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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cinema muto



Il cadavere vivente
Italia, 1921, 35mm, B/N


Regia
Pier Angelo Mazzolotti

Soggetto
Pier Angelo Mazzolotti, dal dramma "Zivoj trup" di Lev Nikolaevic Tolstoj

Sceneggiatura
Pier Angelo Mazzolotti

Fotografia
Giovanni Tomatis

Interpreti
Franz Sala (Fedor Protasov), Ria Bruna (Liza), Enrica Massola (Macha), Umberto Casilini (Karanin), Daisy Ferrero, Emilio Vardannes, Tranquillo Bianco



Produzione
Claudio e Salvatore Argento per la S.E.D.A. Spettacoli e Rizzoli Film

Distribuzione
U.C.I.

Note
1.583 metri
Nulla Osta n. 16.195 del 1.6.1921
Prima proiezione: Roma, 21.6.1923




Sinossi
Fedja Protasov è protagonista di un oscuro dramma. Lasciata spontaneamente la moglie, si sente in colpa pur sapendo che questa ha un amante, Karenin che la sposerebbe. Ma proprio per questo motivo, illogicamente, non acconsente al divorzio e finge il suicidio. Processato per la sua azione, Fedja, pieno di rimorso, si uccide, lasciando così definitivamente libera la moglie.





«Il cadavere vivente, tratto da romanzo del Tolstoi della grande Casa “Itala Film” di Torino. Basta solo l’annuncio di un lavoro tratto da un  romanzo del Tolstoi, per richiamare gran folla ove questo si proietti. E infatti la vasta sala del “Cinema Quattro Fontane” era stipata di un pubblico elegante, come poche volte m’è dato riscontrare. Come già dissi altra volta, la riduzione d’un romanzo celebre per lo schermo, è sempre opera ardua per chi vi si accinge, animato dall’ardente e in fondo giustificato desiderio di ricavarne un capolavoro. È certo che P. A. Mazzolotti, riduttore e inscenatore di questo lavoro, ha fatto del dramma un bel film, che è piaciuto incondizionatamente alla maggioranza del pubblico per la grande importanza del dramma che è profondamente vigoroso. Debbo solo rilevare che all’epoca in cui venne costruita dal grande Tolstoi la materia del romanzo, gli uomini non portavano i baffi tagliati a spazzola come oggi vuole la nostra moda moderna, né tanto meno la scriminatura alla stessa foggia dell’attuale stile parigino. Così dicasi anche per gli abbigliamenti delle signore e per la mobilia degli interni che non sono affatto rispondenti all’indole del lavoro. In un quadro vediamo passare un carretto ad un cavallo; ma, se la mai memoria non falla, mi pare che quei tali carretti italiani non vi fossero in Russia, e allora? Forse per emulare quei tali Americani, che hanno fatto passeggiare Poppea del Nerone in piazza Fontana di Trevi? Gli interpreti molto a posto, specialmente Franz Sala, che ci ha dato del protagonista una figura meravigliosamente scolpita e psicologicamente compiuta. In questo film Franz Sala ha dimostrato qualità magnifiche di attore corretto, e a lui, da queste colonne, esprimo il mio entusiasta compiacimento. Bene tutti gli altri e fotografia riuscita» (Da Roma – Il cadavere vivente, “La rivista cinematografica”, a. IV, n. 14, 25.7.1923).
 
«Mi rincresce schierarmi apertamente contro certi pervertimenti artistici, ma il nostro buon senso ci vieta nel modo più assoluto di ammettere che ci si possa, anche cinematograficamente parlando, offendere la credulità del buon pubblico cercando di confonderlo e di attirarlo con nomi presi in prestito [...] se pure non è il caso di dire diversamente, da autori e da opere così conosciute, cose per esempio, il Mazzolotti ha sperato intitolando questo suo film Il cadavere vivente [...] rammentandoci che una cosa simile era stata scritta, già fin dal passato secolo da certo Leone Tolstoi. Fortunatamente fra tanta degenerazione artistica, il lavoro ha avuto una nota poderosa d’arte nella bella figura di Fedor, interpretata con tanta insuperabile maestria da Franz Sala, uno dei nostri più grandi attori dell’Arte muta ed al quale spetta col massimo rispetto l’onore di aver salvaguardato, nel corso del lavoro, quel sano principio animatore che stava per perdere il Mazzolotti, infondendo alla trascrizione del soggetto una profondità d’esecuzione altrettanto grande quanto dal lato del pensiero, quella del suo autore. Se il lavoro ha avuto quindi qualche momento felice, qualche momento di vivissimo interesse non fu certo per opera del Mazzolotti. Non vogliamo dire che egli non abbia sufficientemente reso conto delle difficoltà che avrebbe incontrate nella sua riduzione e nella sua inscenatura, ma il fatto di aver così facilmente mal compreso come non sia lecito appropriarsi del contenuto di un libro per plasmarvi, a suo talento, un lavoro all’altezza della propria intelligenza, non poteva certo fruttargli onore e tanto meno consentimento da parte di chi avrebbe avuto fortunatamente ancora pudore e rispetto verso tempi e verso opere destinate alla più gloriosa immortalità. Deficiente quindi la messa inscena e biasimevolissimo, sotto ogni rapporto, l’arbitrio d’aver trasportato lo sfondo del lavoro alle più moderne caratteristiche dei tempi nostri. Antiestetico quindi il sovrapporsi di ambienti completamente estranei all’azione. Di nessun’efficacia certi inutili travestimenti da parte dei singoli interpreti. Poco verosimili ed illusionistici gli esterni. Poco rilievo negli episodi principali. Poco accurata l’azione  in generale, eccezion fatta per il Franz Sala, da noi considerato giù come parte a sé, piuttosto collaterale che intrinseca al lavoro. Certamente che, se si fosse riguardato il lavoro di Tolstoi, avremmo trovato modo di elogiare molte scene di ottimo effetto, quali quelle del banchetto che precedono al scomparsa di Fedor, quelle del Cimitero, quelle del tugurio di Macha, e quelle molto ben riuscite della taverna di Peterkow. Meravigliosa l’interpretazione di Franz Sala tanto nella parte di principe che in quella di cadavere vivente. Poderosa la morte. Buona l’interpretazione di Ria Bruna. Molto ben adatta al temperamento di Macha Enrica Massola; buona pure Daysy Ferrero, come pure l’interpretazione del Vardannes e del Bianco specie nella scena della tragica fine di Fedor alla fine del banchetto. Discreto Umberto Casilini benché un po’ troppo lezioso. Buona quasi ovunque la fotografia del Tomatis e molto curata. Ben riuscito anche il montaggio» (Zadig, “La Rivista Cinematografica”, a. III, n. 14, 25.7.1922). 


Scheda a cura di
Valeria Borello

Persone / Istituzioni
Pier Angelo Mazzolotti
Giovanni Tomatis
Franz Sala


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