Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, parte dal Piemonte per raggiungere le cittadine siciliane (Castelvetrano, Corleone, San Giuseppe Jato) dove in un recente passato la mafia aveva edificato lussuose ville, alberghi e palazzi, appartamenti ecc... Attraverso l’applicazione della legge 109/96 per un riutilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia, queste strutture, restituite alla collettività, si trasformano in occasione di salvezza, lavoro e solidarietà, allontanandosi per sempre da un passato fatto di violenza, prevaricazione, morte e soprusi.
«L’impulso a fare il film mi venne da un incontro con Luigi Ciotti. All’epoca stavo girando Abdellah e i suoi fratelli, e avevo chiesto a Ciotti una testimonianza sull'immigrazione. Quel giorno Luigi ci portò nella vecchia sede del Gruppo Abele in via Giolitti e cominciò a raccontarci dell'attività di "Libera". Al momento del congedo regalò a me e alle persone della troupe una bottiglia dell'olio prodotto da una cooperativa di ex tossicodipendenti che lavora negli uliveti confiscati a Bernardo Provenzano. Tutti noi provammo una forte emozione nel reggere quella bottiglia d'olio... La lotta alla mafia è stata a lungo un "affare" di magistratura e forze dell'ordine. Solo negli anni Novanta, dopo le stragi, si è compreso che l'azione repressiva era essenziale ma non sufficiente. Bisognava dissodare il terreno di coltura della mafia, impedire che, nonostante le inchieste e gli arresti, la mentalità mafiosa continuasse a rigenerarsi. Ecco allora la nascita di "Libera", espressione poliedrica di una società civile disposta a sporcarsi le mani, a combattere la mafia in prima persona» (A. Ceste, “Narcomafie” n. 12, novembre 2002).
«Dopo aver girato per settimane, per raccogliere ore di materiale filmato e testimonianze, in quelle terre difficili dove dominano ancora la prepotenza, la paura, la rassegnazione, avevo deciso in un momento di sconforto di cambiare il titolo del film in Amaraterra. Ho scelto alla fine di lasciare quello iniziale, come un segnale di speranza e di omaggio a tutti quegli uomini, donne, ragazzi, noti e meno noti (a cui il film è dedicato), che in quelle terre lottano quotidianamente con molto coraggio per realizzare una vita migliore» (A. Ceste, www.esiba.it).