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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Guerra e pace
Italia / Usa, 1956, 35mm, 240', Colore

Altri titoli: War and Peace

Regia
King Vidor

Soggetto
dal romanzo omonimo di Lev Tolstoj

Sceneggiatura
Mario Camerini, Ennio De Concini, Gian Gaspare Napolitano, Ivo Perilli, Mario Soldati, Bridget Boland, Robert Westerby, King Vidor

Fotografia
Jack Cardiff

Musica originale
Nino Rota

Suono
Aldo Calpini, Filo Della Torre, Charles Knott

Montaggio
Leo Catozzo

Effetti speciali
Costel Grozea

Scenografia
Mario Chiari

Arredamento
Piero Gherardi

Costumi
Maria De Matteis, Giulio Ferrari

Trucco
Alberto De Rossi

Aiuto regia
Piero Mussetta, Carlo Lastricati, Guidarino Guidi

Interpreti
Audrey Hepburn (Natasha Rostov), Henry Fonda (Pierre Bezukhov), Mel Ferrer (principe Andrej Bolkonskij), Vittorio Gassman (principe Anatol Kuraghin), Herbert Lom (Napoleone Bonaparte), Oskar Homolka (generale Kutuzov), Anita Ekberg (Hélène Kuraghina), Helmut Dantine (Dolokhov, amante di Hélène), Tullio Carminati (principe Vasilij Kuraghin), Barry Jones (conte Ilija Rostov, padre di Natasha), Lea Seidl (contessa Natalja Rostova, madre di Natasha), Anna Maria Ferrero (Maria Bolkonskaja), May Britt (Sonja Rostov), Gualtiero Tumiati (conte Kirill Bezukhov, padre di Pierre), Guido Celano (ufficiale francese)

Direttore di produzione
Fausto Saraceni, Giorgio Ariani

Ispettore di produzione
Fernando Cinquini

Produzione
Carlo Ponti e Dino De Laurentiis per Ponti-De Laurentiis, Paramount

Distribuzione
Dino de Laurentiis Cinematografica

Note
Girato in Vistavision, Technicolor; assistente alla regia: Mario Soldati; regista della seconda unità: Mario Soldati; direttore della fotografia seconda unità: Aldo Tonti; direttore d’orchestra: Franco Ferrara; collaborazione alla scenografia: Franz Bachelin, Gianni Polidori; direttore delle costruzioni: Mario Garbuglia; coreografie: Aurel Milloss; parrucchiere: Grazia De Rossi; altri interpreti: Wilfred Lawson (principe Nikolaj Bolkonskij), Milly Vitale (Lisa Bolkonskaja), Jeremy Brett (Nicholaj Rostov, fratello di Natasha), Patrick Crean (Denisov), John Mills (Platon Karatajev), Teresa Pellati (Mascia, cameriera), Maria Zanoli (Mavra, governante), Alberto Carlo Lolli (Prokofij, maggiordomo), Mario Addobbati (domestico), Celia Matania (mademoiselle Georges, attrice), Mauro Lanciani (principe Nikoluska Bolkonskij); organizzazione generale: Bruno Todini.
Premi: Golden Globe 1957 per il Miglior Film in Lingua Straniera; Nastro d’Argento 1957 a Mario Chiari per la Migliore Scenografia e a Nino Rota per la Migliore Musica; Award della British Society of Cinematographers a Jack Cardiff.




Sinossi
Russia, 1805-1812. Pierre Besukhov, figlio naturale di un ricco principe che morendo gli lascia un’ingente fortuna, è intimo amico della famiglia del conte Rostov, cui appartiene la bella e giovane Natasha. Di lei s’innamora il principe Andrej Bolkonskij, rimasto da poco vedovo e amico di Pierre. I due si fidanzano, ma in assenza di Andrej Natascia cede alle lusinghe del donnaiolo Anatol, rompendo così il fidanzamento con il principe. Intanto Napoleone invade la Russia. Pierre decide di partire per il fronte, dove assiste alla grande battaglia di Borodino nel corso della quale viene ferito a morte Andrej, che spirerà davanti ad una Natasha pentita del male commesso nei suoi confronti. I francesi, ormai stremati e privi di viveri, sono costretti alla ritirata e i russi possono così fare ritorno a Mosca liberata. Qui Pierre rivede Natasha: i due si accorgono di amarsi e decidono di unire i loro destini.




