Regia Hans Hinrich, Ivo Illuminati
Soggetto Luigi Bonelli
Sceneggiatura Luigi Bonelli, Max Calandri
Fotografia Renato Del Frate
Operatore Gianni Alberto Vitrotti
Musica originale Ezio Carabella, Alessandro Derevitsky
Montaggio Gisa Radicchi Levi
Scenografia Luigi Ricci
Arredamento Enrico Santamaria
Costumi Arrigo Ghedini, Rosi Gori
Interpreti Giovanni Grasso (maestro Antonio), Mariella Lotti (Maria), Leonardo Cortese (Paolo Caminata), Osvaldo Valenti (Mortens), Giorgio Costantini (Fritz), Germana Paolieri (Iva), Mario Ferrari (Favre), Lya Nagy (Anna), Umberto Casilini (Perry), Lia Lauri, Giovanni Petrucci
Direttore di produzione Mario Sequi
Produzione Ettore Presutti per Venus Film-SEFI
Distribuzione Ausonia
Note Nulla Osta n. 31.412 del 30.9.1941; 2.326 metri.
Assistente operatore: Gianni Alberto Vitrotti; segretario di produzione: Renato Restivo; prima proiezione pubblica: 23.10.41.
Le riprese in interni sono state realizzate negli stabilimenti FERT di Torino.
Sinossi
Il giovane e brillante ingegnere che ha vinto il concorso per il progetto del traforo del San Gottardo si rende conto, una volta arrivato sul posto a dirigere i lavori, dell’ostilità dei montanari contrari all’opera e della grande difficoltà provocata da una natura ostile. Inoltre un ingegnere suo rivale cerca di boicottare il lavoro del protagonista corrompendone l’assistente attraverso le malizie di una donna: questa sottrae i piani di lavoro del traforo e li consegna all’uomo che attua un vero e proprio sabotaggio. Il giovane progettista rimane ucciso in un incidente durante gli scavi del tunnel e il suo assistente, pentito del tradimento, porta a termine il lavoro completando il traforo.
«Il traforo qui serve soltanto di pretesto ad un pasticcetto melodrammatico in cui fra vetturali retrogradi che avversano l’impresa, loschi figuri che vogliono impadronirsi dei piani e la figlia di un vetturale che perde la testa per un ingegnere, e gliela fa perdere, si compromette uno spunto così stimolante. [...] Eppure chi è disposto a chiudere un occhio sulla fattura approssimativa del film, e va solo in cerca di occasioni a buon mercato per commuoversi, indignarsi, solidarizzare con la lealtà, sprezzare la superstizione, esecrare l’inganno, queste occasioni troverà di certo nel Vetturale del San Gottardo diretto da Ivo Illuminati e adeguatamente interpretato» (S. De Feo, “Il Messaggero”, 19.6.1942).
«Il dramma, cucinato su vecchie ricette atte a creare effetti commoventi, non convincerebbe neppure gli ultimi lettori dei romanzi di Giogio Ohnet. Mariella Lotti era la fanciulla candida e per essere figlia d’un ruvido sterratore non avrebbe dovuto avere camicette di seta così fine e capelli così ben pettinati da far pensare più che ai rifugi alpini alle messe in piega di Biancifiori. Leonardo Cortese era l’innamorato, ma è ancora troppo delicato per la parte d‘un volitivo ingegnere. Giovanni Grasso ansimava e urlava come un ossesso e Mario Ferrari aveva una edificante barba. Dura, folta e compatta. Essa partiva dal labbro superiore e copriva tutto il collo in una gravità impenetrabile. Ecco: la cosa più bella di questo film [...] è appunto la barba di Mario Ferrari» (D. Calcagno, “Film”, 13.5.1942).
Scheda a cura di Valeria Borello
|