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Cortometraggi e Documentari |
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Fiatamlet
Italia, 2003, Betacam, 70', Colore
Altri titoli: A Fiat Hamlet
Regia Armando Ceste
Soggetto Armando Ceste, da “Amleto” di William Shakespeare
Sceneggiatura Armando Ceste, Beppe Rosso
Fotografia Armando Ceste, Adonella Marena
Suono Arno Wagner
Montaggio Roberto Allegro
Interpreti Beppe Rosso, Marco Revelli, Gabriele Vacis, Valentino Castellani, Giovanni Moretti, Angelo D'Orsi, Massimo Novelli, Sergio Cusani, Stefania Pepe, Giorgio Airaudo, Luca Rastello, Mimmo Polzella, Dayana Bellovino, Salvatore Brescia, Giovanni D'Onofrio
Produzione AC/Cinema&Video
Note Il film è dedicato a Carmelo Bene.
Sinossi
Tra le vecchie fabbriche abbandonate della periferia industriale l’attore Beppe Rosso e il sociologo Marco Revelli sono le guide in un viaggio attraverso la Torino post-industriale, cercando di ritrovare la memoria di un lavoro che non esiste più.
Dichiarazioni
«All’alba di sabato 25 gennaio 2003 nella sua villa della collina torinese moriva l’avvocato Giovanni Agnelli. Quasi tutti, giornali, televisioni. Sociologi ma anche gente comune, dissero che era morto un re. Un’ora dopo la morte una riunione di famiglia sanciva l’investitura al "trono" del fratello Umberto. Un perfetto incrocio tra Shakespeare e Dinasty. La morte dell’ "Avvocato" ci libera dal rapporto odio-amore con il padrone per antonomasia, con la personaficazione del capitale, con Agnelli finisce davvero il fordismo, il torinesismo gramsciano della classe operaia. Un sigillo tombale apposto ad una storia chiusa ed irrepetibile. Proprio da quella morte nasce l’idea di una messa in scena teatrale che prendendo spunto dall’ Amleto di Shakespeare racconti la fine di un’epoca, ma anche del funerale dell’industria automobilistica e della Fiat, la fine di un modello di lavoro, di produzione di una classe operaia come motore, per più di un secolo, della storia di questa città fabbrica. Tra le vecchie fabbriche abbandonate della periferia industriale della città un attore, Beppe Rosso, e un sociologo, Marco Revelli, faranno da "guida" in questo viaggio nella Torino post-industriale del nuovo secolo, cercando di ritrovare una memoria, in quei luoghi, di un lavoro che non esiste più. Ponendo dubbi e domande Beppe Rosso sentirà le testimonianze di molti rappresentanti della cultura e della politica della città, ma coinvolgerà nella messa in scena dell’Amleto anche un gruppo di operai messi in cassa integrazione in questi ultimi mesi dalla Fiat e da altre fabbriche. Amleto: "Ho udito che delle persone colpevoli, assistendo ad una rappresentazione, a causa dello stesso artificio messo in scena, furon così turbate fin nel profondo dell’anima, da confessar pubblicamente e senza indugio i loro crimini. La rappresentazione del dramma sarà la cosa con cui coglierò in trappola la coscienza del re". William Shakespeare, Hamlet, atto II°, scena secondai» (A. Ceste, www.scidecom.org)
Tra le vecchie fabbriche abbandonate della periferia industriale della città un attore, Beppe Rosso, e un sociologo, Marco Revelli, fanno da "guida" in questo viaggio nella Torino post-industriale del nuovo secolo, cercando di ritrovare una memoria, in quei luoghi, di un lavoro che non esiste più. Ponendo dubbi e domande, Beppe Rosso sente le testimonianze di molti rappresentanti della cultura e della politica della città, ma coinvolge nella messa in scena dell'Amleto un gruppo di operai messi in cassa integrazione dalla Fiat e da altre fabbriche. Il sociologo Marco Revelli ricorda tra l'altro come la Fiat non abbia saputo passare da una fase di padronato ad una più imprenditoriale (uno dei maggiori tra i vari errori strategici imputati all'azienda e considerati come motivo dell'attuale crisi; altri errori sembra che siano stati la decisione di puntare sulla produzione piuttosto che sul prodotto e di aver provocato lo smantellamento della classe operaia con la crisi dell'autunno 1980). Amleto: "Ho udito che delle persone colpevoli, assistendo ad una rappresentazione, a causa dello stesso artificio messo in scena, furon così turbate fin nel profondo dell'anima, da confessar pubblicamente e senza indugio i loro crimini. La rappresentazione del dramma sarà la cosa con cui coglierò in trappola la coscienza del re" (William Shakespeare, Hamlet, atto ll, scena Il).
«La vecchia città Fiat non esiste più, al suo posto sta nascendo un nuovo territorio urbano dalla forma e dall’identità ancora poco districabili, perlomeno nel confronto con il passato industriale. Ora Torino attraversa una (necessaria) fase di passaggio, tipicamente simile a quella che stanno vivendo altre città industrializzate del mondo occidentale; i suoi governanti puntano in modo particolare sul terziario e su eventi quale quello delle Olimpiadi invernali del 2006 (si preferisce quindi l’edilizia eccezionale alla ristrutturazione organica); in sintesi: Torino vive il passaggio da una fase di fordismo ad una di post-fordismo. Il Lingotto è l’emblema di questo trapasso perché se prima era il luogo per eccellenza della produzione ora è principalmente un luogo del consumo. Fiatamlet mostra alcune immagini della vecchia fabbrica simbolo della Fiat (anche con materiale di repertorio). […] Il sociologo Marco Revelli ricorda tra l’altro come la Fiat non abbia saputo passare da una fase di padronato ad una più imprenditoriale (uno dei maggiori tra i vari errori strategici imputati all’azienda e considerati come motivo dell’attuale crisi; altri errori sembra che siano stati la decisione di puntare sulla produzione piuttosto che sul prodotto e di aver provocato lo smantellamento della classe operaia con la crisi dell’autunno 1980). Quindi la morte di Giovanni Agnelli e il simbolo Lingotto (trasformato in modo tale da nasconderne il passato operaio) vengono presi come punto di partenza per il discorso sulla mutazione di Torino e sulla fantasmaticità del passato. Ceste individua nella vecchia Torino, strutturata in funzione delle fabbriche Fiat, e nel vecchio orgoglio operaio (simbolo e spinta propulsiva per anni della lotta di classe di tutta Italia), i due fantasmi che si aggirano nella nuova città e che sono ignorati dalla nuova mentalità. In questa direzione inserisce il piano parallelo del fantasma del padre di Amleto, confronto proposto e portato avanti nel corso del documentario dall’attore Beppe Rosso, personaggio-guida del film. Come il fantasma dell’Amleto scespiriano, anche il fantasma della vecchia Torino è stato dimenticato, e se proprio non chiede vendetta, reclama almeno di essere ricordato (“Ricordati di me!”), di poter lasciare qualche segno. È quello che chiedono lo stesso Ceste insieme a Revelli, a Rosso e ad altri intellettuali torinesi: poter dare visibilità al loro discorso sulla memoria, al tentativo che portano avanti da anni - e che quindi colloca Fiatamlet come il frammento di un lungo discorso - per non far dimenticare il passato di Torino. […] Il film è dedicato a Carmelo Bene, da poco scomparso al tempo della prima proiezione e durante il documentario si vedono in vari momenti estratti dalle sue numerose riletture dell’ Amleto» (A. Aniballi, www.cinemavvenire.it, 3.12.2003).
Scheda a cura di Vittorio Sclaverani
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