Nel 1961, in occasione di Italia ’61, la grande esposizione che festeggia i cento anni dell’unità d’Italia e che ridisegna un’intera zona di Torino, la Rai incarica Roberto Rossellini di realizzare un documentario sul ruolo di Torino nella vita politica e sociale italiana.
Non è il primo lavoro che il regista di Roma città aperta realizza per la televisione ma è un passaggio fondamentale nella sua filmografia. Rossellini, che è reduce dal grande successo de Il generale Della Rovere, è sempre meno interessato al cinema e sempre più convinto che la televisione sia il mezzo creativo del futuro. A metà degli anni Sessanta, infatti, abbandona definitivamente il grande schermo per occuparsi quasi esclusivamente di televisione, realizzando programmi divulgativi che rispondono alla sua teoria sulle possibilità didattiche del nuovo mezzo.
Anche Torino nei cent’anni ha un impianto volutamente didattico. Rossellini incarica del commento parlato Vittorio Gorresio e si avvale della consulenza storica di Carlo Casalegno. Rossellini è cattolico, i due intellettuali, autorevoli giornalisti del quotidiano “La Stampa”, sono invece di cultura laica. L’abbinamento non è assolutamente casuale: Rossellini crede profondamente all’integrazione tra queste due culture come elemento fondante di una nuova Italia.
L’incontro tra Rossellini e i suoi collaboratori ha però un’ulteriore valenza. Tutto il documentario è pervaso da un forte ottimismo per quanto riguarda lo sviluppo dell’Italia, e questa era una corrente di pensiero molto diffusa in quel particolare momento storico. Il 1961 è infatti un anno chiave per la vita politica e sociale italiana: il Paese si sta trasformando rapidamente e da prevalentemente agricolo diventa una potenza industriale, mentre la migrazione interna dalla campagna alla città raggiunge punte inaspettate.
Se altri intellettuali (soprattutto Pasolini) guardano con sospetto alle modifiche avvenute nella società italiana, Rossellini vede invece il momento come una grande occasione positiva: tutto il film è pervaso dall’idea che la nuova ricchezza che l’Italia produce possa modificare in meglio la vita quotidiana e alzare il tasso culturale dell’Italia.