Una bimba keniota e una italiana si ritrovano compagne di stanza in ospedale dove sono state ricoverate per il medesimo intervento chirurgico. Ma differente è, invece, il modo di affrontare questa esperienza, a causa del diverso background che le bambine hanno alle spalle. Due diversi mondi scorrono paralleli, senza toccarsi mai, proprio come le due piccole: fisicamente vicine ma lontane per stile di vita e pensiero, divise all'incomunicabilità causata dalla lingua.
«Kima è uno dei tanti modi per raccontare una realtà molto diversa dalla quella a cui siamo abituati. E i bambini sono una spruzzata di spontaneità e realismo che ci aiuta ad avvicinarci con semplicità a quel mondo che è ancora molto lontano da noi. Volevo che la lingua swahili fosse presente nel film per rappresentare la forza dell’Africa o, almeno, di una parte di essa. Quello del Kenya è un problema comune a tante Nazioni africane, ma è straordinario vedere come le precarie condizioni di vita non influiscano sulla serenità della gente che ogni giorno affronta giornate difficili» (F. Paganin, Dichiarazione originale, 2009).