Altri titoli: Cartouche, Un émule de Cartouche
Regia Gianni Vernuccio
Soggetto Tullio Pinelli, Giampaolo Callegari, Piero De Bernardi, Louis Stevens
Sceneggiatura Tullio Pinelli, Giampaolo Callegari, Piero De Bernardi, Louis Stevens
Fotografia Massimo Dallamano
Operatore Ugo Nudi
Musica originale Goffredo Petrassi
Suono Raffaele Del Monte, Giovanni Canavero
Montaggio Loris Bellero
Scenografia Giancarlo Bartolini Salimbeni
Costumi Giancarlo Bartolini Salimbeni
Trucco Angelo Roncatoli
Aiuto regia Luciano Sacripanti
Interpreti Richard Basheart (Cartouche / Jacques de Maudy), Patricia Roc (donna Violante), Massimo Serato (duca Enrico di Vaubranche), Isa Barzizza (Lucilla), Akim Tamiroff (marchese di Salpière), Nerio Bernardi (pedante), Adolfo Geri, Vando Tress, Aldo De Franchi (Leandro), Nino Marchetti, Gianna Baragli, Celeste Almieri, Alberto Archetti, Alberto Collo, Valentina Cortese
Direttore di produzione Leopoldo Imperiali
Ispettore di produzione Gian Maria Messeri
Produzione Giorgio Venturini per Produzione Venturini
Distribuzione Venturini
Note Pellicola Ferraniacolor; coregia per la versione destinata al mercato estero: Steve Sekely; direttore d’orchestra: Giovanni Fusco; assistente al montaggio: Alberto Bellero; parrucchiere: Paolo Borzelli; direttore tecnico: Giancarlo Serrutini; segretario di edizione: Vincenzo Gamna; segretario di produzione: Arrigo Peri.
Teatri di posa: FERT di Torino.
Sinossi
Il giovane conte Jacques de Maudy torna in Francia da cui era fuggito dopo essersi dichiarato colpevole di omicidio per salvare il padre accusato ingiustamente. Incontra l'attrice Violante e vede che ella ha al collo un gioiello che appartiene a suo padre. Gielo sottrae e chiede spiegazioni al padre il quale rievoca tutta la storia: il gioiello era stato dato in pegno al principe di Barillet, che poi si era rifiutato di restituirlo. Il conte di Maudy aveva profferito delle minacce contro di lui; il giorno dopo il principe era stato trovato morto e il gioiello era scomparso. Il conte, colpito improvvisamente da paralisi, era stato sospettato di omicidio e per salvarlo Jacques si era dichiarato colpevole. Violante, ospitata al castello con gli altri comici, confessa a Jacques di avere avuto il gioiello dal marchese di Salpière. Questi invita i comici al suo castello e Violante trova in un forziere una lettera compromettente per il duca di Vaubranche, nipote del principe di Barillet. Jacques, travestitosi da Cartouche, trova un testamento non olografo del principe, che istituisce erede universale Vaubranche. Costui tenta di arrestare Jacques, ma, costretto a battersi con lui, viene ferito mortalmente: prima di morire confessa di aver ucciso suo zio.
