Altri titoli: Le fils de Lagardère, Son of the Hunchback
Regia Fernando Cerchio
Soggetto dal romanzo omonimo di Paul Feval figlio
Sceneggiatura Leo Benvenuti, Giuseppe Mangione, Fernando Cerchio
Fotografia Arturo Gallea
Musica originale Ezio Carabella
Suono Giovanni Canavero
Montaggio Renzo Lucidi
Scenografia Giancarlo Bartolini Salimbeni
Arredamento Giancarlo Bartolini Salimbeni
Costumi Giancarlo Bartolini Salimbeni
Aiuto regia Carla Ragionieri
Interpreti Rossano Brazzi (Philippe), Milly Vitale (Olympe de Chevergny), Simone Renant (Mathilde Pérolle), Antoine Balpêtre (Péyrolles), Vittorio Sanipoli (conte Zeno), Nerio Bernardi (Cocardasse), Nico Pepe (Helonin), Raymond Cordy (Passepoil), Beppe Tranico, Olga Vittoria Gentilli, Franco Balducci, Cesare Bettarini, Arrigo Peri, Isa Querio, Gabrielle Dorziat (contessa Lagardère)
Direttore di produzione stripslashes(Vieri Bigazzi)
Produzione Giorgio Venturini per Produzione Venturini
Distribuzione Venturini
Note Coreografie: André Gardère.
Sinossi
Il conte Enrico di Lagardère viene ucciso proditoriamente, per vendetta, da un certo Peyrolles, il quale ha affidato a sua figlia Matilde, cameriera in casa Lagardère, l'incarico di sopprimere Filippo, il piccolo figlio del conte. Matilde però non obbedisce, ma rapisce il bimbo e lo affida ad una famiglia di pescatori. Vent'anni più tardi, Filippo, giovane soldato, mentre s'avvia a Parigi, salva la vita alla marchesina Olimpia di Chevergny, che viaggia in compagnia del cavaliere Zeno. Qualche ora dopo, Filippo viene aggredito in una locanda, ma con l'aiuto del sergente Cocardasse sconfigge gli aggressori. Le fattezze di Filippo destano il sospetto che il giovane possa essere il figlio del defunto conte Enrico di Lagardère, ed i suoi nemici tramano per sopprimerlo.
Dichiarazioni
«I miei primi lavori dietro la macchina da presa li ho fatti come assistente operatore di Piero Portalupi, un genovese, per i documentari sul Salone dell'Automobile, una volta si cominciava sempre coi documentari. Poi ho cominciato a lavorare con Venturini, con cui ho fatto, ad esempio, tutti i film tratti da Salgari. Avevo già lavorato per lui nel Bivio di Fernando Cerchio, un grande regista torinese, dove ero microfonista e operatore della seconda macchina. Venturini l'ho reincontrato nel 1952, verso maggio o giugno, quando stava girando Il figlio di Lagardère ed arriva alla FERT, perché aveva fatto un contratto con Michele Fiorio, uno dei proprietari della società, che prevedeva una serie di film da girare a Torino. Arriva accompagnato da tutti i suoi collaboratori e noi lavoriamo insieme per quasi cinque anni, l'ultimo film è stato La vedova X, un po' un insuccesso» (A. Gasperini, in L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
«Nel 1952 si apre […] con un film di genere un nuovo capitolo nello carriera cinematografica di Fernando Cerchio, che viene […] chiamato a Torino da Giorgio Venturini per girare il primo film della "nuova" Fert: Il figlio di Lagardère. Contemporaneamente la Fert realizza Il boia Lilla di Cottafavi, secondo la logica produttiva inaugurata da Venturini ad imitazione dello studio system americano. Ne Il figlio di Lagardère Cerchio lavora cori Arturo Gallea, uno dei più grandi direttori della fotografia dell'epoca, e ritrova il suo amico Leo Benvenuti, con il quale scrive la sceneggiatura. Cerchio instaura rapporti di amicizia con tutti, dagli attori alla manovalanza. Alcune foto di repertorio lo ritraggono in canottiera, con un fazzoletto sulla testa, impegnato nelle sue mansioni di regista. Ma sul set egli è un semplice operaio al vertice della catena di montaggio della "fabbrica" cinema, così come viene pensata da Venturini. È pignolo, esigente, concentrato, a volte si altera, ma i rapporti umani, alla fine della giornata lavorativa, sono quelli che contano, e molti lo ricordano come un essere gioviale, generoso, semplice e ironico. E così rimane, durante tutta la carriera» (N. Heys Cerchio, “Mondo Niovo 18-24 ft/s” n. 2, 2006).
«Quando Venturini […] lascia […] Milano e tenta l'esperimento dello studio system alla Fert di Torino, si affida ancora a Cerchio, con Il figlio di Lagardère (1952). Il produttore intuisce la necessità di risparmiare il più possibile sulle scenografie e sui costumi, quindi "reinventa" i film abbinati (che erano già stati inventati dai grandi fabbricanti di B-movies americani), utilizzando quasi gli stessi elementi scenici e gli stessi costumi per diverse pellicole. Come Il figlio di Lagardère, anche Il boia Lilla è un film di cappa e spada, ispirato a I tre moschettieri di Dumas. Milady è la bellissima Yvette Lebon, i moschettieri Rossano Brazzi, Enzo Fiermonte, Nerio Bernardi. Questo tipo di produzione andrà avanti fino al 1956 con una ventina di film sempre in abbinamento, finché giunge il crollo proprio nel momento in cui sembra che per Venturini si aprano ottime opportunità con grandi produzioni internazionali: un accordo con la RKO dovrebbe portare grandi risultati, ma l'arrivo di importanti registi e attori americani moltiplica i costi al di là di quelle che sono le disponibilità, quindi la fortuna di Venturini si tramuta nella sua sconfitta definitiva» (L. Ventavoli, “Mondo Niovo 18-24 ft/s” n. 2, 2006).
«Peyrolles e Zeno hanno la meritata punizione; salvando la vita a Filippo col sacrificio della propria, Matilde riscatta in parte le sue colpe. Ma la relazione tra Matilde e Zeno, le uccisioni, i duelli, alcune scene con atteggiamenti sensuali impongono riserve. La visione è ammessa sola per adulti di piena maturità morale» (Centro Cattolico Cinematografico, Vol. XXXII, Dispensa 32, 1952).
|