Altri titoli: Two Friends
Regia Spiro Scimone, Francesco Sframeli
Soggetto dal testo teatrale "Nunzio" di Spiro Scimone
Sceneggiatura Spiro Scimone
Fotografia Blasco Giurato
Operatore Giovanni Gebbia
Musica originale Andrea Morricone
Musiche di repertorio V. Rossi, B. Baldassarri, G. Curreri, G. Panceri, L. Dalla, Ceglie, Nisa
Suono Marco Tidu, Vito Martinetti
Montaggio Massimo Quaglia
Effetti speciali Germano Natali, Fabio Massimo Traversari
Scenografia Eleonora Ponzoni
Costumi Carolina Olcese
Trucco Rosabella Russo
Aiuto regia Manolita Cipparrone
Interpreti Spiro Scimone (Pino), Francesco Sframeli (Nunzio), Felice Andreasi (padrone di casa), Sara Bertelà (Angela, la prostituta), Teresa Saponangelo (Maria), Roberto Citran (negoziante di elettrodomestici), Valerio Binasco (Andrea, il barista), Armando Pugliese (pescivendolo), Gianfelice Imparato (malato), Franco Ravera (operaio), Nicola Rignanese (portiere), Germano Comina (garzone), Francesco Chiara (operaio), Tano Cimarosa (pensionato)
Casting Filippo Della Valle, Gianfranco Cazzola
Ispettore di produzione Simona Vescovi, Katia Franco
Produttore esecutivo stripslashes(Giuseppe Tornatore)
Produzione Medusa Film, Sciarlò, con la partecipazione di Tele +
Distribuzione Medusa
Note 2006 metri.
Operatore steadycam: Andrea Zoli; canzoni: V. Rossi (Una nuova canzone per lei), B. Baldassarri, G. Curreri (Volo d’amore), G. Panceri (Un qualunque posto - fuori o dentro di te), Lucio Dalla (Tu non mi basti mai), Ceglie, Nisa (Oi Marì); suono in presa diretta Dolby SR; assistenti alla regia: Manolita Cipparrone, Stefano Bozzo.
Il film ha ottenuto il patrocinio della Città di Torino ed è stato realizzato con la collaborazione della Film Commission Torino Piemonte.
Il film ha vinto il premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentis” – Leone del Futuro alla 59° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia (2002).
Sinossi
Pino e Nunzio, immigrati messinesi, vivono insieme alla periferia di Torino e comunicano poco tra di loro; il primo è un killer diffidente, spesso impegnato in viaggi misteriosi, il secondo è un operaio dolce, ingenuo e chiacchierone che lavora in una fabbrica di vernici dove si ammala gravemente a causa di sostanze tossiche. Nunzio conosce una ragazza, Maria, e vorrebbe conquistarla, ma lei inizia una relazione con un altro uomo, conosciuto tramite un programma radiofonico ascoltato con un apparecchio che lo stesso Nunzio le ha regalato. La malattia e l’esito infelice della storia d’amore provocano un cambiamento nel rapporto tra i due uomini: inizia a aprirsi una vera comunicazione e ad instaurarsi un rapporto d’amicizia. Pino abbandona il suo lavoro eliminando la persona che gli affida le missioni criminali e torna in Sicilia, portando con sé l’amico.
Dichiarazioni
«L’idea è stata di Giuseppe Tornatore. Quando ha letto i miei scritti teatrali, sia Nunzio che Bar è rimasto molto colpito, e mi ha chiesto di buttare giù una sceneggiarura per un film. Anche se lui vedeva più cinematografico Bar, io mi sono messo a lavorare su Nunzio e, quando ha letto la prima stesura, ha detto che era una bella base di partenza. Poi c’è stato tanto altro lavoro e spesso ho provato anche a chiedere aiuto a lui, ma mi rispondeva sempre che dovevo prendermi il tempo necessario per scriverla, perché solo io sarei riuscito a trovare la chiave giusta di certe scene. Per questo ha voluto anche che la regia fosse mia e di Francesco. […] ci sono delle differenze: per esempio mentre in Due amici è Nunzio ad incontrare una ragazza, nel testo originario solo Pino ha rapporti con l’altro sesso. E poi il finale è totalmente diverso, perché nella pièce teatrale non c’è nessuna speranza per i due amici, mentre nel film Pino e Nunzio sono in pericolo, ma partono insieme. Non si sa se si salveranno, ma hanno dalla loro l’amicizia che li lega» (S. Scimone, www.centraldocinema.it/Festival/Venezia/2002/incontro_con_spiro_scimone.htm).