Dichiarazioni
«Per più di un anno e mezzo ho lavorato tutti i giorni, domeniche comprese, alla trasposizione cinematografica di Guerra e pace, il romanzo di Lev Tolstoj. Mai, in nessun momento, ho provato noia o stanchezza: questo, io credo, va a merito della magnificenza dell’opera di Tolstoj. […] Quel che vorrei dire è che, con il suo romanzo, Tolstoj ha scritto una meravigliosa sceneggiatura. Ogni volta che tentavamo di modificare le caratteristiche o le motivazioni fondamentali del romanzo, combinavamo soltanto disastri, e finivamo per tornare in tutta fretta a Tolstoj» (K. Vidor, “New York Times”, 12.8.1956).
 
«Io credo che De Laurentiis mi abbia scritturato perché, avendo vissuto a lungo in America, sapevo bene l’inglese… O forse, perché facevo lo scrittore e quindi, tra tutti quelli che hanno messo mano alla sceneggiatura del film, si poteva stare sicuri che Guerra e pace, quello di Tolstoj, io l’avevo letto. […] I miei rapporti con Vidor in effetti erano ottimi, stavamo sempre insieme, salvo quando si doveva girare, perché, in generale, nelle scene che mi venivano affidate dovevo cavarmela da solo. Io ho girato molte delle scene di guerra e anche qualcuna delle altre. Nelle scene di battaglia mi divertivo un sacco, perché era un tipo di cinema a cui noi non eravamo abituati. Per la battaglia di Austerlitz mi aveva accompagnato mio figlio Wolfango, che allora aveva dieci anni e per lui è stato davvero come un grande gioco, fatto dagli adulti, con soldatini viventi. Giravamo a Pinerolo, sotto la pioggia vera, la pioggia battente che abbiamo noi in Piemonte e anche un pezzo della ritirata dalla Russia l’abbiamo girata al Sestriere nella neve. È passato tanto tempo, ma quello che mi è rimasto in mente è proprio quella Russia ricostruita intorno a Torino: il Po, il castello di Stupinigi, le campagne… anche se in realtà, a ripensarci oggi, di Guerra e pace mi ricordo soprattutto di Audrey Hepburn, un’attrice straordinaria» (M. Soldati, in S. Toffetti, A. Morini, a cura, La grande parata. Il cinema di King Vidor, Lindau, Torino, 1994).
 
«Tutte le battaglie furono disegnate al dettaglio, non ci fu nulla di improvvisato, King Vidor aveva già una certa età, e si muoveva come un signore americano elegante… […] Non interferì mai in sede di scenografia, la sua più grande preoccupazione era la direzione delle riprese […]. Gli esterni furono girati in diversi luoghi. La Beresina fu ripresa dalle due équipes insieme, una delle quali diretta da Mario Soldati, e fu girata a Valenza Po in Piemonte, dove fummo costretti a costruire dei ponti per poi farli saltare. I rapporti Vidor-Soldati furono abbastanza buoni, perché in fondo Soldati parlava inglese,così scherzavano assieme» (M. Garbuglia, in F. Faldini, G. Fofi, L’avventurosa storia del cinema italiano, 1953-1959, Feltrinelli, Milano, 1979).
 
