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Lungometraggi |
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Quando la notte
Italia, 2010, 35mm, 117', Colore
Altri titoli: When the night (versione internazionale), Otan i nyhta (Grecia)
Regista Cristina Comencini
Soggetto dal romanzo omonimo di Cristina Comencini
Sceneggiatura Cristina Comencini, Doriana Leondeff
Fotografia Italo Petriccione
Operatore Fabrizio Vicari (operatore di macchina), Alessandro Brambilla (steadycam)
Musica originale Andrea Farri
Suono Gilberto Martinelli (fonico), Angelo Bonanni (microfonista);
Montaggio Francesca Calvelli
Costumi Francesca Livia Sartori
Trucco Enzo Mastrantonio
Effetti speciali Fabio Traversari
Aiuto regia Francesca Romana Polic Greco
Casting Mirta Guarnaschelli
Ispettore di produzione Alice Marchitelli
Produttore esecutivo Matteo De Laurentiis
Scenografia Giancarlo Basili
Assistente alla regia Luca Padrini, Elisa Micalef, Victoria Rabbogliatti
Direttore di produzione Beppe Serra
Arredamento Maurizio Leonardi
Segretario di edizione Cinzia Malatesta
Assistente di produzione Fabio Tagliaferri, Mario Costa Pisani
Interpreti Filippo Timi (Manfred), Claudia Pandolfi (Marina), Thomas Trabacchi (Albert), Denis Fasolo (Stefan), Michela Cescon (Bianca), Manuela Mandracchia (Luna), Franco Trevisi (Gustav)
Produzione Cattleya (Roma), in collaborazione con Rai Cinema e Lumiq Studios
Distribuzione 01 Distribution
Note II Assistente alla regia: Matteo Bernardini; assitente operatore: Claudio Palmieri; aiuto: Davide Zanetti; Gianluca Fava (operatore II unità); aiuto costumista: Rosanna Di Caprio; truccatrici: Rosabella Russo, Katia Lentini; casting: Morgana Bianco (Aosm), Michela Sessa (assistente); fotografo di scena: Claudio Iannone; coordinatrice di produzione: Giorgia Pellegrini; segretaria di produzione: Giulia Verdone; location manager: Riccardo Born; location manager Piemonte: Federico Fusco; guida alpina: Gianni Tagliaferri; production coordinator: Giorgia Pellegrini; assistente personale regista: Ilaria Ravarino; regia backstage: Carlotta Cerquetti; video assist: Alberto Viavattene; capo costruttore: Rosario Arena; assistente scenografo: Giulia Busnengo; aiuto scenografo: Lorenzo Carta; attrezzista: Raffaele Aldo Molinino; attrezzisti di scena: Stefano Carbonaro, Andrea Vacca (aiuto); attrezzisti di preparazione: Cosimo Giannuzzi; Patrick Trabachi, Alessandro Carpine (aiuti), Sandro Bettin (aiuto attrezzista e pittore); aiuto pittore: Matteo Vacca; assitente costumista: Clementina Ciavarella; aiuto costumi preparazione: Daniela Nicoletta; sarta: Maria Pia Rossi; parrucchieri: Ferdinando Merolla (capo), Massimiliano Gelo, Samanta Mura; elettricisti: Stefano Marino (capo squadra), Salvatore Ruberto, Gianfranco Soro, Fiore Beltrame, Marco Pirino (elettricista aggiunto); macchinisti: Massimo Barbona (capo squadra), Patrizio Marra, Enzo Pontil, Alessio Fugolo, José Palermo (macchinista aggiunto); autisti: Chicco Fovanna, Cristiana Fovanna; organizzatore generale: Sandra Bonacchi; produttori: Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini, Marco Chimenz, Gina Gardini (produttore delegato).
Hanno partecipato come comparse gli abitanti della valle e gli uomini della funivia, oltre alle guide alpine che hanno accompagnato nei sopralluoghi e supportato la troupe.
Il film ha collezionato 25 partecipazioni a festival internazionali. E' stato presentato in concorso al Festival di Venezia 2011, sezione Venezia 68. Ha ottenuto 2 nomination e al Bari International Film Festival ha vinto il Premio Anna Magnani per la migliore attrice protagonista, Claudia Pandolfi.
