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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Sette opere di misericordia
Italia-Romania, 2010, 35mm, 103', Colore

Altri titoli: Seven Acts of Mercy, Siedem Aktów Mi?osierdzia

Regista
Massimiliano De Serio, Gianluca De Serio

Soggetto
Massimiliano De Serio, Gianluca De Serio

Sceneggiatura
Massimiliano De Serio, Gianluca De Serio

Fotografia
Piero Basso (A.I.C.)

Musica originale
Plus (Minus&Plus) - Mybosswas

Suono
Mirko Guerra (fonico), Sonia Portoghese (microfonista)

Montaggio
Stefano Cravero (A.M.C.)

Costumi
Carola Fenocchio

Trucco
Katia Lentini

Aiuto regia
Stefano Ruggeri

Casting
Sara Patti

Produttore esecutivo
Federico Mazzola

Scenografia
Giorgio Barullo

Assistente alla regia
Elide Albertinotti

Segretario di edizione
Marta Loza

Assistente di produzione
Chiara Marchetti

Interpreti
Roberto Herlitzka (Antonio), Olimpia Melinte (Luminita), Ignazio Oliva (Max), Stefano Cassetti (Angelo), Cosmin Corniciuc (Adrian), Ionela Ionita, Valeriu Revenco, Madalina Horobet

Produzione
La Sarraz Pictures (Torino), coproduzione Elefant Film (Romania)

Distribuzione
Cinecittà Luce

Note
Assistente costumista: Micol Agricola; assistente operatore: Valentina Summa; aiuto operatore: Esther Venanzi; assistente: Vanessa Ferrauto; assistente casting: Giulia Mola; segretario di produzione: Daniele Manca; aiuto segretario di produzione: Andrea Rigo; direttore comunicazione: Maria Carolina Terzi; amministratore: Franco Giannì; attrezzista: Paolo Nanni; elettricisti: Lorenzo Mura (capo squadra), Andrea Rastellato; macchinisti: Paolo Mariotti (capo squadra), Francesco Saccani; rumorista: Riccardo Olivero; organizzazione generale: Diego Alessandro Cavallo; assistente scenografo: Isabella Angelini; vendite internazionali: Intramovies; grafiche: La Testuggine; produttori: Alessandro Borrelli, Petru Dorobantu, Dan Burlac (coproduttore).

Il film ha collezionato 87 partecipazioni a festival e concorsi, ottenuto 7 nominations e vinto 20 premi: Prix Garibaldi, Journées Du Cinéma Italien De Nice, marzo 2013; Premio Rosebud/Fac Opera Prima dell'Anno, Costa Iblea Film Festival, dicembre 2012; menzione speciale, Festival Italiano Del Cinema Sociale, novembre 2012; Premio "Gobbo" Migliore Attrice (Olimpia Melinte), Bobbio Film Festival, luglio 2012; Erwähnung Sprach die Jury, Der Neue Heimatfilm Film Festival, agosto 2012; Miglior Film, Gallio Film Festival, luglio 2012; Miglior film, Ortigia Film Festival - Off , luglio 2012; Premio "Medio Olona" Migliore Sceneggiatura a Gianluca De Serio e a Massimiliano De Serio, Baff - Busto Arsizio Film Festival, marzo 2012; Prix du Jury Lycéen, Prix du Jury Univerciné, Prix Inter-festivals Univerciné 2011-2012, Univerciné Cinéma Italien, gennaio 2012; Premio "Navicella" Cinema Italiano a Gianluca De Serio e a Massimiliano De Serio, Festival Del Cinema Spirituale Tertio Millennio, dicembre 2011; Prix du Jury Meilleure Mise en Scene, Festival International Du Film De Marrakech, dicembre 2011; Grand Prix du Jury e Prix Jury Jeune, Rencontres Du Cinéma Italien De Grenoble, novembre 2011; Prix Amilcar du Jury, Festival Du Film Italien De Villerupt, ottobre 2011; Premio Migliore Attore (Roberto Herlitzka), Incontri Del Cinema D'essai - Premio Fice, ottobre 2011; Grand Prix Annecy Cinéma Italien, Annecy Cinema Italien, settembre 2011; Premio Don Quijote e secondo Premio Giuria dei Giovani, Festival Internazionale del Film Di Locarno, agosto 2011.
Partecipazione al 29° Torino Film Festival 2011, Festa Mobile: Figure nel paesaggio.

Le riprese sono cominciate il 22 dicembre 2010 e durate 5 settimane.

Uscito in Italia il 20 gennaio 2012.

Realizzato in collaborazione con Rai Cinema, con il contributo del Mibac - Direzione Generale per il Cinema, con il supporto di Eurimages, in associazione con Fip - Film Investimenti Piemonte e il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.

Locations: Torino



Sinossi
Torino. Luminita è una giovane clandestina romena, che sopravvive grazie al borseggio di cui godono i frutti i suoi 'padroni'. Luminita, però, ha un piano per sfuggire al loro controllo e ottenere documenti falsi. Lo mette in atto scegliendo una vittima a caso: Antonio, un uomo anziano e malato, che vive in una condizione di semidegrado e periodicamente è costretto a farsi ricoverare in ospedale. Lì la ragazza lo incontra e inizia a seguirne le mosse. Lo scontro tra i due, inevitabile e duro, porterà però a delle conseguenze del tutto inattese...



