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Lungometraggi |
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Tutto parla di te
Italia/Svizzera, 2012, 35mm, 84', Colore
Altri titoli: Baby Blues (titolo di lavorazione)
Regista Alina Marazzi
Soggetto Alina Marazzi, Dario Zonta
Sceneggiatura Alina Marazzi, Dario Zonta
Fotografia Mario Masini
Musica originale Dominik Scherrer, Ronin (Animal‘s Eyes)
Suono Vito Martinelli (suono in presa diretta)
Montaggio Ilaria Fraioli
Costumi Bettina Pontiggia
Aiuto regia Stefano Ruggeri
Casting Cristina Proserpio
Ispettore di produzione Mario Lanti
Produttore esecutivo Gianfilippo Pedote
Scenografia Petra Barchi
Direttore di produzione Raffaella Cassano
Interpreti Charlotte Rampling (Pauline), Elena Radonicich (Emma), Valerio Binasco (Valerio), Maria Grazia Mandruzzato (Angela)
Produzione Mir Cinematografica (Milano),
Distribuzione Bim distribuzione
Note Collaborazione alla sceneggiatura: Daniela Persico; video assist: Irene Dionisio; animazioni: Beatrice Pucci; sarta: Ilaria Belloste; parrucchiere: Pablo Cabello; rumorista, colonna rumori: Riccardo Olivero; montaggio del suono: Stefano Grosso, Marzia Cordò, Vito Martinelli; postproduzione audio, montaggio e mix: Zero dB; aiuto operatore: Walter Magri; fotografie originali: Simona Ghizzoni; organizzatore generale: Mauro Calevi.
Produttori: Gianfilippo Pedote, Francesco Virga, Elda Guidinetti, Andres Pfaeffli.
Prodotto in associazione con Fip - Film Investimenti Piemonte, Intesa Sanpaolo e Contrasto. Co-produzione Ventura Film, con il contributo di Rai Cinema, Rsi - Radiotelevisione Svizzera Italiana, MiBac - Ministero per i Beni e le attività Culturali Direzione Generale Cinema, Eurimages, Repubblica e Cantone Ticino, Isa Urbino, Film Commission Torino Piemonte.
Uscito nelle sale giovedì 11 aprile 2013.
Le testimonianze delle madri sono interviste “documentaristiche”, girate presso associazioni di supporto alla maternità, e raccontano storie reali.
Il film ha partecipato alla settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma (2012), conquistando il Premio Taodue La Camera d'oro 2012 miglior regista emergente, ad Alina Marazzi, e miglior produttore, a Gianfilippo Pedote. Ha partecipato al Bari International Film Festival, al Festival del Film di Locarno 2013- Appelations Suisse e vinto il Premio Miglior Regia al Magna Graecia Film Festival 2013.
Locations: Torino (Ex bagni municipali Casa del quartiere, San Salvario).
Sinossi
Pauline torna a Torino - sua città natale - per la prima volta dopo molti anni e riprende contatto con Angela, conosciuta all’estero tempo prima, e che ora dirige un Centro per la maternità. Qui Pauline intraprende una ricerca sulle esperienze e i problemi delle mamme di oggi, a partire da testimonianze, video, fotografie raccolti da Angela. Tra le mamme che frequentano il Centro c’è Emma (Elena Radonicich), una giovane danzatrice, bella e sfuggente, in crisi profonda: non sa come affrontare le responsabilità cui la maternità la costringe, vede la sua vita a un punto fermo, si sente sola e incapace. Tra le due donne si sviluppa un rapporto di complicità che in un gioco di rispecchiamento porterà Pauline a fare i conti con il proprio tragico passato e permetterà a Emma di ritrovare un senso di sé anche nella sua nuova identità di madre.
