Altri titoli: Memory Lane
Regia Fabio Carpi
Soggetto Fabio Carpi
Sceneggiatura Fabio Carpi
Fotografia Fabio Cianchetti
Musica originale Mario Benelli
Montaggio Bruno Sarandrea
Scenografia Amedeo Fago
Costumi Silvana Carpi
Aiuto regia Guillaume De Esteban
Interpreti Héctor Alterio (Saul Mortara), Assumpta Serna (Adriana), Michel Aumont (Baumann), Alessandro Averone (Davide), Florence Darel (Paola Dalai/Carla), Marco Foschi (Carlo giovane), Lina Polito (Fiammetta), Vahina Giocante (Fiammetta giovane), Roberto Herlitzka (Carlo), Serge Merlin (Agostini), Giacinto Palmarini (Agostini giovane), Clément Sibony (Saul Mortara giovane), Emanuele Carucci, José Quaglio, José Quaglio
Produzione Antonio Guadalupi e Roberto Bessi per Buskin Film
Distribuzione Quality Film
Note Suono Dolby Digital.
Film realizzato con il contributo del MiBAC e con la collaborazione della Film Commission Torino Piemonte.
Location: Torino (Caffè Fiorio, Conservatorio di Musica “Giuseppe Verdi”, ex Istituto Poveri Vecchi, Facoltà di Medicina, Villa Tesoriera, via Mantova, via Catania), Roma, Ginevra, Parigi, Illiers-Combray, Cabourg-Balbec, Lussemburgo.
Premi: Prix de l’Innovation al Festival des Films du Monde, Montreal 2003; Guest of Honour Italian Cinema al Cairo International Film Festival 2004.
L’uscita in sala del film è stata accompagnata dalla pubblicazione del volume Le intermittenze del cuore…e della mente (a cura di Rossana Buono, Barbara Eletta Camoni, Piergiorgio Dragone, Ulisse Editrice, Roma, 2004) che raccoglie quanto si è detto in tre tavole rotonde tenute a Bologna, Torino e Roma alle quali hanno partecipato studiosi di diverse discipline.
Sinossi
Saul Mortara, un anziano regista, prepara un film sulla vita di Marcel Proust che gli è stato commissionato da un produttore francese. Il lavoro procede mentre al protagonista tornano alla mente, attraverso il meccanismo della memoria involontaria, i momenti più importanti della sua vita: un viaggio di istruzione a Venezia con un insegnante omosessuale, la partecipazione alla guerra partigiana, il rapporto amoroso con due donne diverse: la giovane Fiammetta e la seducente Paola. Nel presente Saul si muove tra Roma, dove abita con la moglie Adriana, Parigi dove abitano il figlio e il produttore, le località francesi legate alla vita di Proust e Zurigo dove si reca per sottoporsi ad una visita medica.
Dichiarazioni
«A Torino sono tornato volentieri a girare alcuni anni dopo l’esperienza di Nobel, in quanto si lavora bene, con persone di alta professionalità con cui si istaura sul set un clima piacevole» (F. Carpi, “La Stampa”, 18.6.2004).
«Le intermittenze del cuore riprende temi già sviluppati nei miei film precedenti – un autore non può fare altro che ripetersi -, ma con una favola diversa. Per la prima volta la vicenda, anziché svolgersi in un arco relativamente breve di tempo, vuole abbracciare praticamente quasi tutta la vita di un uomo, e attraverso di lui, sia pure in una forma indiretta, rievocare quelle che sono state le esperienze e le delusioni – anche politiche – di una intera generazione. […] Inoltre, svolgendosi in tempi diversi, attraversando l‘adolescenza, la giovinezza, la maturità e la vecchiaia del protagonista Saul, avrò modo di imprimere al film una varietà di toni che potranno oscillare fra quelli lievi e quelli più malinconici, fra la realtà e il sogno, facendo vivere accanto a Saul, in diversi momenti della sua vita, tre figure di donna assolutamente diverse tra loro e ognuna col suo fascino particolare […]. Poiché il film si propone di ispirarsi alla grande scoperta proustiana della memoria involontaria, questo ci permetterà di spaziare avanti e indietro nel tempo attraverso delle libere associazioni dando un rilievo particolare al montaggio, che per quanto possibile è già nelle sue linee generali previsto dalla sceneggiatura» (F. Carpi, dichiarazione resa prima della realizzazione del film e diffusa dalla casa di produzione).
«Il tema di fondo de Le intermittenze del cuore è il rapporto tra il Tempo e il Ricordo. Una rivisitazione dei temi cari a Proust. La musica, in generale, può essere naturalmente definita come il rapporto tra il Suono (metafora plausibile, in questo caso, del Ricordo) ed il Tempo. Ciò significa che la musica di questo film poteva rappresentare uno strumento dialettico in più […], con una sua precisa connotazione, autonoma ma complementare rispetto a quella delle immagini. Lavorare sull’alterazione del tempo musicale ha significato fornire una chiave di lettura in più allo spettatore» (M. Benelli, in Rossana Buono, Barbara Eletta Camoni, Piergiorgio Dragone, a cura, Le intermittenze del cuore…e della mente, Ulisse Editrice, Roma, 2004).
