Visto censura 70279 del 10.6.1977; 2180 metri.
Nei titoli Luigi Batzella figura come regista con lo pseudonimo di Ivan Kathansky e come montatore con quello di Paolo Solvay.
Girato in Eastmancolor. Vietato ai minori di 18 anni.
In una inquadratura è visibile l’ombra dell’operatore e della cinepresa.
La bestia in calore rientra nel filone dei film cosiddetti porno-nazi - in cui aguzzini in divisa seviziano e torturano belle donne seminude – che ebbe un certo successo di pubblico negli anni Settanta.
L'estetica del brutto è portata fino agli estremi. Le scenografie sono spoglie ed elementari, i personaggi (soprattutto i partigiani) improbabili, le scene di guerriglia di livello discutibile (a parte le immagini di repertorio). Secondo la critica, il regista «non è riuscito mai a dare una seppur lontana parvenza di verosimiglianza a una storia a dir poco offensiva» (Vice, “Corriere Mercantile”, 17.8.1978).
«E' passato inosservato all'uscita ma è poi diventato oggetto di culto La bestia in calore, diretto da Luigi Batzella nel 1977 con lo pseudonimo Ivan Katanski e girato come esterni nel cuneese. In particolare un fotogramma che riprende Salvatore Baccaro (caratterista noto per la sua bruttezza) è stato a lungo l'esempio limite delle rubriche sul cinema weird [movimento all’incrocio tra i generi horror, fantasy e fantascientifico], dove kitsch e cattivo gusto raggiungono punte abissali o sublimi, a seconda dei punti di vista. Il film appartiene al filone dei cosiddetti pornonazi, imitazioni povere e furbette di un importante film di Liliana Cavani quale Il portiere di notte» (S. Della Casa, Miracolo a Torino, Editrice La Stampa, Torino, 2003).
«Il film è gemello, visto che ha le stesse scene di esterni di guerra con i partigiani in Piemonte, di un altro capolavoro di Luigi Batzella, Quando suona la campana (1970), firmato però con il suo pseudonimo più noto, cioè Paolo Solvay» (M. Giusti, Stracult. Dizionario dei film italiani, Frassinelli, Milano, 2004).