Dichiarazioni
«Un giorno ero con mio figlio appena nato quando una donna mi si avvicinò dicendomi con un sorriso: “Che belli i bambini quando sono in braccio agli altri”. Una frase all’apparenza banale che mi fece riflettere sulla conflittualità che può manifestarsi nel rapporto madre-figlio. Ogni madre conosce quel sentimento in bilico tra l’amore e il rifiuto per il proprio bambino. Una tensione dolorosa da vivere e difficile da confessare, perché va contro il senso comune di quel legame primordiale. Con questo film ho voluto raccontare l’ambivalenza del sentimento materno e la fatica che si fa ancora oggi ad accettarla e affrontarla. Per restituire la complessità di questo sentimento ho voluto integrare la fiction con materiali diversi: filmati d’archivio, animazioni, elementi documentari, con i quali evocare i vari livelli emotivi che questa tensione muove in chi la vive» (Alina Marazzi, note di regia, 2013)
«Dentro una finzione che lambisce il documentario e trova nell’animazione realizzata in stop motion il suo momento più alto per dire con pudore l’indicibile, Tutto parla di te riconferma la figura materna al centro di una poetica che deriva il suo lirismo dagli home movies (i filmini di famiglia). Una poetica che nella terza prova della regista milanese evidenzia il corpo materno, meglio il grembo materno come dispositivo cinematografico in cui si incarna, svela e materializza la vita e la luce. Una ‘caverna’ mitica e sacra dove il feto sogna il sogno della madre in attesa di accedere nel mondo reale, in cui non sempre si realizza tra mamma e bambino una sintonia emotiva. Il nuovo e partecipe lavoro di Alina Marazzi affronta allora il tema della maternità come luogo di mistero e di contraddizioni, combinando la finzione con interviste, foto d’epoca, filmati di repertorio, Super8 casalinghi. Tutto parla di te porta alla luce un disagio, dando voce a tutte quelle mamme che si sentono inadeguate al loro futuro ruolo e che nel silenzio, e in assenza di un interlocutore, nutrono un senso di colpa e di vergogna profonde» (Marzia Gandolfi, “mymovies.it”, 2013).
«Sullo sfondo, una Torino appena suggerita. […] La costruzione della relazione tra Pauline e Emma è tenuta insieme da interviste (vere) a madri (vere) in difficoltà (vere), compresa la testimonianza (vera) di chi ha compiuto il gesto estremo dell’infanticidio. Realtà e finzione; testimonianze, video e fotografie; frequenti flash-back in bianco e nero che illuminano momenti dell'infanzia di Pauline, mentre la scena madre (di nuovo: madre) è affidata all’animazione, a quattro pupazzetti d'antan, fatti di fil di ferro e rivestiti di stoffa, che recitano il dramma, lo mettono in scena: pare di stare in una costellazione familiare, dove si rivive la situazione problematica per (tentare di) risolverla. Una ricca variatio di strumenti narrativi dunque, che nonostante le migliori intenzioni non riesce tuttavia a delectare, anzi lascia un senso di malcontento nello spettatore» (Francesca Rigotti, Francesca Torrani, “Doppiozero”, 3.5.2013).
«Inserendosi in un cinema che da tempo ha smesso di vedere la mamma come la Madonna, Alina Marrazzi decide che vuole le rose ma tiene anche le spine. Tra documento e fiction, la recherche di una donna che torna a Torino, ritrova il passato e una giovane ballerina incapace di superare il trauma del parto. Riannodando le sue fila del suo discorso, l’abile regista mescola spezzoni, animazione, foto, testi, home movies e animazione e ci dice che il cinema è la vita» (Maurizio Porro, “Corriere della Sera”, 11 aprile 2013).
«C’è un sentimento forte in questo film, un dolore che è insieme gioiosamente lucido nell'elaborare il lutto con la vita. Che dolcemente, senza retorica, si fa cinema » (Cristina Piccino, “Il Manifesto”, 16.11.2012).
«Alla ricerca di un reale cinematografico si muove [...] in piena coscienza Tutto parla di te, dove Alina Marrazzi poggia su di una trama documentaria un ordito narrativo toccante. La maternità, nell’ambivalente significato di compimento gioioso di un’aspirazione naturale ma anche di sofferenza per una perdita di sé, è questione antica - affonda le radici nel mito - ma la regista milanese ha il coraggio di fare un dibattito intimo attraverso un confronto serrato di dolori presenti e antichi che Elena Radonicich e Charlotte Rampling ‘indossano’ con inusitata sensibilità».(Andrea Martini, “Il Sole 24 Ore”, 18.11.2012).
Scheda a cura di Cristina Nebbia
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