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Lungometraggi |
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Torino violenta
Italia, 1977, 35mm, 92', Colore
Altri titoli: Double Game
Regia Carlo Ausino
Soggetto Carlo Ausino
Sceneggiatura Carlo Ausino
Fotografia Carlo Ausino
Operatore Giuseppe Lino
Musica originale Stelvio Cipriani
Suono Antonio Campa
Montaggio Eugenio Alabiso
Scenografia Sauro Roma
Costumi Claudia Amione
Interpreti George Hilton (commissario Moretti), Emanuel Cannarsa (Danieli), Giuseppe Alotta, Franco Nebbia, Laura Ferraro, Rino Moggio, Pier Giuseppe Corrado, Cinzia Arcuri, Lorenzo Gobello, Ruggero Spagnoli, Sauro Roma, Loretta Mondino, Rino Carilli, Armando Rossi, Mauro Ballesio, Tonino Campa
Direttore di produzione Pepè Salerno
Ispettore di produzione Michele Peyretti
Produttore esecutivo Ivano Luigino Brizzi
Produzione Lark Cinematografica, Roma
Note Girato in Cinemascope; aiuto operatore: Tony Cannarsa; segretaria di edizione: Loretta Mondino; macchinista: Saverio Moggio; elettricista: Mario Stanziano; rumorista: Tonino Cacciuottolo; mixage: Augusto Penna; realizzazione: Vigor film.
Sinossi
La rapina al cinema Ideal di Torino provoca un morto, la moglie di un medico viene uccisa nel parco della Pellerina, una minorenne viene stuprata e strangolata nel quartiere delle Vallette ed un furto ad un supermarket nei pressi di corso Grosseto produce un inseguimento che causa sei morti; si consumano poi diversi omicidi legati al traffico di droga pesante, il cui controllo i marsigliesi vogliono sottrarre ai clan già insediatisi in città. Inoltre, un misterioso personaggio chiamato “il giustiziere” utilizza metodi altrettanto violenti nei confronti dei delinquenti. Il commissario Ugo Moretti ed il suo collega scoprono che entrambe le giovani donne morte erano schiave di un’organizzazione che obbligava le proprie vittime a prostituirsi in cambio di droga. I poliziotti eliminano i responsabili, ma il caso rivela al collega di Moretti l’identità del cosiddetto giustiziere.
Dichiarazioni
«Torino violenta rimanda all’ultima epoca di un certo cinema popolare italiano di grande successo. Era un film in cui non credevo assolutamente. [...] La produzione con cui ero in contatto mi disse di puntare sul genere che nelle ultime stagioni aveva funzionato: il poliziesco all’italiana. “Hanno fatto Milano, Genova, Roma, Napoli, fai Torino violenta…” Io replicai: “Io lo faccio, però poi lo distribuite…” Così girai il film, con quel titolo solo provvisoriamente, in assoluta economia. Costò sessanta milioni e subito un distributore si offrì di rilevarlo per il doppio. Accettai, e fu probabilmente la decisione più stupida della mia vita: Torino violenta incassò un miliardo e trecento milioni. Andammo al cinema Capitol e assistemmo contenti e amareggiati nello stesso tempo, a un assalto di pubblico che rischiava di sfondare le porte» (C. Ausino, in D. Bracco, S. Della Casa, P. Manera, F. Prono, a cura, Torino città del cinema, Il Castoro, Milano, 2001).
«Un film nato quasi per caso, girato in 15 giorni di riprese serrate, che poi si è rivelato un grande successo al botteghino, distribuito in molti paesi, dagli Stati Uniti alla Francia, e in Iran l'hanno comprato ancor prima che uscisse in Italia» (C. Ausino, “La Stampa”, 14.9.2010).
