«Quasi sempre per un film, e soprattutto per un documentario, si parte da qualche emozione o esperienza personale. Per me far visita ai due cugini di Cuneo era sempre occasione per ritornare al tempio, che amorevolmente custodivano, anche se in città erano ormai rimaste solo loro. L’ampio salone, il matroneo ormai vuoti da decenni risuonavano comunque nelle mie orecchie dei canti e dei bisbigli dei fedeli che li riempiva sino all’ultima guerra. E l’aula scolastica con i bassi banchi e le lavagne mi apparivano ancora con i bambini intenti ad ascoltare il rabbino, anche se ormai le pareti erano scrostate e le ragnatele la facevano da padrone. Un film su un viaggio nella memoria, alla ricerca delle proprie radici e della propria identità non avrebbe potuto che partire di lì.
Ora comunque quei luoghi non sono più in rovina, ma recuperati all’antico splendore e aperti a iniziative spirituali e culturali, sono tornati a far parte del tessuto sociale e culturale della Regione e della sua Storia» (G. Treves, Dichiarazione originale, 2008).