Regia Sergio Martino
Soggetto Sergio Martino, Mimmo Rafele, Nicola Ravera Rafele, Sauro Scavolini
Sceneggiatura Mimmo Rafele, Nicola Ravera Rafele
Fotografia Bruno Cascio
Musica originale Daniele Cestana, Pivio De Scalzi, Aldo De Scalzi
Montaggio Eugenio Alabiso
Scenografia Michele Massimo Tarantini
Costumi Stefania Svizzeretto
Trucco Giulio Natalucci
Aiuto regia Giovanni Tannini
Interpreti Enzo De Caro (Carlo Corsi), Mirco Petrini (Marco Corsi), Aisha Cerami (Marta Normanni), Elena Bouryka (Diana), Manuele Labate (Andrea Martini), Rosa Pianeta (Anna), Alberto Gimignani (Romiti), Toni Garrani (avvocato Colombo), Ray Lovelock (Massimo Normanni), Felice Andreasi, Eleonora Ivone, Marina Viro, Dario Leone, Claudia Penoni
Produttore esecutivo Enrico Gabutti
Produzione Fabrizio Zappi per Rai Fiction, Luciano Martino per Dania Film
Note Miniserie in due puntate di 90' ognuna trasmessa da RaiDue in prime time Mercoledì 2 e Giovedì 3 gennaio 2002 (media d'ascolto: 5.222.000; share: 17,67% - 21,63%).
Suono Stereo Dolby Digital; organizzazione generale: Massimo Manasse.
Mini serie televisiva girata in varie località: Viterbo, Brescia, Torino e Roma.
Realizzata con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.
Sinossi
Il diciassettenne Marco rincorre una passione, il gioco del calcio; suo padre Carlo, l’allenatore della squadra (il quale ha in precedenza smascherato un caso di doping), crede che non esistano le passioni, ma solo i sacrifici. Questi universi dissonanti entrano in conflitto dopo una partita del campionato di serie A che Marco risolve all’ultimo secondo, da vero fuoriclasse. Sudore e fatica rubano la gioia di vivere e di giocare, gli allenamenti macinano gli affetti: stanco dello stress, intimorito dalle aspettative del padre, Marco decide di alleviare la stanchezza con qualche sostanza dopante. È l’inizio della fine. Il ragazzo ha un grave incidente ad una gamba e deve appendere le scarpe al chiodo, mentre Carlo viene esonerato dalla squadra e abbandonato dalla moglie. Ricominciare non è semplice. E forse non c’è nemmeno la voglia di riprovare. Eppure, con l’aiuto del presidente di una piccola squadra, Achille Manni e con la scoperta che vincere non è l’unico obiettivo della vita, qualcosa si può ancora sperare. Magari all’ultimo minuto. Prima che il destino fischi per sempre la fine della partita.
Dichiarazioni
«In questo caso attraverso il calcio volevamo recuperare la dimensione romantica della vita. Ed anche l’esperienza di una piccola società di provincia che assurge al massimo campionato di calcio nazionale mi sembra una felice intuizione la cui attualità è evidente nell’attuale campionato di serie A. […] La fatica più grande nel girare L’ultimo rigore è stata quella di tenere a freno gli slanci agonistici di attori e comparse che sul campo non volevano mai smettere di giocare a calcio, nemmeno nelle pause tra un ciak e l’altro» (S. Martino, www.film.it).
«È una storia che fa luce sul giro sommerso del calcio scommesse, un’altra incursione nel mondo del calcio, che è sempre un bellissimo spettacolo però, sta arrivando ad un punto di non ritorno, nel senso che gli interessi sono talmente tanti che non è più uno sport ma è diventato un grosso affare. Mi piace interpretare un po’ quello che è il senso comune attraverso il mio personaggio: questo allenatore che ama profondamente il calcio come sport e si trova ad avere a che fare con una situazione davvero inquietante, alla quale fa fatica a credere. […] Corsi accetta di fare il mister di una squadra professionistica perché sente che può ancora contribuire a migliorare l'ambiente. A un certo punto però si rende conto che non è possibile far vincere una squadra che ha deciso di voler perdere» (E. De Caro, www.raifiction.rai.it).
«L'ultimo rigore, trasmesso nel periodo post-natalizio da RaiDue, è una delle rare fiction domestiche di argomento sportivo: si ispira all'attualità (il doping degli atleti) per raccontare una storia di rivalsa personale e di conflitto intergenerazionale nell'ambiente spietatamente competitivo delle grandi squadre di calcio. […] Ibridato alla storia ascrivibile al genere sportivo, c'è poi il melodramma, le cui leggi regolano il rapporto tra i due protagonisti. Un melodramma paterno, in questo caso: Carlo non denuncia il suo vice alla magistratura per salvare Marco; l'incidente - di cui Carlo si sente responsabile - segnerà un distacco profondo tra padre e figlio, tra rancori e sensi di colpa. La prima parte della miniserie è quella che meglio riesce a coniugare queste due componenti, mentre la seconda si concentra sul difficile percorso del protagonista per ritrovare dentro di sé la forza di credere ancora nei suoi ideali: qui il tema più legato alla cronaca, quello degli atleti drogati, scompare quasi completamente per lasciare il campo a un apologo sul potere della volizione: i protagonisti sacrificano ogni cosa per vincere una sfida apparentemente impossibile per poi, come David contro Golia, uscirne vincitori. […] La riconciliazione avviene sul campo da gioco, dove sarà proprio Marco a segnare il rigore della vittoria. Questo doppio lieto fine, perfettamente coerente con tutto quanto lo aveva preceduto, si rivela però soltanto un sottofinale, alterando l'equilibrio della storia: l'abbandono dei due protagonisti subito dopo aver conseguito la vittoria tanto sofferta […] è un inutile tributo allo spirito anticompetitivo e anti acquisitivo di tanta fiction Tv domestica. […] L'ultimo règore è comunque un prodotto di buona qualità nei suoi diversi aspetti, non ultimo una riuscita scelta del cast. Gli ascolti discreti e in crescita, in un periodo defilato come i primissimi giorni dell'anno, confermano la sua riuscita» (F. Vassallo, in M. Buonanno, a cura, Storie e memorie. La fiction italiana. L’Italia nella fiction. Anno quattordicesimo, Eri, Roma, 2003).
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