Romanziere, poeta, sceneggiatore di grande esperienza, regista raffinatissimo, schivo e autore di film di alto livello espressivo spesso più apprezzati all’estero che in Italia, Fabio Carpi ha realizzato Le intermittenze del cuore – che rappresenta in qualche modo la summa di tutta la sua opera – in parte in Piemonte (il parco e il salone della villa Tesoriera a Torino, un’aula della Facoltà di Medicina, vari locali a Savigliano, ecc.).
«Autore in parallelo di romanzi e film, definito da “Time” ai tempi di Quartetto Basileus “lo Schubert del cinema”, Carpi resta fedele alla tematica della senilità narrando fra passato e presente, realtà e immaginazione il rovello di un anziano regista impegnato a preparare un progetto su Proust che non vedrà la luce. Ispirato alter ego dell'autore, l'argentino Hector Alterio trascorre dalla Puglia a Parigi, da Venezia a Cabourg, da Roma alla Svizzera, sostanziando felicemente gli intellettualismi del copione con una palpitante presenza umana» (T. Kezich, “Corriere della Sera”, 12.6.2004).
Tra gli ottimi attori del film - diretti con grande precisione da regista - spicca appunto per la profonda convinzione con cui interpreta il protagonista Hector Alterio, già presente in altri film di Carpi. Nitida, tersa, talvolta allucinata la fotografia di Fabio Cianchetti. Grande importanza ha anche la colonna sonora: «questo film è interamente basato sul silenzio […] che qui è evidenziato dalla totale mancanza di musica d’accompagnamento (eccezion fatta per i titoli di testa e per i titoli di coda). Questa scelta tecnico-espressiva esalta e fonde il ricco corredo dei rumori naturali, quello delle musiche ambientali (provenienti da fonti di solito visibili: il pianoforte, il cinegiornale, la scena teatrale, il disco) e anche quello delle parole, creando un universo audiovisivo compatto» (S. Raffaelli, in Rossana Buono, Barbara Eletta Camoni, Piergiorgio Dragone, a cura, Le intermittenze del cuore…e della mente, Ulisse Editrice, Roma, 2004).
Il film inizia con un sogno. Il protagonista, sulla poppa di una vecchia nave che si muove in un canale, vede un altro se stesso sulla riva: ne conseguono sorpresa, smarrimento, paura: è crisi di identità. Egli «è un uomo in un momento di passaggio esistenziale ed emotivo “critico”, tra i più difficili per tutti gli esseri umani: sta iniziando infatti ad accostarsi alla sua vecchiaia, tema che porta con sé, inevitabilmente, il lutto delle separazioni, il trascorrere del tempo, ed il limite dell’esistenza; dunque, anche il tema della propria morte. […] Mortara sembra un uomo che ha vissuto una strana vita […]; vive nel presente ma ha perso i contatti emotivi e, dunque, la memoria del proprio passato; si è così impoverito e inaridito affettivamente. È, in altri termini, un uomo depresso. Mi sembra che il protagonista giungerà, al termine del suo viaggio/percorso proprio utilizzando le intermittenze del cuore, a recuperare almeno in pare quelle memorie ed emozioni che gli consentiranno […] di compiere un avvicinamento e una progressiva reintegrazione di aspetti dimenticati della propria vita» (M. Berruti, Ibidem).
Le “intermittenze del cuore” sono quelle di cui parla Marcel Proust nella Recherche: egli «posa il piede su due pezzi di selciato sconnessi e, improvvisamente, è invaso da una fortissima immagine di azzurro, di sole, da una sensazione di inesprimibile, inesplicabile felicità. Dopo qualche secondo si rende conto che questo incidente, la falsa postura del piede, lo ha rimandato ad una situazione identica, di molti anni prima, […] a Venezia» (G. Raboni, Ibidem). La stessa identica cosa, capita a Saul Mortara. «In effetti il film è tutto costruito secondo procedure tipicamente proustiane: c’è la memoria, “la memoria involontaria”, ci sono “le intermittenze del cuore”, c’è appunto “la ricerca del tempo perduto”, che qui si configura soprattutto come ricerca di se stesso, come tentativo di superamento di un malessere psicologico, di una crisi esistenziale tutta sofferta soggettivamente» (B. Torri, Ibidem).
«Ci sono due concetti psicoanalitici – confermati oggi dalle neuroscienze – che si attagliano molto bene a questo incontro tra Carpi e Proust: uno è quello di “trascrizioni”, che spiega come nella nostra mente i ricordi non siano conservati in una sorta di archivio, in un unico “documento”, bensì in tante versioni differenti e coesistenti, a seconda del contesto nel quale vengono inscritti e poi rievocati, in una continua dinamica riorganizzazione. Proprio come il continuo leva e metti delle foto di Saul Mortara sullo specchio, che crea sempre nuove combinazioni e nuovi nessi. Il secondo concetto, strettamente vincolato al primo, è quello di “après coup”, che testimonia di quanto ogni evento incida non solo sul presente, ma – paradossalmente – anche sul passato, dando nuovo ordine e senso ai nostri ricordi, in un lavorio perenne di risignificazione. È proustiana senza dubbio, in questa opera di Carpi, la coesistenza delle varie aree temporali in un eterno presente, così come l’equivalenza emotiva tra reale e letterario, mondo interno e mondo esterno» (S. Argentieri, Ibidem).