Nel processo di riorganizzazione della cinematografia italiana, gli anni Settanta vedono, dopo un decennio di grande espansione, la progressiva riduzione degli spazi operativi, che avviene ai danni delle strutture minori, di norma dedicate al cinema popolare. La corsa per seguire ogni schema produttivo praticabile che incontri il successo di pubblico porta alla nascita e alla scomparsa in poche stagioni di diversi filoni, in cui a un paradigma vincente seguono decine e decine di realizzazioni sulla scia. In questo contesto si sviluppa l’ultimo genere ampiamente diffuso del cinema popolare italiano, il cosiddetto poliziesco all’italiana o “poliziottesco” tanto caro a Quentin Tarantino.
Le accuse mosse in quel tempo al genere – lo sviluppare un’eccessiva e compiaciuta brutalità, il risultare l’espressione del sentire reazionario, lo sfruttare le paure sociali diffuse – sono ridimensionabili riconoscendo piuttosto tra le approssimazioni e gli stereotipi la derivazione esplicita dall’action-movie americano di successo (dai film di Siegel con Clint Eastwood alla serie dei Death Wish con Charles Bronson), e l’intento di riattualizzare i canoni western scoprendo la validità delle ambientazioni metropolitane italiane, percorse da lunghi inseguimenti e teatro di estenuanti sparatorie e scazzottate.
Torino in quegli anni ricorre in questo genere cinematografico, da Torino nera di Carlo Lizzani (1972) a Un uomo, una città di Romolo Guerrieri (1974), a Quelli della calibro 38 di Massimo Dallamano (già direttore della fotografia di Sergio Leone) e Italia a mano armata di Marino Girolami (entrambi del 1976), per citarne solo alcuni. Ma il titolo più rappresentativo arriva grazie a Carlo Ausino, attivissimo genius loci del cinema torinese in molti ruoli, che aveva già realizzato, sempre sfruttando la scenografia cittadina, un interessante La città dell’ultima paura, film di fantascienza postatomica del 1975. Ausino passa al poliziesco per commissione, poiché la produzione per cui lavora è determinata a cogliere il filone e, nonostante le esiguità del budget, che richiede non pochi accorgimenti artigianali e il coinvolgimento di collaboratori fidati, riesce a realizzare un film interessante, capace di cogliere un successo di pubblico dalle dimensioni impressionanti e imprevedibili, che lo spingono a mettere immediatamente in cantiere un sequel, Tony, l’altra faccia di Torino violenta, a cui seguiranno altre regie nell’horror (come La villa delle anime maledette del 1982 con Jean-Pierre Aumont e Giorgio Ardisson) e il lavoro come direttore della fotografia in realizzazioni per il cinema e il mondo del cortometraggio.
«[...] da qualche tempo nel cinema è possibile fare il product placement, pubblicizzare cioè i prodotti. Fino a qualche anno fa teoricamente era vietato, ma tutti sappiamo che non era così. [...] A volte questo significava un contributo in denaro per il film, a volte era una merce di scambio per poter utilizzare le strutture per girare una scena. Se uno ad esempio osserva con attenzione Torino violenta di Carlo Ausino (girato nel 1976, uno dei migliori polizieschi realizzato in città) nota che insegne e cartelli sono inquadrati con generosità. Le pellicce Ida Brero, ad esempio, sono così evidenti perché una scena del film è ambientata nel corso di una sfilata. L’Aeroclub, cioè il posto dove arrivano e partono i voli privati, è a sua volta ricompensato con una citazione perché una sequenza importante si svolge proprio lì. Cossolo, un bar pasticceria molto conosciuto in quegli anni, vede lungamente inquadrata la sua insegna perché dopo abbiamo un dialogo negli interni che presumibilmente ha paralizzato a lungo il bar stesso. Anche la palestra Ryugi, una delle prime a Torino a insegnare le arti marziali, vede a lungo inquadrato il proprio logo proprio perché i protagonisti vi si recano e hanno un colloquio piuttosto intenso. Tra le tante curiosità del film, anche uno scippo che si svolge proprio di fronte all’hotel Principi di Piemonte» (S. Della Casa, “La Stampa - TorinoSette", 18.6.2010).
Scheda a cura di Davide Larocca
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