Uscito in Italia il 28 ottobre 2011, è stato inizialmente vietato ai minori di 14 anni con la motivazione che «La violenza della madre sul suo bambino è inquietante perchè trattasi di una madre normale che, spinta dallo stress, diventa violenta verso il figlio pur non volendolo. Si ritiene che il vuoto della volontà di una madre normale ingenera inquietudine nei minori di anni 14». La censura è stata revocata prima dell'uscita nelle sale.
Il romanzo omonimo, da cui è tratta la sceneggiatura, è edito da Feltrinelli.
Film realizzato in associazione con Fip - Film Investimenti Piemonte, con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.
Locations: Macugnaga, Monte Rosa (Vb).
Sinossi
Metà anni ’90: Marina, madre di un bambino piccolo, vive la propria maternità in modo problematico. Nel tentativo di superare il periodo delicato, decide di trasferirsi in montagna in una baita che affitta da una guida alpina. Manfred, il proprietario, è un uomo schivo e silenzioso, abbandonato da moglie e figli. Ha vissuto, nell'infanzia, un trauma che ha condizionato il suo modo di rapportarsi nei confronti delle donne e, ancor più, delle madri. Marina, ai suoi occhi, non appare come una buona madre e questo fa sì che la tensione psicologica tra i due sia palpabile. Malgrado una attrazione reciproca, gli eventi porteranno il confronto psicologico tra Martina e Manfred a un confronto/scontro che sembra senza rimedio, fino alla fine della vacanza. Solo quindici anni più tardi, quando Marina tornerà in quel luogo per lei così importante, i due avranno la possibilità di confrontarsi e incontrarsi in modo più sereno e, forse, per la prima volta, di conoscersi veramente.
Dichiarazioni
«Quando la notte è stato il mio film più faticoso. È stato girato in montagna ad alta quota, siamo stati lì dalla preparazione alle riprese per quasi 7 mesi e abbiamo girato in condizioni climatiche estreme, in luoghi irraggiungibili se non a piedi o con l’elicottero. È stata una grande fatica soprattutto nella parte invernale: eravamo fuori 8-9 ore al freddo (sul Monte Moro, dove è ambientato il finale del film, la temperatura ha toccato i meno 17 gradi!) senza poterci riparare e senza muoverci, perché una volta raggiunto il posto bisognava, come sempre accade nel cinema, aspettare il momento giusto per poter girare. Credo che l’interazione fortissima, quasi violenta, con la natura, sia finita in qualche modo nel film e gli ha dato una potenza che va al di là del racconto.
[...]I posti molto belli scelti insieme a Giancarlo Basili, lo scenografo, erano difficilissimi da raggiungere. Per raggiungere le location ci siamo spostati in elicottero, jeep, funivie e seggiovie… Posti eccezionali, come quelli in cui abbiamo girato, fanno avanzare la tecnica cinematografica, sei continuamente messo alla prova. Abbiamo fatto tutti un’esperienza straordinaria, nonostante i giorni di scoramento e stanchezza, quelli in cui rimpiangevamo un cinema o un’uscita la sera, e quelli in cui era difficile alzarci la mattina, quando era ancora buio e faceva un freddo insopportabile. Ma il cinema è anche questo. Anche gli attori sono rimasti molto coinvolti dal paese e dalla montagna. È come se i sentimenti difficili del film, le loro emozioni, avessero trovato il luogo migliore per essere interpretati» (C. Comencini, "www.cristinacomencini.it").
«C’è un’immagine in Quando la notte in cui due funivie, che provengono da direzioni opposte, per un attimo si incrociano in alto, sospese. Ecco, quell’immagine racchiude la storia tra Manfred e Marina: un uomo e una donna, che vengono da storie completamente diverse, si incontrano e si riconoscono per un istante come esseri umani. Il loro rapporto è un duello costante, frenato ed esaltato al tempo stesso dalla presenza di un bambino, in cui l’uomo si riconosce e a cui la donna cerca disperatamente di fare da madre senza riuscirci. Da quel nucleo primario, difficile da superare come la montagna grande e dura che li circonda, nasce un legame unico. Si desiderano come diversi, si conoscono fino in fondo per poco, ma si salvano la vita per sempre» (C. Comencini, presentazione del film alla Biennale di Venezia, agosto 2011).
