all'analisi del problema, partendo dalla realtà di un quartiere dormitorio di una grande città: il quartiere Mirafiori-Sud di Torino. Il film è nato partendo da una discussione nell'assemblea del quartiere sui temi dell'emarginazione, della delinquenza, della droga. Il quartiere Mirafiori-Sud è un' enorme ghetto sorto in funzione della FIAT. Vi abitano più di quindicimila persone in enormi casermoni di 9/10 piani, con servizi sociali insufficienti. Si tratta di un quartiere dormitorio tipico di una grande città industriale, dove l'unico punto di aggregazione sociale è stato sino a pochissimo tempo fa, la chiesa con il centro parrocchiale. Perciò, nel corso della discussione, i giovani che intervengono, sostengono che il problema più generale dell'emarginazione sociale, legata ai problemi della vita associativa, dell'occupazione ed anche della scuola, per coloro che riescono a studiare. Oltre alla discussione vi sono alcune testimonianze che danno al film una funzione di documentazione che va oltre il quartiere Mirafiori-Sud ed investe il problema della droga presente ormai in tutto il paese. Un gruppo di ragazzi intervistati solleva a sua volta il problema della necessità di punti di ritrovo, che costituiscono un momento di aggregazione per la vita associativa dell'intera comunità. Infine il film raccoglie la testimonianza di un giovane di 18 anni che racconta come è arrivato ad essere tossicodipendente, ed il racconto di un ventenne che usa droghe leggere ed accenna alla sua esperienza in carcere. Il film si conclude con le interviste ad un gruppo di operai all'uscita della FIAT Mirafiori, i quali denunciano come quello della droga sia divenuto un problema di struttura nazionale, legato a tutte le forme di organizzazione della società» (www.danielesegre.it).
«Mirafiori Sud, un quartiere cresciuto all'ombra della grande fabbrica di auto che sembra dominare l'orizzonte. L'occhio della macchina da presa indugia sulla fungaia disordinata di palazzoni a nove piani, sulle stentate pianticelle - unico segno di verde - messe a dimora lungo i marciapiedi, su un gruppo di ragazzi che giocano a palla vicino a una rete di recinzione. Poi ci introduce in un'assemblea di cittadini del quartiere: “Impianti sportivi ce ne sono, ma sono tutti privati. Il tessuto sociale è fortemente disgregato, ci sono fenomeni abbastanza diffusi di delinquenza minorile". E naturalmente c'è la droga, a Mirafiori Sud come alle Falchere, come alle Vallette, come negli altri rioni-dormitorio della grande periferia torinese, quasi un emblema dell'emarginazione sociale. Perché droga è il titolo di questo documentario girato a Mirafiori Sud per conto della Unitelefilm da Daniele Segre e Franco Barbero, due dilettanti che mostrano doti notevoli. Proiettato all'Unione culturale dinanzi a un pubblico foltissimo di giovani, il documentario vuol essere un contributo ad approfondire l'analisi delle ragioni sociali in cui affonda le sue radici il fenomeno droga.
Ecco l'incontro con un gruppo di ragazzi di cui “c'è solo quello là che ha un lavoro”. Uno di quelli che si sono lasciati prendere nel terribile ingranaggio degli stupefacenti ha alle origini della sua amara esperienza la perdita della madre e “uno scontro con la scuola”. Chi si è illuso, “bucandosi”, di sfuggire a una realtà avvilente, di trovare chissà quale alternativa a “questo mondo di merda”, scopre poi di essere caduto nella “trappola di un nuovo più feroce sfruttamento”. Ma spesso è tardi per tornare indietro. Colpa dei giovani? Gli operai del quartiere intervistati. davanti ai cancelli della Fiat invitano a considerare le colpe più evidenti e palpabili di una società ancora troppo ingiusta, che non sa offrire un lavoro, che non sa indicare valori morali attendibili, crudele anche con coloro che essa stessa ha fatto sentire “diversi”. Stimolato dal film, il dibattito è stato vivace, appassionato» (p.g.b., “l'Unità”, 30.4.1976).