«L'idea nac­que un giorno che ero in libreria, cercavo qualcosa che mi stimolasse per­ché sono un lettore famelico, leggo moltissimo. Mi capita in mano Tolstoj, lo prendo, lo porto a casa e lì per lì non lo apro neppure perché ho trop­po da fare. Ma quando finalmente ho cominciato a leggerlo, sono rimasto affascinato... Continuavo a ripetermi: "Sarebbe un sogno farne un film. Però se i più grandi produttori del mondo non l'hanno fatto, ci sarà un motivo". E il motivo doveva essere che la materia era troppo vasta: questa fu l'impressione dopo la prima lettura. Quando però lo lessi la seconda volta cominciai a capire che il cinquanta per cento degli episodi poteva be­nissimo essere eliminato, allontanato, dimenticato. E come un lampo mi balenò l'idea che il film doveva essere impiantato, inchiodato sulla vicen­da d'amore di Nataša, Andrej e Pierre. Mi dissi: "Se scelgo questa strada, intanto ho una storia popolare, le storie d'amore vanno sempre bene. E con questo triangolo sentimentale in primo piano faccio passare sullo sfon­do gli avvenimenti principali, quelli che possono rientrare in due o tre ore di spettacolo". […] Quando ho avuto in mano il trattamento, sono andato dall'ingegner Gatti. E lui mi ha detto: "Siamo estremamente interessati, ma solo per l'Ita­lia perché il progetto è troppo costoso". Mi pare che l'offerta corrispondes­se al venti per cento del costo. Come trovare il resto? A quel punto decisi che mi conveniva fare un viaggio in America e vedere come reagivano alla proposta. Sull'onda di Ulysses e di Mambo avevo già stabilito dei buoni rap­porti con la Paramount. All'ufficio d: New York mi dicono: "È una cosa in­teressante, ma devi parlarne con i capi dello studio a Los Angeles". Ci vado e mi sento dire: "Dipende dal regista". Propongo il nome di William Wyler e strappo la promessa che se lui accetta di fare il film, loro me lo finanziano. Contatto Wyler, che conoscevo da quando aveva girato a Roma Roman Holiday, e lui mi chiede due o tre giorni di tempo per rinfrescarsi la memo­ria sul romanzo. Alla fine dei quali ci imbarchiamo in una lunghissima riu­nione, dove il regista esordisce: "Lo voglio fare, ma a certe condizioni. Voglio questo, questo e questo...". E mentre Wyler parla entusiasmandosi co­me se avesse già il film davanti agli occhi, io capisco che facendo a suo mo­do la cosa mi verrebbe a costare non più sei ma dieci, quindici milioni di dol­lari. Con la morte nel cuore, sono costretto a rinunciare a Wyler. Non ce la facevo a sostenere quei costi e la Paramount stessa aveva posto dei limiti. Poi, colpo di scena. Mentre sono alla Paramount a riferire, arriva inaspetta­to King Vidor: "Dino, è vero che vuoi fare Guerra e pace? Questo è il mio film". Non è che me l'ha suggerito qualcuno, si è suggerito da solo. A Hol­lvwood erano rimasti un po' risentiti per certi giudizi aspri sull'industria con­tenuti nella sua autobiografia A Tree Is a Tree, ma vibrava ancora l'eco del successo di Duel in the Sun. Mi dissero alla Paramount: "Stai attento perché Vidor ormai ha una certa età e qui ci sono delle scene di massa". "Non è un problema, quelle le faccio fare al regista della seconda unità." E dissi subito a Vidor: "Guarda, per ragioni di tempi e per risparmiarti qualche fatica, tu girerai tutto il film per quel che riguarda le scene con gli attori principali. Ma per quanto riguarda le battaglie, l'episodio del ponte della Beresina, sce­ne che gireremo in gran parte in Piemonte, tu ne discuterai con il regista in seconda e a realizzarle ci penserà lui". Soldati ha diretto quasi tutte le scene di Napoleone. E io ho dato una mano alla faccenda, dirigendo personalmente una carica di cavalleria con l'aiuto dell'art director Mario Chiari. Insomma, Guerra e pace è un tipico film di confezione. Mentre Vidor per esem­pio stava a Cinecittà e girava il duello di Pierre sulla neve finta del Teatro 5, Soldati in Piemonte sulla neve vera girava la Beresina. E io facevo la spola fra una neve e l'altra. […]  Per questo film ho sempre avuto in mente Audrey Hepburn, fin da quando vidi Vacanze romane[…] Nataša non poteva essere che lei. Il libro la descrive come una ragazza di quindici o sedici anni e una star di quell'età non esisteva. Dovevo trovare un'attrice che avesse la freschezza e la leggerezza della prima gioventù. E quell'attrice non poteva essere che Audrey […]. Se non che mentre sto preparando il film - e sono a buon punto perché ho la Paramount, la
Lux e devo solo trovare una banca che mi finanzi quelle poche centinaia di milioni di eventuale sforamento messe in preventivo -, arriva la noti­zia che Mike Todd ha deciso di fare Guerra e pace proprio con la Hep­burn. Era su questo nome, lo capii al volo, che si sarebbe vinta o persa la disfida. Dove acchiapparla? Era in Europa in vacanza perché aveva ap­pena sposato o stava per sposare l'attore Mel Ferrer. […]. Allora riesco ad avere un appuntamento con la Hepburn […]. Le parlo di Tolstoj, le par­lo di Nataša e poi ho una trovata estemporanea e le dico: "Per la parte del principe Andrej, avrei pensato a Ferrer". Era fatta. Mi ha detto di sì se­duta stante e nel momento in cui ho annunciato alla stampa di avere la Hepburn, Todd si è ritirato» (D. De Laurentiis, in T. Kezich, A. Levantesi, Dino. De Laurentiis, la vita e i film, Feltrinelli, Milano, 2009).





