Altri titoli: La distruzione di Cartagine; La destruction de Carthage; The Destruction of Carthage; Delenda de Carthago
Regia Luigi Maggi
Soggetto Guido Volante
Sceneggiatura Arrigo Frusta
Interpreti Eugenia Tettoni (Miarka), François-Paul Donadio (Shabarim), Luigi Chiesa (Asdrubale), Giuseppina Valdata-Farinon (Zamah), Marcel Fabre (Scipione Emiliano), Umberto Scalpellini (Catone), Orlando Ricci, Carlo Campogalliani, Alfredo Bertone, Oreste Grandi, Bianca Schinini, Cesare Zocchi, Giuseppe Paolo Vitrotti
Produzione Società Anonima Ambrosio, Torino
Note Visto censura n. 2.986 del 8.4.1914; 1.500 metri.
Sottotitolo: Tragedia dell’età antica.
In alcune fonti il personaggio Shabarim viene indicato come Ibraim.
L’attrice Eugenia Tettoni è accreditata come Eugenia Tettoni Fiorio.
Umberto Tiranty cita il film nel volume La cinematografia e la legge: manuale teorico pratico (Bocca, Milano, Torino, 1921) a proposito di una causa intentata nel 1914 dalla Società Anonima Ambrosio al concessionario Enea Malaguti. L’uomo aveva acquistato dall’Ambrosio il diritto di sfruttare quattro copie della pellicola in regime di esclusività in America Centrale. Considerando lesi i propri interessi commerciali dato che una concessionaria parigina aveva acquistato copie del film per altre aree geografiche e le aveva però proiettate anche in Messico e a Cuba, Enea Malaguti si rifiutò di saldare la cifra relativa alla cessione delle quattro copie, che a suo giudizio non avevano più alcun valore, e chiese il risarcimento dei danni. Citato in giudizio dall’Ambrosio, perse la causa e, ricorso in appello, perse nuovamente e venne condannato a pagare la cifra pattuita per la concessione delle quattro copie.
Una copia manoscritta della sceneggiatura di Arrigo Frusta, suddivisa in sei parti e intitolata sia Sofonisba che Cartagine, è conservata presso il Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Sinossi
Terza guerra punica. La Repubblica di Roma muove guerra a Cartagine, spingendosi sul territorio africano con un valoroso esercito guidato da Scipione Emiliano. I soldati cartaginesi, comandati da Annone, vengono sconfitti una prima volta e quando il loro condottiero, sopravvissuto alla battaglia, torna in città per dare la notizia ad Asdrubale, viene condannato a morte con l’accusa di tradimento. Vittima di un’aggressione sulla strada che conduce al tempio, Miarka, figlia di Asdrubale, viene salvata dal mercenario Shabarim e se ne innamora, suscitando le gelosie della matrigna Zamah, anch’essa invaghita di lui. Credendo il soldato amante di Zamah, Miarka fa voto di castità e diviene sacerdotessa di Tanit, mentre l’uomo è condannato a scontare una pena come vogatore. Cartagine viene messa a ferro e fuoco dai romani e Zamah si suicida; Asdrubale fugge con la figlia su una nave su cui si trova anche Shabarim, ma l’imbarcazione viene distrutta dai nemici e Asdrubale ucciso. Nuotando fino alla riva, Miarka e Shabarim riescono a mettersi in salvo. Cartagine è completamente distrutta.
«La Casa Ambrosio già ai trionfi avvezza può a ben diritto registrare fra i suoi trionfi più legittimi ed immediati questa Delenda Carthago! che rievoca in un\'apoteosi di plastica ed in un tripudio di luce l\'eternale ed epica rovina della più grande e vera metropoli rivale di Roma. Al poema storico della caduta di Cartagine s’intreccia abilmente, direi anzi senza sforzo, quasi per forza naturale degli eventi, la domestica tragedia nella corte d’Asdrubale, il condottiero punico oramai giunto alla decadenza, perché dominato dalla folle passione per la sua seconda moglie, la quale ha in lui soffocato il sentimento del dovere e la civica abnegazione. [...] L\'intreccio di cui piacemi dire l\'abilità rivela soda classica coltura alleata a sentimento poetico, e merita una lode l’autore professore Volante, l’indimenticato poeta del Sempione. L\'esecuzione perfetta sì singola che collettiva. Di questa ultima ammirabile il concerto d\'azione simultanea da parte del comparsame, specie nella scena finale dell\'assedio, ed in quella del combattimento navale. Di coreografico magico effetto la visione di quella città, dominatrice sui mari, che va crollando sotto i colpi dell\'esercito assalitore. Quanto ai singoli interpreti vorrei citare a titolo d\'onore la maggior parte di essi, ma per tirannia di spazio debbo limitarmi ad accennare alla signora Valdata Vaniron [sic], in una parte ingrata, e della signora Tettoni Fiorio la quale alla parte di Miarka largì il raro contributo di dolcezza e passione. Tra gli uomini va segnalato il Donadio, il popolare attore argentino, che della parte d’Ibraim, fece una vera e propria creazione riuscendo efficace ed insieme umano sì negli episodi di veemenza, come in quelli di amore. Dotato di bella figura, d\'espressiva e mobile fisionomia, d\'elegante portamento, nonché di studio e intelligenza e di coltura, questo giovane attore argentino vanta tutte le doti per raggiungere meritatamente la più fulgida meta. [...] Ciò che costituisce il precipuo merito di questa mirabile e grandiosa concezione filmica si è che l’apparato scenico della superba mitica rievocazione, si intreccia efficacemente ed esteticamente alla più esatta riproduzione etnografica di evi che possono oramai dirsi remoti; e Delenda Carthago risponde a tutte le esigenze d’arte e di vita, di plastica ed imponenza, armonizzanti in un prisma sfolgorante d’amore, di bellezza e poesia» (E. Bersten, “Il Maggese Cinematografico”, a. II, n. 13, 10.7.1914).
«Il film storico della S.A. Ambrosio, che fa parte della serie teatrale, ha in sé infatti tanti molteplici elementi di successo per costituire un vero spettacolo di teatro. Va davvero escluso ogni precedente, obliata altra ricostruzione storica, all’ammirare questo film sapientemente tracciato e fedelmente eseguito! Sono quadri palpitanti di vita, situazioni imponenti di conquista, episodii d’amore e di dolore, che si alternano con vivacità e verismo... e poi il grandioso epilogo seguito dal trionfo del grande impero. Alcuni dei quadri, che si succedono sullo schermo rappresentano, anche dal punto di vista tecnico, un miracolo cinematografico. La bellezza dei quadri, la nitidezza della visione, l’intensità della passione del dramma, la magnificenza dello sfondo, la riproduzione fedele dei costumi di Roma, la visione di Roma vittoriosa, solenne nella sua maestà imperatoria, grandiosa nei suoi trionfi, nella sua forza, tutto contribuisce al lunghissimo film un fascino speciale. Questo lavoro, che aggiungerà certamente ancor pregio alla grande ed ammirevole Casa Ambrosio, ha riportato un successo non mai visto» (inasittA olatI [Italo Attisani], “Il Maggese Cinematografico”, a. III, n. 1, 15.1.1915).
Scheda a cura di Azzurra Camoglio
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