«Girato durante l’occupazione di Palazzo Nuovo di Torino (Facoltà di Lettere e Filosofia), è un non-documento militante sul movimento della “Pantera”, sinfonia visiva sulle strutture deserte dell’università occupata dalle voci degli studenti» (A. Amaducci,
www.alessandroamaducci.net).
«In Transiti, “incubo che ho avuto nella mia università durante l’occupazione”, esplode invece lo sguardo claustrofobico. Qui non campeggiano ariose astrazioni da microscopio ma le riprese live nei corridoi, lungo le vetrate e le scale di Palazzo Nuovo occupato, sono percorsi vissuti come ansiogeni, con la schiacciante realtà di questi spazi stringenti e verticali» (N. Candalino, “il manifesto”, 28.6.1991).
«Corpi, altri corpi. Corpi/sguardi. Visioni hard. Transiti di Alessandro Amaducci “racconta”, escludendo quasi (salvo un breve momento) le presenze, i corpi delle persone, e ripercorre momenti dell’occupazione di Palazzo Nuovo (Facoltà di Lettere) a Torino da parte degli studenti. Percorsi diversi (piani fissi, carrelli, soggettive, accelerazioni improvvise e instabili della mdp), immagini livide, (tras)curate, frammenti nervosi di eccitazione, Brian Eno e Peter Gabriel: il corpo-Palazzo Nuovo viene sezionato - corridoi scale vetri finestre scritte - nella sua struttura “vuota”, un’autopsia è in corso, fra sguardi lontani/vicini (lo sperimentalismo “muto” di Stan Brakhage/il fascino visuale di Kieslowski: altri palazzi, altre immagini livide, altre mosche sullo schermo...)» (G. Gariazzo, “Filmcritica” n. 420, dicembre 1991).
«Durante l’occupazione dell’Università a opera della Pantera, aveva realizzato un video molto particolare. Si parlava dell’occupazione senza mai inquadrare né gli studenti, né i professori e neanche le forze dell’ordine, solo i corridoi vuoti di Palazzo Nuovo, qualche scritta e alcuni manifesti, riuscendo a rendere climi e momenti dell’occupazione, sensazioni che un documento militante alla vecchia maniera non riusciva a ricreare se non eccedendo nella retorica. Si chiama Alessandro Amaducci, il video in questione si intitola Transiti» (S. Della Casa, “Torino Sette – La Stampa”, 3.7.1992).
«È un percorrere gli spazi fino in fondo. E ritornare su di essi. Fino a sfinirli, ma mai del tutto. Succede, nella ricerca video rigorosa dell’autore torinese, soprattutto in un lavoro fondamentale che è Transiti, vagare dentro il corpo deserto di Palazzo Nuovo (la Facoltà di Lettere di Torino) durante il periodo dell’occupazione. Dunque, già uno scarto fortissimo. Filmare il vuoto in un momento di grande “presenza” fisica, e lasciare i corpi delle persone, dei giovani, fuori campo, quasi sempre, salvo un breve attimo, “ridotti” a colonna sonora-suoni-rumori che interferiscono, interferenze hard, come le immagini» (G. Gariazzo, M. Causo, “Filmcritica” n. 436, giugno/luglio 1993).