La genesi del film è una storia avventurosa e affascinante quasi come il romanzo ispiratore, e inizia molti anni prima della sua realizzazione, quando ancora imperversa la Seconda guerra mondiale. Il produttore Dino De Laurentiis, rifugiatosi a Capri come Soldati e altri intellettuali, ha modo di leggere il romanzo e inizia così già nel 1943 a concepire l’idea di ricavarne un film. Devono passare molti anni, tanti altri film prodotti, innumerevoli battaglie con altre case di produzione (in particolare con il potente Michael Todd) e, soprattutto, tanto lavoro preparatorio per mettere a punto sceneggiatura, scenografie, costumi, per scritturare gli attori (divi come Audrey Hepburn, Mel Ferrer, Henry Fonda), e per giungere finalmente al primo ciak, dato il 4 luglio 1955. La regia è affidata all’americano King Vidor e Mario Soldati è scelto da De Laurentiis come regista della seconda unità.

Trasferire il romanzo-fiume di Tolstoj sullo schermo cinematografico risulta un’operazione lunga e difficile, data l’ampiezza e la complessità dell’opera. Per questo gli sceneggiatori scelgono di ricalcare fedelmente la struttura del romanzo: non un unico filo conduttore o un vero protagonista, ma una serie di personaggi principali intorno ai quali la vicenda si snoda e dai quali prendono vita i suoi diversi sviluppi. Vidor ama proprio sottolineare come la sceneggiatura fosse già stata in fondo realizzata dallo stesso Tolstoj e non ci fosse bisogno di creare un soggetto originale per il cinema, poiché già il romanzo era stato concepito “cinematograficamente”.

«Di fronte a un’opera come Guerra e pace, conosciuta e rispettata universalmente, almeno in teoria, e di dimensioni così inaccessibili […] non resta altra scelta se non quella di riassumere e condensare. Per districarsi attraverso la moltitudine dei fatti e dei personaggi illustrati da Tolsoj nel corso di diversi anni, segnati da convulsioni sociali e avvenimenti storici decisivi per la Russia, forse il criterio più fertile è quello di dare una propria interpretazione del romanzo e di seguire le tracce lasciate da ogni individuo nella propria lettura. Nonostante la sua visione sia discutibile, indubbiamente, sia per il regista che per chi è interessato al suo lavoro, questa impostazione di Vidor resta la più soddisfacente e rivelatrice» (M. Marias, in S. Toffetti, A. Morini, a cura, La grande parata. Il cinema di King Vidor, Lindau, Torino, 1994).

Il film viene realizzato in parte a Cinecittà e in parte in Piemonte. Fra i ricordi di Mario Soldati, torinese di nascita, c’è un’immagine molto suggestiva relativa all’ambientazione: quella della Russia ricostruita intorno a Torino. Proprio a Torino e nei suoi dintorni, infatti, gli autori di Guerra e pace trovano gli esterni, sia architettonici sia naturali, che con maggior approssimazione assomigliano alla Russia dei primi dell’Ottocento. Nel film appaiono così la Palazzina di Caccia di Stupinigi, opera dell’architetto Juvarra; la villa di Ternavasso, sulle rive del Sangone nei pressi di Torino, fatta costruire alla fine del diciottesimo secolo da un ex ambasciatore del Regno di Piemonte alla corte degli Zar; lo scalone juvarriano di Palazzo Madama a Torino e il cortile d’onore del Castello del Valentino, sede della Facoltà di Architettura, dove è rappresentato l’incontro di Tilsitt in cui viene firmato l’armistizio successivo alla battaglia di Austerlitz.

