Regia Leonardo Ferrantini
Soggetto dalla commedia omonima di Carlo Goldoni
Sceneggiatura Leonardo Ferrantini
Fotografia Raul Torresi
Musica originale Pasquale Filastò
Montaggio Natalie Cristiani
Scenografia Ilaria Bortolotti
Costumi Ilaria Bortolotti
Interpreti Sara D'Amario (Lucrezia), Luigi Petrucci (Lasca), Chiara Clini (Annina), Marta Mondelli (Tognina), Pasquale Esposito (Carluccio), Gianluca Balducci (Maccario), Loris Loddi (Alì), Andrea Dugoni (Beltrame)
Produttore esecutivo BiancaFilm
Produzione RaiCinema
Note Supervisione alla sceneggiatura: Roberto Tiraboschi.
L’impresario delle Smirne è stato girato interamente a Torino con la collaborazione della Film Commission Torino Piemonte.
Questo cortometraggio – che pure possiede una sua completa autonomia – è stato realizzato all’interno di un progetto della Rai che prevedeva un lungometraggio in digitale, La maschera d’acqua. Sette riflessioni su Carlo Goldoni a cura di Franco Scaglia, composto da sei segmenti, ognuno tratto da un’opera di Goldoni, per rendere omaggio al grande drammaturgo nel tricentenario della sua nascita. Gli altri segmenti sono: La bottega del caffè di Salvatore Ciulla, Il ventaglio di Emanuela Giordano, Gli innamorati di Lucrezia Le Moli, Le baruffe chiozzotte di Gian Carlo Marinelli, La locandiera di Maurizio Panici; Il signor G di Barbara Cupisti fa da “cornice” alle varie storie.
Il film è stato presentato a Venezia nel 2007 nell’ambito della rassegna Goldoni ciak, soggettista e (quasi) sceneggiatore.
Sinossi
Uno scalcinato agente cinematografico cerca di convincere quattro attori più scalcinati di lui, a partecipare alle riprese di un film che dovrebbe essere finanziato da un produttore arabo. Tutti gli attori – i quali per sopravvivere svolgono altri mestieri - esigono il ruolo del protagonista e incontrano il produttore nella stanza d’albergo dove egli si trova. Tutti sono soddisfatti e si trovano il mattino seguente per la firma dei contratti. Ma li attende una brutta sorpresa...
Dichiarazioni
«La commedia di Goldoni è uno spaccato del mondo dello spettacolo e dei suoi abitanti, a tutt’oggi ancora sorprendentemente attuale. Il suo intreccio, fatto di inganni, raggiri e scaramucce, rimane valido, emblematico ed efficace anche nella trasposizione ai giorni nostri, “denunciando con ironia” la meschineria degli artisti, il basso profilo di chi si occupa di loro, il gioco di seduzione, l’abuso di potere e il ricatto sessuale, la diffusa cialtroneria di quanti gravitano nel mondo dello spettacolo. Per una maggiore e più appropriata attualizzazione, la vicenda non ruota intorno ad una compagnia teatrale ma ad una produzione cinematografica; il finale, infatti, risulta oggi più realistico se arriva come scioglimento di uno “stratagemma” messo in atto per organizzare un film, piuttosto che come un “lascito” per fondare una compagnia teatrale di stampo cooperativistico. Ho inoltre pensato di modificare la figura di Alì, dandogli una falsa identità, per rispettare una convenzione propria dei cortometraggi, che prevede che sorprendano il pubblico con un colpo di scena finale. Inoltre, essendo il cortometraggio – per definizione – corto, ho pensato fosse necessario “sfoltire” il numero dei personaggi, concentrandomi su Alì, Lasca, Lucrezia, Carluccio, Annina, Tognina e Maccario, caratterizzandoli in modo da riprodurre l’intreccio e il colore del mondo che stiamo raccontando» (L. Ferrantini, dichiarazione inedita).
«Quando da studente ho incontrato Goldoni per la prima volta, ho capito subito che avevo a che fare con un genio, con un visionario lucidissimo che era riuscito a guardare la realtà con amore e disincanto, con pietà ma senza indulgenza, e che aveva la dote (solo dei genii) di cogliere l’universalità delle cose e delle persone e prefigurarsi il futuro. È stato impossibile non esserne catturata, per sempre. Anni dopo, quando ero già un’attrice professionista, ho avuto il piacere di recitare Goldoni a teatro, in veneziano. L’idea di portare una sua commedia sul grande schermo mi è sembrata subito bella, giusta, praticabile, non una forzatura, proprio per la affascinante e inquietante attualità delle sue opere, dovuta appunto al fatto che Goldoni era un integerrimo, acuto e poetico osservatore del suo tempo e delle qualità e dei difetti degli esseri umani» (S. D’Amario, dichiarazione inedita).
Questo cortometraggio vuole riproporre in chiave contemporanea temi e personaggi di una bella commedia di Carlo Goldoni ricca di arguzia e di ironia. I guitti che vengono radunati in un albergo torinese rivelano la loro mediocrità esistenziale e morale: le grandi ambizioni - e illusioni - di affermazione personale affogano nella banalità, nella superficialità, nel pressapochismo, nella protervia, nell’egoismo, nella presunzione, nella disarmante ingenuità dei giovani attori, con il risultato che essi si rivelano facili vittime della beffarda truffa ordita dal presunto produttore arabo.
Con sensibilità e garbo, il semplice intreccio si dipana in un’atmosfera malinconica, grazie ad un’attenta regia e ad un cast di ottimi interpreti. Il lavoro sul testo goldoniano pare condotto con grande efficacia, non solo perché viene dimostrato che temi, vizi, debolezze umane del Settecento sono molto simili a quelli di oggi, ma anche perché non vengono per nulla traditi lo spirito, la raffinata ironia della commedia di partenza.
Con grande capacità di sintesi il regista e gli interpreti de L’impresario delle Smirne testimoniano la possibilità di ottenere, nonostante un budget molto limitato, un originale e proficuo scambio artistico tra teatro, cinema e televisione.
Scheda a cura di Franco Prono
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