«È bene tenere sempre presente la nota frase di Truffaut: non si può dire che un film sia, o non sia, "riuscito", è un verbo che si usa per la maionese. Eppure vien voglia di usarlo a proposito di Quando la notte, che Cristina Comencini ha tratto dal suo romanzo e diretto. Ci sono temi importanti (la solitudine, il peso della maternità...), suggestivi paesaggi dell'anima, un attore intenso ed espressivo come Filippo Timi, e tuttavia il "composto" non funziona; anzi, andando verso l'epilogo "impazzisce" anche un po'. Troppi sguardi truci? Un eccesso di silenzi che finisce per essere concettoso? Una dose "over" di sentenziosità? Voler additare le cause per cui un'opera (pur sentita dall'autrice, come questa) non è "riuscita", certe volte risulta sgradevole, presuntuoso» (R. Nepoti, "la Repubblica", 28.10.2011).
«Cominciamo dall'autocritica. Se quella che ha accolto con un'indecente gazzarra Quando la notte di Cristina Comencini è davvero la "critica" (alla proiezione per la stampa il film è stato sbeffeggiato) allora urge un qualche ripensamento da parte di tutti: di chi fa questa professione ma anche di chi organizza i festival. Altrimenti il "pensiero unico" scacciato dalla porta rientra dalla finestra del gusto preconfezionato e conformista (vedi i fischi a Garrel e alla Bellucci). Detto questo, non si può negare che il film in questione, secondo italiano in concorso, non convinca. Per un problema, soprattutto: quello di non riuscire a far entrare lo spettatore in empatia coi suoi personaggi. [...] La scommessa del film è quella di raccontare in maniera fredda la freddezza sentimentale, di adeguarsi stilisticamente e narrativamente all'aridità e alle paure dei due protagonisti [...]. Con un rischio: concedere troppo poco allo spettatore per coinvolgerlo. Almeno fino al momento in cui la tensione tra i due diventa qualcos'altro. Ma questo cambiamento non viene sostenuto da una diversità di passo o di recitazione (sempre contratta la Pandolfi, sempre rabbioso Timi) ed è invece sottolineato da dialoghi e immagini fin troppo espliciti e significativi. Così che anche il difficile riconoscimento del sentimento che li lega finisce per sembrare stonato e gratuito» (P. Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 8.09.2011).
«Il film non emoziona veramente quasi mai e gli attori non sembrano realizzare a pieno l'intento di una regia forse più attenta all'insieme che ai particolari» (A. Frambosi, "L'Eco di Bergamo", 8.09.2011).
«Comencini è più scultrice di parole che di immagini. Ma nel cinema, che è scultura a levare, le parole è meglio toglierle, e affidarle alle consonanze o dissonanze tra corpi, luci e movimenti di macchina... Se si sbaglia un tempo o un piano, oppure ci si ostina a conservare battute troppo care al romanziere, si deraglia» (R. Silvestri, "Il Manifesto", 28.10.2011).
«Quando la notte è coraggioso nel suo modo di affrontare il tema dell'ambivalenza del sentimento materno in forma di dramma interiore, intrecciandolo a quello di un'attrazione uomo-donna di viscerale naturalità. La regia tesa e forte, l'aspro paesaggio montano, le musiche di Andrea Farri: tutto concorre a creare una suspense da thriller delle emozioni. E se Claudia Pandolfi si dimostra interprete matura, Filippo Timi conferisce monolitica, selvatica cupezza a Manfred» (A. Levantesi Kezich, "La Stampa", 28.10.2011).
«[...] Viene da dire che disturba un film che invita a pensare che c'è bisogno di un'etica della relazione tra uomini e donne e che sarebbe il caso di cominciare ad insegnarla ai ragazzi e alle ragazze, piuttosto che proteggerli dalle "inquietudini" e consegnarli invece alla quotidiana volgarità di corpi di donne esposti come merce» (F. Izzo, "L'Unità", 28.10.2011).
«Ci sono dei buoni romanzi che vengono totalmente traditi dalla loro trasposizione cinematografica perché chi ne ha scritto la sceneggiatura non ha compreso il loro significato più profondo. Ci sono però anche buoni romanzi che andrebbero sottratti ai loro autori quando questi sono anche registi. È il caso di Quando la notte in cui la Comencini regista non ha saputo prendere la giusta distanza da un libro che Daria Bignardi ha giudicato "pieno di una tensione che non si placa mai, come in certi amori che fanno male"» (G. Zappali, "mymovies.it", ottobre 2011).
Scheda a cura di Vanessa Depetris
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