Le riprese di questo documentario sono state effettuate per conto del Festival CinemAmbiente di Torino.
«Non è strano ascoltare un uomo che narra i suoi viaggi in una stanza chiusa. Non è triste: lui nei laggiù del mondo ci ha messo piede e ha incontrato mani da serrare nelle sue. Però racconti come questi vanno ascoltati di sera, meglio se d’inverno, meglio se con poca luce e con un vino che s’incarica di fare ragionare gli occhi e indurli a immaginare. E nella stanza bisogna che ci sia anche un bambino, che non interrompa, però che sappia domandare, un bambino saggio, poi uno di noi che non è mai andato nei posti assortiti promessi dai viaggi, poi una donna che un poco dà retta e un poco lascia le mani fare qualche cosa, poi ancora un cane che ogni tanto muove la coda riconoscendo nel racconto dell’uomo il passaggio di un collega d’oltremare. Ecco, in una sera giusta come questa Adriano Sofri, la Terra del Fuoco e il tumultuoso intruglio procurato dall’urto di due oceani potrebbero essere ospiti di gente così, e ripagare il letto con le storie. Ma una stanza messa a disposizione dal direttore di un carcere per svolgere, secondo procedura, intervista al detenuto Sofri Adriano con il richiedente Ceste Armando è posto improprio per darsi ai ricordi. Protesto contro la vita che ha allestito questa scenografia, con i goffi autori di questa puntata della residenza di Sofri. Con tutta la mia biologia protesto contro gli scrittori di sentenze che piazzano uomini tarantolati, svelti di gambe, curiosi di geografia e di umanità in stanze di lungodegenti, in corsie sbarrate dentro il lazzaretto dei pericolosi, dai quali il popolo italiano deve tenersi a bada» (E. De Luca, www.torinofilmfest.org).
«Wong Kar Wei approdava al faro di Ushuaia per depositare le sue tristi storie, viceversa Adriano Sofri scontò nel ´91 un pellegrinaggio propedeutico alla Fin de Mundo, dove, lui, predestinato alla reclusione, fu ammaliato dalla struttura del penitenziario, che aveva ospitato anarchici come Simon Radowitzky (giustiziere del Capo della Polizia di Buenos Aires il primo maggio 1909) e serial killer, Gardel e Petisso. [...] Quello che ha maggiormente colpito l´intellettuale italiano, confessa in un´intervista rilasciata in carcere e filmata da Armando Ceste il 26 maggio 1998, fu la percezione di una terra estrema in ogni sua manifestazione, dove la fin de mundo è avvenuta già più volte e questo ha disteso un velo di tristezza, descritto splendidamente dai grigi della fotografia di De Agostini, che fonde il nitore dell´algido blocco di ghiaccio fragorosamente staccato dal Perito Moreno con le plumbee nuvole specchiate nel calmo grigiore della baia: una gamma di grigi che incute timore eppure restituisce calma e languore a migliaia di chilometri dal tango porteño, laddove non può dare serenità; lo struggimento trasmesso da questa terra, su cui aleggia Volver di Gardel nel finale del video di Ceste, è acuito dalla presenza del penitenziario, ormai riattato a museo etno-oceanografico. Infatti, come recepisce acutamente Sofri, lì si va per sentire la presenza di quello che esisteva, non solo e non tanto per quello che c´è. E ciò che rimane sono tutte le storie del mondo, che una volta consumate vengono scaricate laggiù; ma spesso anche gli uomini rimangono impigliati nelle sensazioni nascoste in quel luogo. È sintomatico che il sequestrato a Pisa coi suoi due compagni non ricordi o neghi che sia mai riuscita una fuga da quel carcere, invece una delle innumerevoli storie fuegine ricorda che un contrabbandiere anarchico di origine napoletana riuscì a trasportare lontano alcuni detenuti politici sfuggiti dal mitico penitenziario: forse da parte del leader di Lotta Continua si tratta di scaramanzia, o forse preferisce pensare che il posto assegnatogli dal destino è in cella a custodire le storie apprese nei suoi viaggi, sedimentate nel film e pubblilcate nei racconti di Coloane e nelle novelle di Sepulveda. Nelle poesie di Neruda, nei miti incarnati dai ribelli mai integrati dai civilizzatori o sedicenti tali, che evangelizzarono distruggendo abitudini, ottenendo di minare nel fisico gli indios, e corrompere l´ambiente» (J.P. Feinmann, www.cinemah.com).