Regia Davide Sordella
Soggetto Davide Sordella
Sceneggiatura Davide Sordella
Fotografia Diego Rodriguez
Operatore Naoko Tajima
Musiche di repertorio L.V. Beethoven, Rachmaninov, B. Gibbons
Suono Alessandro Celli
Trucco Kathryn Fa
Interpreti Fabrizio Gifuni (Sergio), Fabrizio Rongione (Roberto), Barbora Bobulova (Lella)
Produzione Flavio Sordella, Anna Maria Allasia per 011 Films
Distribuzione R.V.EN.
Note Anno di produzione: 2003. Visto censura n. 99.431 del 29.11.2005; 2.223 metri.
Titolo di lavorazione: Fratelli di sangue; assistente operatore: Rohit Reuben Prabho, Stewart Bacon; suono in presa diretta; montaggio del suono: Marco Furlani; boom operator: Bindy Pradhan; Co-producers: Gianna Gancia, Rob Wilson; gaffer: Adriano Castoro.
Le riprese sono state effettuate a Fossano (Cuneo).
Il progetto del film è stato presentato da Sordella come Tesi di laurea alla London International Film School, dove si è diplomato nel 2002.
Il film è stato girato in due settimane e mezzo e, durante la preparazione delle riprese, i tre attori hanno vissuto nello stesso appartamento, chiamandosi solo e sempre con il nome dei personaggi.
Sinossi
Mentre ai piani superiori il resto della famiglia sta preparando il pranzo natalizio, in cantina Sergio ritrova il fratello minore e la sorellastra che non vede dalla notte di Natale di dieci anni prima, dopo la quale ha deciso di lasciare l’Italia per trasferirsi a Londra. Cosa successe quella notte? Mentre una radio trasmette telefonate degli ascoltatori, i tre fratelli mettono in scena una specie di “roulette russa” per rivelare a turno le verità tenute nascoste per troppo tempo.
Dichiarazioni
«Quando ho cominciato a pensare allo sviluppo di questo film, mi sono basato essenzialmente su tre concetti: il passato, la famiglia ed il Natale. Da qui nasce tutto quello che avete visto. Ovviamente il film prende molto da quelle che sono state le mie esperienze personali e le rielabora con argomenti invece prettamente di fantasia. [...] Ho sempre pensato che i registi siano dei privilegiati in quanto possono trasmettere i proprio sogni ad altri e condividerli con loro. Ogni volta che assisto in una sala pubblica ad un mio film, la sensazione che mi capita di provare è quella di aver dormito tutti insieme e di aver fatto lo stesso sogno: il mio. Inoltre, grazie alla possibilità di poter riversare su pellicola le proprie frustrazioni ed i propri interrogativi, si riesce ad approfittare di una valvola di sfogo che non tutti riescono a trovare nella vita, e questo è molto importante per aiutarti ad andare avanti un po' più leggero: i film rappresentano il mio analista. [...] I tre attori hanno preso molto a cuore la pellicola ed hanno convissuto per più di un mese, proprio per immedesimarsi al massimo nelle parti. Le riprese sono durate due settimane, anche a causa dei mezzi tecnici piuttosto poveri (una sola location ed una macchina da presa). Ho puntato molto sull'improvvisazione ed in questo tutti gli attori, soprattutto Fabrizio Rongione, hanno contribuito al punto da farmi decidere di apportare delle modifiche importanti alla sceneggiatura» (D. Sordella, www.cinema.castlerock.it/interviste).
«Primo lungometraggio di un regista piemontese che ha girato il mondo realizzando documentari e spot pubblicitari socialmente utili, Fratelli di sangue (inizialmente La Radio) è nato come tesi di laurea per la London International Film School diretta da Mike Leigh. Eppure, nonostante la preparazione cosmopolita di Davide Sordella - comune tra l\'altro anche a Barbora Bobulova e Fabrizio Rongione - sembra un film profondamente italiano, nella struttura come nelle tematiche. Le inquietudini familiari e il malessere della società sono infatti temi comuni a certo nostro cinema, ma Sordella prova a raccontarceli con stile diverso, ricercato ma non fine a se stesso, e anche se la conclusione potrà lasciare perplesso più d\'uno, lo fa in modo appassionato e interessante. Trattandosi di un film interamente girato in una sola stanza, e con tre soli personaggi in scena per tutto il tempo, una recitazione non convincente da parte degli attori avrebbe reso impossibile la buona riuscita della pellicola. Invece, al di là dell\'accento francese di Rongione, i protagonisti sono bravi ed efficaci. Per quanto i dialoghi non sempre suonino realistici, alcuni scambi sono davvero ottimi e comunque i tre attori recitano sempre con la giusta intensità. In particolare Fabrizio Gifuni offre una prestazione magistrale, che dovrebbe ricordare al cinema italiano “importante” quanto bravo questo attore sia, soprattutto rispetto a colleghi ben più pubblicizzati. Supportato da un ottimo lavoro di montaggio, Fratelli di sangue riesce ad avvolgere lo spettatore in una vicenda complessa e in un\'atmosfera torbida che riflette perfettamente la radio aperta che fa da sottofondo a tutto il film: l\'odio cova nel silenzio, nel non detto, ma una volta aperto il cancello, non si riesce più a stare zitti... » (www.cinefile.biz/radio.htm).
«Sordella è quel che si dice una giovane promessa. Formatosi come documentarista sociale e videomaker in Bolivia prima, all’International Film School di Londra poi, ha vinto qualche premio per alcuni cortometraggi, ha sviluppato la sua tesi londinese in questo lungometraggio, La radio, ed ha già un nuovo film quasi pronto che spera di portare presto in sala. Come molti esordienti, ha dovuto dimostrare tanta inventiva ed avere una grande fortuna nel trovare le persone giuste con cui sviluppare il suo progetto. Ci riferiamo sia alla troupe internazionale raccolta dal regista sia soprattutto all’ottimo trio di attori, i quali si sono appassionati al progetto ed hanno palpabilmente messo in gioco se stessi nel film: con questi Sordella si è inoltre dovuto mettere in cooperativa per riuscire a realizzare il suo primo lungometraggio senza fondi pubblici o l’intervento di produttori esterni, in Italia per lo più latitanti. [...] Sordella non ha rinunciato a girare in pellicola e a lavorare con essa sui flashback e gli scatti dei protagonisti, pur nella poco luminosa e claustrofobica ambientazione dello scantinato, unico set, ideale per sperimentazioni non troppo costose, facendo così un bel film di quello che potrebbe ancora essere un buon radiodramma o una pièce teatrale. Come la storia che racconta, anche il film è iniziato dieci anni fa quando Sordella ha lasciato l’Italia portandosi dietro un nastro con le registrazioni di alcune delle telefonate che Radio Radicale trasmetteva senza filtri nell’estate del 1986. Alcuni si ricorderanno di quando la radio, in grosse difficoltà economiche, lasciò aperta la sua segreteria per raccogliere messaggi di solidarietà che si rivelarono poi una minima parte delle oltre mille telefonate al giorno ricevute da tutt’Italia: si trattò infatti per lo più di insulti, minacce, sfoghi razzisti o qualunquistici. Una vicenda che ha ispirato da lontano questo film e che, concatenandosi al soggetto familiare, si ripresenta al suo interno come un documento unico ed agghiacciante sulle tensioni politiche e la violenza più o meno repressa del nostro paese, che a distanza di vent’anni non è detto sia tanto cambiato» (www.cinema.dada.net/primevisioni).
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