Riduzione televisiva dal testo di Joyce: Lucio Chiavarelli.
Le riprese sono state effettuate negli Studi Rai di Torino.
«Per me era la prima volta che lavoravo in uno studio televisivo con delle telecamere e con maestranze e tecnici interni. I primi contatti non furono facili anche perché io mi accostavo con una mentalità poco aziendalista e piuttosto cinematografara. Ricordo per esempio che non sopportai l’idea delle prove con i “percorsi” tracciati a terra e chiesi piuttosto di stare due giorni di più a tavolino a sviscerare con gli attori i vari aspetti dei loro personaggi e ad approfondire i loro rapporti e la memoria. Quello che però creò maggiori tensioni, col rischio di scatenare delle vertenze sindacali, fu quando insoddisfatti del lavoro di certe persone del reparto scenografia, Bartolini Salimbeni, un anziano e nobile scenografo che aveva vinto tantissimi premi, ed io prendemmo pennellesse e colori per dipingere le scenografie dei toni che volevamo. Delle forti tensioni si crearono anche quando decisi che non potevo dirigere dalla cabina di regia urlando con gli altoparlanti le indicazioni sfumate per la recitazione di questo o quell’attore. Dopo molte discussioni ottenni di avere un monitor in Studio Biglia e di lavorare gomito a gomito con gli attori, girando in continuo con tutte le telecamere e senza passare dall’una all’altra come in una ripresa in diretta. Le scelte, i tempi dei tagli e dei cambi di inquadratura, il ritmo fu costruito in fase di montaggio, come si usa nel cinema. Riuscimmo comunque a rispettare i tempi di lavorazione e con il coinvolgimento di tutti i tecnici si arrivò alla fine a creare un clima di unità e di affiatamento, che ancora oggi gli elettricisti, il montatore, il direttore della fotografia, i macchinisti, il fonico e le persone di produzione mi ricordano con nostalgia» (G. Treves, Dichiarazione originale, 2008).