Regia Daniele Gaglianone
Soggetto Daniele Gaglianone
Fotografia Daniele Gaglianone
Montaggio Daniele Gaglianone
Produzione Cooperativa 28 dicembre, Hurbinek
Note Collaborazione alle interviste: Cristiana Zamirato, Fulvio Donorà, Massimo Miride e Tecla Livi; intervistati: gli abitanti dello stabile di via Giulio 29, a Torino, signor Didia (Benedetto), Publio Carnevali, Fulvio Donorà, Lucia, Maria, Cristiana, Tina, Fernando (Ecuador), signor Nivoli (il padrone di casa), signora Faggiani.
Primo Premio al Festival Internazionale Cinema Giovani del 1997, nel concorso Spazio Italia (categoria non-fiction).
Sinossi
In un vecchio palazzo del centro torinese, da ristrutturare perché pericolante, le persone e le cose sono superstiti di un naufragio lento e inevitabile.
Dichiarazioni
«Ho scoperto il posto di Luoghi inagibili nei suoi ultimi mesi di vita, in via Giulio a Torino. Vi abitava una vecchietta, l’anima del palazzo. Mi affascinava questo posto che era stato teatro di tante vite che non c’erano più. Quei muri trasudavano storia, o forse erano solo dei muri. Questo ti dà la misura, tragica e serena, della vita, di te non resta più nulla. È una cosa cui non puoi neanche pensare, che ti atterrisce. Trascende il bene e il male. Il termine “ristrutturazione capitale” ha questa doppia valenza di espressione burocratica ma anche di condanna a morte. La vecchiaia è un periodo che mi affascina moltissimo: io trovo che i vecchi non siano assolutamente noiosi. La vecchiaia è un periodo della vita in cui secondo me tutto ciò che ti accade, anche se sei attivo e dinamico, è come se venisse visto alla luce di quello che hai vissuto fino ad allora» (D. Gaglianone, in D. Zonta, Daniele Gaglianone, Falsopiano, Alessandria, 2004).
«Alcuni abitanti rievocano momenti del passato. Una ragazza fa da guida al videomaker. La finzione e la presenza del set, dei microfoni, dei fili entra in campo a minare la purezza del documentario. In questo modo Gaglianone crea un ulteriore capitolo nel suo lavoro sulla memoria, sui corpi, sul dolore, porta nel documentario le sue pulsioni finzionali, così come nella finzione dei lavori precedenti già venivano iniettati strati di testimonianza del set e dei corpi. Corpi riuniti qui, con straordinaria lucentezza e instabilità (perché la videocamera sobbalza, si sposta, respira, sta a distanza e fa all'amore con quanto sta filmando) in quello della donna anziana seguita nel suo (non) procedere (contro il tempo, in un suo tempo) in uno spazio da sempre ritualmente percorso (a bordo della strada, nel cortile, per le scale, nell'appartamento). Corpo da seguire e lasciare nel tempo per posare già lo sguardo altrove (alla fine), perché magari semplicemente attratti da qualcosa da filmare, lasciare intuire o negare alla visione. Istanti di vita (di chi sta filmando)» (G. Gariazzo, “Cineforum”, n. 370, dicembre 1997).
Scheda a cura di Davide Larocca
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