Soldati dirige circa un terzo delle sequenze di Guerra e pace: tutte le scene in cui compaiono Napoleone e Kutuzov, la battaglia di Austerlitz, le scene ambientate nella casa di campagna del vecchio principe Bolkonskij e i dettagli relativi alla battaglia della Beresina. Le sequenze più complesse da girare risultano sicuramente quelle delle battaglie, per le quali si provvede a un minuzioso lavoro di preparazione: i complessi movimenti tattici e strategici degli eserciti sono disegnati nei dettagli a tavolino e poi cronometrati durante le riprese. A Valenza Po, dove si gira la battaglia della Beresina, lavorano sia l’équipe di Vidor, sia quella di Soldati: quest’ultimo dirige tre macchine da presa al centro, mentre Vidor è ai margini con altre tre cineprese.

Ciò che colpisce in Guerra e pace è l’importanza del lavoro di gruppo in ogni aspetto della produzione, dalla ricerca dei finanziamenti al lavoro di scrittura, dalla scelta degli attori alla stipula dei contratti, dalla realizzazione delle scenografie ai costumi. Si pensi solo a quanto lavoro è richiesto dalla realizzazione della neve artificiale, per un film in cui tre quarti degli esterni richiedono luoghi coperti di neve. All’epoca non c’era un metodo veramente efficace per la riproduzione della neve, e non era possibile aspettare l’inverno, quando c’è meno luce e il clima è sfavorevole. Viene coinvolto quindi un gruppo di tecnici cinematografici e di chimici che, dopo lunghe ricerche ed esperimenti, perfezionano un prodotto isolante allo stato semiliquido che aderisce agli oggetti, friabile, leggero, bianco e, soprattutto, somigliante al manto nevoso. Così, con 1.200 metri cubi di neve artificiale, 120.000 comparse, 170.000 metri girati di pellicola, 210 giorni di lavorazione e una durata del film al montaggio definitivo di 4 ore, si compie l’avventura delle riprese di Guerra e pace.

«Che dire di un film come Guerra e pace, di un’operazione produttiva come questa, che punta al grande spettacolo e nello stesso tempo si propone di restituire i complessi nodi di uno tra i romanzi più profondi del secolo scorso? È una pellicola che si situa evidentemente al di là dei parametri critici, poiché è inevitabile che le sue due anime risultino inconciliabili: l’intenzione di Vidor di rispettare la sostanza del testo nell’ottica del suo proprio mondo (“la vicenda si esprime nel personaggio di Pierre – ha detto il regista – che simboleggia la guerra e la pace, la vita e la morte, l’amore e l’odio, il bene e il male… Tolstoj ha fatto di Pierre un uomo che è pieno di incertezze, e perciò cerca anche oltre la semplice apparenza delle cose”), e quella di De Laurentiis di stupire le platee con la magnificenza di colori, battaglie, fatti, masse, luoghi. “Mi piace immaginare il film come un’opera sinfonica, concepirlo come una creazione musicale”, afferma Vidor, che si avvede come Tolstoj abbia in fondo anticipato Griffith, nel dedicare ad ogni personaggio un capitolo e nel restringere la durata dei vari episodi man mano la storia si avvicina alla sua conclusione. E poi, si possono trovare parentele fra il personaggio di Pierre, che osserva la battaglia, e l’americano (più testimone che partecipe) di La grande parata o il cartografo di Passaggio a Nord Ovest; o ancora si può notare come i personaggi del film ricordino quelli di altri lavori vidoriani perché rinnovati, purificati dalla guerra. Ma, tutto sommato, non è Vidor che conta, qui, quanto le scene di guerra, i balli, i duelli, la ritirata nella neve ecc. momenti di grande suggestione, sia chiaro, anche se dovuta più che altro alla macchina spettacolare, ai cinquemila fanti e agli ottocento cavalieri forniti all’esercito italiano, alla fotografia di Jack Cardiff e di Aldo Tonti, agli apporti scenografici e costumistici di Chiari, Polidori, Garbuglia, Bongini, Ghepardi, Soldati, direttore della “seconda unità” che realizza in proprio numerose sequenze (con soddisfazione di Vidor, del resto» (E. Comuzio, King Vidor, La Nuova Italia, Firenze, 1986).
 