Due amici è stato realizzato sviluppando il copione di uno spettacolo teatrale, Nunzio, scritto da Spiro Scimone nel 1994 e portato in scena nel 1994 dallo stesso Scimone insieme a Francesco Sframeli con la regia di Carlo Cecchi. Non era facile trarre un film da un Kammerspiel tutto ambientato nella cucina di un appartamento periferico, con due soli personaggi che sembrano muoversi e parlare in una dimensione assurda quasi beckettiana. Del testo teatrale il film conserva la nitidezza con cui questi due protagonisti sono delineati psicologicamente, si popola di vari altri personaggi e si arricchisce di nuove situazioni, ma il nucleo drammatico centrale resta il medesimo. Le barriere del palcoscenico teatrale vengono distrutte e si aprono gli ampi spazi dei quartieri torinesi ove i due protagonisti si muovono con disinvoltura; è soprattutto il personaggio di Nunzio «a cercare di tramutarsi in corpo cinematografico, comunicando quel proprio senso di estraneità/disagio rispetto al luogo» (S. Emiliani, “Cineforum”, n. 419, 2002).
Con grande bravura i due attori/registi messinesi riescono a trasformare i loro ruoli drammaturgici in corpi che possiedono un’evidenza tutta cinematografica e realizzano un film che non è affatto teatro filmato: «sorpresa, la cinepresa vola, il montaggio propone soluzioni non banali, la narrazione si nutre di tormentoni verbali e visivi che fanno pensare a un'idea di cinema solida e sicura, che sa bene cosa ottenere dal proprio sguardo» (A. Fittante, “Film Tv”, 10.9.2002).
Scimone e Sframeli appaiono davvero in possesso degli strumenti espressivi che il cinema mette a loro disposizione: si veda per esempio «l’utilizzo della canzone di Vasco Rossi che si trasforma da diegetica, nel momento in cui viene trasmessa dalla radio che ha in mano Nunzio, a extradiegetica, quando viene successivamente utilizzata come colonna sonora» (S. Emiliani, Op. cit.).
Al ritmo cinematografico fanno da contrappeso i lunghi dialoghi tra Pino e Nunzio, con cui entrambi cercano di combattere solitudine e incomunicabilità, temi centrali dell’opera. Molto diversi caratterialmente, i protagonisti trovano nell’idioma della propria terra d’origine un punto di contatto, base per un’amicizia che pare l’unico mezzo per affrontare un futuro incerto. Nunzio parla continuamente, fa domande all’amico con una curiosa cantilena; Pino risponde brevemente, o non risponde affatto. «Un dialogo paradossale, scandito sui ritmi secchi di un dialetto siculo reinventato con umorismo e ironia: poetico e fiducioso Nunzio parla, fa domande, affabula mentre l’altro, cupo e silenzioso, risponde a monosillabi. Come personaggi di Beckett, evidente modello di Scimone e Sframeli, i due amici vivono estraniati dal mondo, chiusi in una dimensione e in un tempo astratti che appartengono solo a loro: quasi una stanza di giochi ai confini del nulla e della morte». (A. Levantesi, “La Stampa”, 3.9.2002).
Il tema della morte è certamente fondamentale. «Sul film incombe infatti un senso di morte che non viene mai esplicitato. I continui colpi di tosse di Nunzio sono certamente gli insistenti segnali di un “cinema terminale” che producono quasi una sensazione continua di soffocamento. Il registro drammatico però viene continuamene attenuato da una straniata malinconia tipica di Kaurismäki, composta di apparizioni quasi magiche (il modo in cui Nunzio guarda Maria, quasi come essenza irreale) e di personaggi ed eventi che vengono caratterizzati dalla loro monotonia quotidiana» (S. Emiliani, Op. cit.).
«Dopo le prime sequenze si sente la forza di un valido testo teatrale, che i due attori e registi Spiro Scimone (Pino) e Francesco Sframeli (Nunzio) rendono con efficacia. Un testo dalla comicità giocata su di un registro demenziale tirato al limite, tenuto costantemente sul filo del rasoio, ma che non pesa, non cade nel ridicolo. Girato in set metropolitani anonimi (ma ci sembra di riconoscere Torino) tali da trasmettere quel senso di angoscia, di solitudine, di spaesamento, di tristezza, di omologazione dato da certe periferie dei grandi agglomerati urbani. […] Una commedia divertente, scritta con misura che non annoia, neanche quando vediamo Pino ripetersi nei gesti, insistere con le stesse domande che in un diverso contesto iwc replica apparirebbero ossessive. Bravi e misurati tutti gli interpreti, anche le brevi apparizioni sono calibrate al punto giusto; una squadra di professionisti per lo più di formazione teatrale. Da segnalare il cammeo di Felice Andreasi impagabile nel ruolo dello scombinato padrone di casa» (F. Carciofalo, “Film” n. 60, novembre-dicembre 2002).
Efficace nel ruolo di padrone di casa è il bravissimo Felice Andreasi: l’attore profonde la consueta abilità nella parte di un personaggio che elegge a dramma i piccoli problemi di un’esistenza afflitta dal bisogno, al di sopra di cui sembra impossibile elevarsi.
Non mancano segni di solidarietà nella grande città, in particolare nell’ambiente di lavoro frequentato da Nunzio, la fabbrica; il silenzio, però, resta il protagonista della vita dei due amici in una Torino che offre come scenario privilegiato (molto ben fotografato) la Quinta Circoscrizione (zona per tradizione segnata dall’immigrazione), eletta a proprio domicilio dai due amici.
Scheda a cura di Davide Larocca
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