Dichiarazioni
«Cartouche […] è un film su commissione, che avrebbe dovuto uscire in America a nome di Steve Sekely. Certo con Richard Basheart e con Akim Tamiroff si lavorava davvero bene, ed anche Patricia Roc era meglio delle italiane, studiavano tutti la parte a memoria, cosa che gli italiani non fanno mai» (G. Vernuccio, in L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
«Con Venturini […] abbiamo girato Il Cavaliere di Maison Rouge a Venaria, nel Palazzo Reale ancora da ristrutturare, mentre Le avventure di Cartouche con Basheart lo abbiamo girato al Palazzo Reale di Torino. I costruttori delle scenografie erano i fratelli Dante e Secondo Simonini. Straordinari, avevano fatto molto teatro e lavoravano dai tempi del muto. Avevamo ricostruito dei saloni che tenevano tutto il Teatro tre della FERT» (A. Gasperini, in L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
«Quando la mdp si muove all'interno del teatro, tra i camerini con rapidi carrelli, colleziona inquadrature felici, ed il montaggío fa il resto conferendo subito un ritmo ed un taglio all'americana. Poi si entra nel castello del padre di Cartouche e la mdp è piazzata ora in alto ora a piano terra con angoli spiritosi, ma qui si assiste ad un primo colpo di scena che sarà ripetuto nel duello del teatro. E cioè la mdp inquadra con un totale un interno, si sposta rapida su un telaio a fondo nero e approda ad un altro interno, ritrovando il protagonista nel suo spostamento da una stanza all'altra. È un movimento rapido che equivale ad un cambio di scena a vista sul palcoscenico. Introduce cioè un elemento teatrale che accentua il distacco, l'ironia, con il dichiarato richiamo e la sottolineatura della finzione. Ma Vernuccio interpellato in proposito, ricorda bene, nonostante sian trascorsi alcuni anni, sia l'effetto indiscutibile di straniamento sia però anche le ragioni vere del ricorso a questo mezzo espressivo. Ragione molto semplice: il Ferraniacolor era agli inizi e si doveva evitare la dissolvenza incrociata poiché i due interpositivi necessari non garantivano la nitidezza del colore e quindi si rischiava di sovrapporre due immagini annebbiate o spanate. Il film procede e l'uso della mdp si rivela sempre agile e fantasioso. Per un bel dialogo tra Cartouche e Patricia il carrello va, si arresta, riprende ed ancora si intrufola all'interno e gira all'esterno del carrozzone degli artisti o per un nuovo duetto Cartouche/Patricia ogni inquadratura offre al suo interno un perfetto equilibrato disporsi dei vari volumi, delle figure. Con questo senso di naturale leggerezza narrativa, cui concorrono ovviamente la scioltissima recitazione di Basehart, Roc e Barzizza, si arriva al grande blocco degli attori sul palco del Théatre de la Villette. Tutti ripresi dal di sotto con un angolo ardito e molto obliquo, così inquadrati accentuano la fragorosa condizione di comici, ma è pronto il clima per il primo duello su tavoli, cassapanche, sedie. La mdp si scatena più degli spadaccini e tutti sono accompagnati da una musica ritmata, che poco per volta diviene coprotagonista, e sottolinea, avvolge o disincanta. Ma di chi sarà questa scrittura così originale? Di Goffredo Petrassi. Elementare, Venturini! Fusco per una volta si limita a dirigere, ed ha suggerito agli amici un nome che può far tremare. Ma Petrassi rivela la duttilità e lo spirito adeguati a suggerire le divertenti note di minuetto che introducono e accompagnano le infinite trovatine di sceneggiatura dalla fuga di Patricia nei corridoi sontuosi, giù e su dal letto nella camera tutta cornici, specchi, pietre dure, e ancora nell'armadio, con Akim Tamiroff voglioso o bavoso all'inseguimento […]. Petrassi raggiunge così il Pizzetti di Cabiria, il Prokof'ev del Nevsky, l'Honegger del Crime et chatiment, lo Zandonai di Casa lontana e Caravaggio e anticipa il Bernstein di West Side Story, tanto per citare... Ma anche il primo duellino Basehart-Serato è sottolineato da continue notazioni ironiche-, il gatto che osserva, le strane pose e smorfie del segretario ecc., mentre per gli esterni anche brevi, anche semplici sfondi, si sono scelti viali tra filari geometrici di pioppi, prati incorniciati dalle montagne, scanditi dai gelsi. È la pianura verde, alberata, solcata dalle acque, ai piedi del Monviso o del Rocciamelone. Oppure i bei cortili, le scale, gli archi del Castello Medioevale. Tutto il meglio di Torino e dintorni, come Venturini aveva capito dal momento dell'arrivo, e sperimentato con Il Boia di Lilla, Il Cavaliere di Maison Rouge, ecc. ecc. e ripeterà con L'angelo delle Alpi fino agli ultimi film» (L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
«La storia di Cartouche, più volte portata sullo schermo in Francia, ritorna in questo film italiano di un certo impegno ma di non grande valore. Buono il colore, lodevole l'interpretazione, ma non eccezionali i requisiti commerciali» (U. Tani, "Intermezzo" nn. 12/13, luglio 1955).
«La condotta del protagonista, che si sacrifica per salvare il padre ammalato ed affronta disagi e pericoli purché trionfi la verità e risulti senza macchia il suo onore, dà al film impronta positiva. Abbigliamenti non del tutto convenienti e duelli fanno riservare la visione agli adulti» (Centro Cattolico Cinematografico, Vol. XXXVI, Dispensa 4, 1954).
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