«L'incarico di procedere a una prima rivisitazione del testo in forma di trattamento fu affidata al fedele Perilli e a Camerini, for­se nella prospettiva di ripetere l'esperienza di Ulisse che di Guerra e pace era stato un po' la prova generale. Ai due si affiancarono al­tri sceneggiatori fra i quali Soldati, nominato regista della seconda unità dopo il ritiro di Pietro Germi che aveva fatto un inutile so­pralluogo in Finlandia. […] C'è una lettera di David O. Selznick, in data 3 febbraio 1955, dove lo storico produttore indipendente di Hollywood si ramma­rica che la sua ambizione di filmare Guerra e pace, proprio sul pun­to di concretizzarsi in accordi produttivi con la Metro Goldwyn Mayer e un paese dell’Est europeo, sia stata messa in crisi dall'en­trata in scena di Mike Todd con il sistema Todd-AO e il regista Fred Zinnemann da una parte e dell'accoppiata Ponti-De Lauren­tiis con Vidor e la Paramount dall'altra. […] Fonda si trovò subito in contrasto con Vidor e Dino [De Laurentiis], che consideravano Pierre un perso­naggio romantico; lui lo vedeva invece come un imbranato e tentò di rimediare inforcando un paio di occhiali tutte le volte che po­teva. Puntualmente Dino arrivava sul set, chiamava l'interprete e glieli faceva togliere. L'attore tornava a casa ogni sera con í nervi a fior di pelle e il suo matrimonio ne risentì: dopo un mese Susan partì per New York portando con sé i ragazzi e non tornò più. Per Fonda fu triste restarsene solo nella grande villa vuota con la ca­meriera, il cuoco e l'autista che non parlavano inglese. Per svagarsi andava in giro nella vecchia Roma e da un antiquario di via del Ba­buino fece la conoscenza della sua futura nuova consorte, la ba­ronessina Afdera Franchetti. Da quel momento il suo lavoro con­tinuò più sereno e il risultato fu tutt'altro che negativo. Tanto che un critico scrisse: "Fonda sembra l'unico del cast che abbia letto il libro". Un film-monumento come Guerra e pace ha una storia che si articola in tanti capitoli l'uno differente dall'altro: l'occupazione, di più studi contemporaneamente, le costruzioni in atto fra cui quella di Mosca nei viali di Cinecittà, le migliaia di costumi. Enor­me interesse suscita la messinscena delle tre battaglie, distribuite fra varie località italiane dopo un sopralluogo in Finlandia e lunghe trattative finite in niente con gli iugoslavi: Austerlitz si com­batte presso Pinerolo; Borodino nei dintorni di Montelibretti a cinquanta chilometri da Roma e la Beresina sul Po presso Valen­za. In parlamento le destre insorgono contestando la legittimità di usare i militari per una produzione cinematografica, ma Dino non se ne preoccupa e tira avanti per la sua strada. Si rende conto di aver lanciato un segnale a tutto il mondo nell'apprendere che al­l'ufficio stampa sono pervenuti, solo fino al maggio del '56, oltre ventisettemila ritagli. Al primo montaggio, constatato che la copia di lavoro supera le quattro ore, il produttore incalza Vidor per ri­durle drasticamente a tre ore e venticinque minuti sacrificando scene molto belle e costose alle necessità narrative. La prima mondiale di War and Peace si tiene al Capitol di New York il 23 agosto del '56 e rappresenta per De Laurentiis un gran­de successo personale» (T. Kezich, A. Levantesi, Dino. De Laurentiis, la vita e i film, Feltrinelli, Milano, 2009).


Scheda a cura di
Matteo Pollone

Persone / Istituzioni
King Vidor
Mario Camerini
Ennio De Concini
Ivo Perilli
Nino Rota
Maria De Matteis
Audrey Hepburn
Henry Fonda
Mel Ferrer
Vittorio Gassman
Anita Ekberg
Tullio Carminati
Anna Maria Ferrero
Gualtiero Tumiati
Guido Celano
Mario Chiari
Mario Soldati
Piero Gherardi


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