Dichiarazioni
«Il film si sviluppa attorno a personaggi complessi, in una totale assenza di divisione tra buoni e cattivi. Antonio e Lumini?a mettono a nudo la crisi di una società che esiste, che circonda le nostre vite. Rappresentano due società diverse ma vicine, due momenti storici differenti (l’Italia dell’immigrazione interna degli anni 50 e quella contemporanea, che ha visto sorgere una nuova schiavitù e nuovi poveri), in una storia che li vede, loro malgrado, uniti.
La lotta di sopravvivenza di Antonio e Lumini?a si scatena in una sopraffazione reciproca, che lacera nel profondo i due animi, fino a schiudere per loro un’insperata possibilità di un autentico contatto umano, la scoperta di un sentimento di compassione corrisposta.
Il titolo del film richiama le sette opere di misericordia corporale che un cristiano, secondo la Chiesa Cattolica, deve affrontare nella sua vita. L’intero film è scandito dai cartelli che indicano le sette opere. Questi, anziché funzionare da veri e propri capitoli, sottolineano di volta in volta il compenetrarsi e il legame tra le azioni dei protagonisti e il tema della misericordia.
I cartelli compaiono in un’accezione drammaturgicamente ironica. Tale ironia scompare man mano che il film volge all’epilogo. Nella seconda parte del film, alla tensione narrativa legata al plot, si aggiunge quindi una "tensione esistenziale": la sopravvivenza ha un prezzo alto da pagare, ma è un cammino che può condurre alla scoperta di un sentimento puro.
Sette opere di misericordia è dunque un film a più livelli, dove il percorso morale della protagonista s’inserisce in un meccanismo ad orologeria che la stritola: proprio quando la morsa la stringe in una via senza uscita, Lumini?a è incalzata nella sua strada verso la redenzione.
Capovolgendo verso l’interno dell’animo umano i meccanismi del genere, il film costruisce un’indagine sincera, attenta e immediata della società, spostandone i paradigmi ed evitandone i luoghi comuni e gli stereotipi.
La pietas, nella sua accezione profonda, è prendersi cura dell’altro, del corpo dell’altro, il corpo sofferente, malato, morente. Il corpo bisognoso, desideroso di contatto umano. Ed è la fame, la divorante urgenza di un contatto umano che le vite dei personaggi disegnano. Un contatto che si realizza grazie al loro incontro fortuito, disperato, violento. Umanissimo.
Sette opere di misericordia è il punto di arrivo di una ricerca intorno ad alcuni temi su cui abbiamo lavorato nei nostri cortometraggi, nei documentari e nella nostra attività artistica con installazioni, mostre e lavori d’arte. Al centro dei nostri film precedenti vi è la questione dell’identità e della sua crisi nell’epoca contemporanea. I nostri personaggi sono il prototipo di questa perdita (e di questa ricerca) d’identità.
[...] Lumini?a è il simbolo di una periferia urbana che è sempre stata al centro dei nostri lavori. Nei primi film come sfondo, ora come materia stessa del nostro lungometraggio: la periferia dell’anima oltre che della città, che si fa luogo antropologico di confine. Luogo senza identità ma attraversato da tante identità in viaggio, di cui abbiamo sempre cercato di raccontare le storie e di cui abbiamo sentito ora più che mai la necessità di farne il ritratto.
Siamo nati e cresciuti nella periferia nord di Torino e qui ancora viviamo. In questo luogo abbiamo ascoltato le storie e conosciuto le persone che hanno ispirato i nostri film, a cui abbiamo un accesso esclusivo, un punto di vista privilegiato, interno.
In Sette opere di misericordia lasciamo piuttosto ai corpi e alle vite dei protagonisti il compito di incarnare il paesaggio urbano, come fossero specchi in cui tutto si riflette. Antonio e Lumini?a attraversano gli spazi come fantasmi, ma di questi luoghi sono l’immagine più pura e fedele.
Il fiume Stura e la baraccopoli sono ad un passo da casa nostra. Nascoste nella boscaglia, le baracche sono abitate da decine di famiglie. La mattina, dal fiume, dietro le fronde, una fila di uomini e di donne s’incammina verso la strada, a gruppi in ordine sparso.
Conosciamo bene questi luoghi. Abbiamo visto costruire il palazzo dove Antonio, il nostro protagonista, vive. Abbiamo visto nascere l’enorme, sfavillante e sproporzionato complesso dell’ipermercato, location di alcune sequenze del film: da anni ormai, questo ipermercato è il solo luogo dove gran parte degli adolescenti della zona passeggia o staziona il pomeriggio. L’ospedale è il Giovanni Bosco, l’ospedale del quartiere: un grande complesso cittadino. Spesso tra la sala d’attesa e i corridoi dei reparti, si aggirano ragazze come Lumini?a, in cerca di qualcosa da rubare.
Lo stile del film è sobrio ed essenziale. È un film fatto di piani frontali e simmetrici che richiamano l’iconografia della storia dell’arte e la storia del ritratto. Nello stesso tempo il suono è fondamentale: i pochissimi dialoghi del film sono immersi nel rumore di una città evocata che diventa musica concreta. Abbiamo cercato di fondere attraverso la composizione del formato cinemascope e l’uso della luce naturale, l’unione di materia fisica e ricerca spirituale, nel tentativo di raggiungere quell’umana spiritualità, quella misericordia insieme relativizzata e trascendente cui approdano i protagonisti. Il corpo umano, centro e motore dell’azione narrativa, si fa gradualmente luce e suono: puro sentimento» (G. e M. De Serio, brochure di presentazione al festival del film di Locarno, agosto 2011).





