«Tre interviste iniziali “vere” su di una storia “falsa” prima dei titoli di testa ci introducono in un unico flashback, Dei momenti, solo dei momenti, simbolici ma non più di tanto, inseriti in pianosequenza che stralciano un’azione dal suo contesto per esaltarla nella sua pregnante significatività, grazie al video e al suo linguaggio. Su questo punto in particolare gran parte delle mie energie: ricercare all’interno della narrazione video la “verità”, l’allontanamento più sostenuto della finzione, e, nello stesso tempo, non dimenticare che nel video il ritmo narrativo regge fino a un certo punto, con belle sue regole ben precise. Il piano sequenza nel linguaggio video ci riporta a una dimensione che l’uso odierno televisivo tiene raramente in considerazione: la “verità” della rappresentazione. Se la televisione (di Stato e non) dà quasi sempre spezzettamento, interruzione, ipermontaggio (e quindi finzione, favola), si devono esplorare altre strade, aprire nuovi sentieri, Questo soprattutto. Il resto è una breve storia, nel tempi consentiti dalla produzione di 5 minuti, se si vuole più un prossimamente che un racconto completo vero e proprio. Ma questo era per me un problema secondario. Tutto è in flashback, si sa subito cosa accadrà grazie alle interviste iniziali, il “gioco” diventa “come accadrà”. E poi si avvertono un disagio e un’estenuazione esistenziali, la lentezza dei cambiamenti, la scarsezza degli oggetti, una provenienza da un ceto sociale indefinito...» (R. Damiani,
www.torinofilmfest.org/history).