Il film, si è detto, inizia con un sogno (e con un sogno finisce). In tutti i film di Carpi il sogno è un momento importante: il sogno e l’inconscio contengono verità e senso, mentre la realtà sensibile è di per sé labile, evanescente, priva di interesse. «La vita in questo film è negata. Il gioco di raddoppiamenti suggerisce un’idea di dinamismo solo apparente, illusoria, quasi ironicamente replicata per ribadirne la sostanziale stasi. La “verità” del film è l’immagine che lo conclude. In questo cancellamento dell’immagine si risolve l’interrogativo del film. Tra la vita come cinema e la morte come letteratura, Carpi sceglie quest’ultima. La scrittura in quanto sceneggiatura arresta il flusso incoerente delle immagini, lo riporta a un ordine prestabilito» (A. Aprà, Ibidem).
Carpi/Mortara dichiara di avere poco «interesse per la vita, dunque, ma grande interesse per i sogni, che dicono molto di più, che esprimono molto di più di quanto esprima la realtà quotidiana. La vera realtà compare nei ricordi, nelle intermittenze del cuore, nei sogni che spesso sono difficili da capire e interpretare, come riconosce Saul quando afferma: “sono invaso dal passato, ma non trovo il bandolo, il senso finale”. Occorre trascorrere tutta la vita a riflettere, scrivere e girare film per riuscire ad avvicinarci alla rivelazione della verità profonda che esiste in noi e che emerge nel sogno». In qualche modo si può dire che questo, come gli altri film di Carpi, somiglia ad un sogno, «in quanto le immagini e le parole che lo costituiscono non sono importanti come elementi narrativi (anche se esistono trame, vicende, intrecci amorosi, riferimenti politici e storici come ad esempio i cenni al muro di Berlino), ma in quanto esprimono qualcosa che sta in profondità e che si palesa nel sogno e – appunto – nelle intermittenze del cuore». Questa è la «modernità del cinema di Carpi, il quale realizza film e scrive libri non per raccontarci storie, ma per metterci di fronte a situazioni esistenziali, per proporci enigmi, per farci riflettere, per trovare noi stessi» (F. Prono, Ibidem).
«Le intermittenze del cuore è la storia di un viaggio interiore, alla ricerca del tempo perduto, e la vicenda comincia come un viaggio sulle orme di Proust. Saul Mortara è un regista incaricato di girare un film sullo scrittore - ma presto gli “improvvisi” della memoria involontaria fanno affiorare pezzi rimossi del suo stesso passato. Mortara capisce che il vero viaggio che deve e vuole fare è quello sulle proprie tracce, per tirare le somme, per cercare di completare, di riunire, le proprie identità. Il gioco di doppi e riflessi si moltiplica come in uno specchio borgesiano fino a comprendere lo stesso Fabio Carpi che traspare, persino nei dialoghi del film, sotto il personaggio dei regista Mortara e anche, in realtà, in molti degli altri personaggi che riflettono i suoi alter ego, le occasioni perdute, tralasciate, le ossessioni. […] “Un essere in carne ed ossa non potrà mai competere con l'immagine ritratta in un quadro da un pittore o nelle pagine di un libro”. È Proust ma potrebbe essere Carpi. Saul Mortara non “incontrerà” mai davvero la Cortigiana dai capelli rossi che il professor Agostini gli mostra nel viaggio a Venezia (primo luogo ne Le intermittenze del cuore dove “la memoria involontaria” conduce Saul: “Sono sicuro che ti ricorderai per sempre di questo quadro [...] perché la cortigiana è bella, misteriosa, perfezione della pittura, o forse perché la stai guardando con me”. Con il ritratto di una donna comincia dunque l'avventura. [...] E a Venezia Agostini gli mostra la riproduzione di un altro quadro che rappresenta una donna: Il sogno di Sant'Orsola del Carpaccio (il sogno, la santa). E, sempre in quel viaggio insieme, gli confessa: “il mio desiderio profondo sarebbe stato quello di avere dei figli” ma “quelle che mi saranno precluse sempre sono le gioie della maternità”. [...] La maternità è ribadita e raffigurata in vari modi in questo film, a partire dalla sequenza nella cameretta di Proust, dove lo scrittore attendeva trepidante il bacio della buona notte. Sulla parete campeggia il ritratto della madre, che Saul Mortara appenderà “sopra” quello di Proust sullo specchio del suo studio. E non è neppure un caso che da qui parta il viaggio del protagonista sulle tracce “non della Recherche ma della vita vera dell'autore”» (M.G. Caviglia, “Mondo Niovo 18-24 ft/s” n. 3, 2004).
Scheda a cura di Franco Prono
|