Regia Mario Soldati, Carlo Borghesio
Soggetto Mario Soldati, Carlo Borghesio
Sceneggiatura Mario Soldati, Carlo Borghesio
Fotografia Mario Albertelli
Operatore Giuseppe La Torre
Musica originale Felice Montagnini, Cesare A. Bixio, Bruno Cherubini
Suono Emanuele Weiss
Montaggio Mario Bonotti
Scenografia Gino Brosio, Gino Franzi
Arredamento Gino Brosio, Gino Franzi
Trucco Raimondo Van Riel
Interpreti Enrico Viarisio (Giacomo Perotti/Martino Bo), Giuseppe Porelli (Spinelli, il segretario), Elsa De Giorgi (Mariuccia), Sandra Ravel (Lisetta), Romolo Costa (barista), Dhia Cristiani (Piera), Lauro Gazzolo (ufficiale giudiziario), Pina Renzi (guardarobiera), Ermanno Roveri (banchista/regista), Giuseppe Pierozzi (cuoco/truccatore), Vasco Creti (capotreno), Guido Barbarisi (elettricista/capocameriere), Carlo Bressan (autista del furgoncino), Maria Polese (padrona della copisteria), Raimondo Van Riel (oste)
Produzione Lux Film
Distribuzione Lux Film
Note 2.123 metri.
Collaborazione alla sceneggiatura: Renato Castellani; direttore d’orchestra: Felice Montagnini; canzone: Valzer dell'organino di Bruno cherubini; costruzioni scenografiche: Umberto Torri; doppiatrice di Elsa De Giorni: Lidia Simoneschi.
Le riprese in interni sono state girate negli stabilimenti SAFA di Roma
Sinossi
Un industriale italiano che ha fatto fortuna in America, preso dalla nostalgia ritorna in Italia dove vorrebbe ritrovare la donna di cui da giovane era innamorato. Non riesce nel suo intento, ma si lascia convincere a finanziare un film che metta in scena la sua antica storia d’amore. Durante le ricerche dell'attrice protagonista, il regista incontra una dattilografa e se ne innamora. Il ricco produttore favorisce l’unione dei due giovani e, soddisfatto del film, torna in America.
Dichiarazioni
«C’era un film nel film. Era molto complicato quel soggetto. Certo, è una cosa fatta con pochi soldi e con questo strazio della doppia regia che, insomma, era terribile. Non è possibile fare un film in due. Non è possibile. Steno e Monicelli ci sono riusciti, non so come abbiano fatto. […] Con Borghesio non si andava avanti. Io gli volevo un bene immenso, lui mi voleva un bene immenso, ma non era possibile. E se cominciavamo a discutere si perdeva un sacco di tempo» (M. Soldati, in F. Savio, Cinecittà anni Trenta, Bulzoni, Roma, 1979).
«Mi pare strano che Soldati parli di film a quattro mani. Anzi devo dire che sottolineo la civetteria graziosissima di Soldati, perché, in realtà, a parte che Soldati è un uomo gentilissimo con un senso superire dell’amicizia, per cui il suo rapporto con Borghesio era molto rispettoso, però la verità sacrosanta è che quando c’è un uomo come Soldati che dirige un film, il film lo dirige Sodati. […] Ed è un film, a mio parere che andrebbe riproposto, anche per far vedere Viarisio che era un attore delicato e a sua volta molto più fine di quanto non si sia poi visto nei film successivi in cui fu utilizzato in modo piuttosto pochadesco e facile» (E. De Giorgi, Ibidem).
Due milioni per un sorriso è il secondo film prodotto dalla Lux dopo che Gualino aveva trasferito la sede della ditta da Torino a Roma.
La commediola è esile, ma non sciocca ed offre al pubblico un ritratto per nulla scontato del mondo del cinema di cui sono messi in evidenza aspetti anche negativi.
«Non è certo un film d’autore, non solo perché Soldati ne divide la responsabilità con Carlo Borghesio, un altro torinese poi comproprietario degli studi Fert, ma anche per lo scarso impegno del racconto e la schematicità di personaggi. E tuttavia la storiella non è del tutto indifferente [...] Una storia che, pur non essendo paragonabile il rozzo “re del tabacco” Perotti con l’elegante Gualino, offre lo spunto per maliziose annotazioni sugli industriali che si mettono a fare del cinema, e che in qualche dettaglio sembra alludere ancor più puntualmente al gran capo della Lux. D’altra parte nel film il mondo stesso del cinema è visto più come dominio di affaristi e piccoli truffatori che come grande mito estetico o divistico. Come se Soldati, che pure saprà essere autore, preferisca prima presentarsi e definirsi come mestierante, parte di un mondo senza valori e dove al massimo si coltivano patetiche illusioni. Due milioni per un sorriso fu girato a Roma negli studi Safa ed è già un film “romano” anche se la Lux resta a lungo una casa piemontese. Da Torino o Biella vengono molti suoi quadri e dirigenti amministrativi, e piemontesi saranno, anche nel dopoguerra, alcuni suoi registi e attori caratterizzanti (ad esempio per i film comici si punterà su Macario, lasciandosi sfuggire Totò). E spesso i film della Lux, che non possiede studi propri, verranno girati nei vecchi teatri torinesi della Fert» (A. Farassino, in Mario Sodati. La scrittura e lo sguardo, Museo Nazionale del Cinema-Lindau, Torino, 1991).
Scheda a cura di Franco Prono
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