«I De Serio, gemelli torinesi video artisti raccontano la strana, complice alleanza tra brutta sporca cattiva moldava e anziano cui urge affettuosa cura. Un mondo grigio, emarginato in cui non vale più far teatro, basta registrare dolori, fatti e volti. Un cinema che crede nella missione morale e due autori difficili che adorando uno stile assai dogmatico vi introducono il germe poetico di una difficile comprensione, quel qualcosa di inespresso e misterioso che solo i bravi attori sanno sottintendere» (M. Porro, "Il Corriere della Sera", 20.1.2012).

«Non è un film per il grande pubblico; eppure Sette opere di misericordia dei gemelli De Serio, unico italiano in concorso a Locarno 2011, era un film da fare: anche se ci sono voluti cinque anni e un piccolo pool di produttori. Suddiviso in capitoli, talvolta usati al contrario (il capitolo “alloggiare i pellegrini” contiene un sequestro di persona), il film è del genere duro e puro, privo di concessioni fino all’austerità, studiato in ogni inquadratura, recitato benissimo dal grande Herlitzka ma anche da Olimpia Melinte, giovane attrice romena dallo sguardo ferito e intenso. Certo, dialoghi quasi inesistenti e immagini del deserto esistenziale sono scelte che si pagano, in termini di pubblico: ma auguriamo al film di trovare una sua nicchia tra un blockbuster e la solita commedia nazional-popolare» (R. Nipoti, "la Repubblica", 20.1.2012).

«Non è affatto facile, nonostante certi cliché critici, spendere l'aggettivo "rigoroso". Si tratta, peraltro, dell'unico disponibile per inquadrare sotto brevità la pura ispirazione e il duro tratto stilistico di Sette opere di misericordia, opera prima dei gemelli torinesi Gianluca e Massimiliano De Serio» (V. Caprara, "Il Mattino", 20.1.2012).

«Esordio nella finzione dei fratelli De Serio, documentaristi torinesi, stile spoglio e freddo fino a essere scostante, anche se il film è punteggiato da scritte a caratteri cubitali via via meno ironiche (Visitare gli infermi, Dar da mangiare agli affamati, etc.), Sette opere di misericordia è un esercizio di rigore solo a sprazzi appassionante, che può ricordare i lavori di estrema radicalità estetica del francese Dumont (L'humanité) o del messicano Reygadas (Battaglia nel cielo), ma resta troppo dimostrativo per convincere davvero. Per quanto essenziale, lo stile non è tutto» (F. Ferzetti, "Il Messaggero", 20.1.2012).

«Ambizioso, contorto e noiosissimo dramma sull’immigrazione, preceduto da un titolo che invoglia a restarsene a casa» (M. Bertarelli, "Il Giornale", 20.1.2012).

«Quello dei De Serio non è un film facile: ruvido e sfuggente, non fa nulla per accoglierci, piuttosto ci coinvolge nel tormento del proprio rigore. E certamente non è esente da difetti. La scelta di scandire le azioni con dei cartelli che richiamano le sette opere di misericordia corporale può apparire a volte pretestuosa e inefficace: quella che gli autori definiscono “ironia drammaturgica”, che sottolinea lo scarto tra la didascalia morale e le azioni spietate dei personaggi (e che gradualmente si dilegua per trovare una corrispondenza sempre più evocativa), rischia di presentarsi con la perentoria ingenuità di un teorema. In generale, la volontà di controllo della materia sembra a tratti cedere sotto il peso delle proprie ambizioni, ma manifesta la potenza di un occhio limpido e penetrante, che indaga implacabile il mistero racchiuso nei corpi e si abbandona al vuoto sfocato che li separa. In un’intelaiatura fin troppo rigida si aprono allora squarci di un’intensità travolgente, come i volti contratti e annichiliti dei protagonisti trovano faticosamente la via per rendersi uno sguardo di apertura e inclusione» (T. Isabella, "Doppiozero", 25.01.2012).

«Un film quasi muto, in cui gli sguardi e i corpi dei due protagonisti riescono a regalare emozioni e a "dire" tutto. Se il talento di Roberto Herlitzka non è una sorpresa, stupisce l'intensità e la naturalezza di Olimpia Melinte, bellezza spenta dalla vita scelta dai fratelli De Serio dopo un lunghissimo e laborioso lavoro di casting» (C. Griseri, "cinemaitaliano.info", 3.1.2013).



Scheda a cura di
Vanessa Depetris


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