«Immaginavo qualcosa di meglio quando ho vista la grande réclame che si è fatta per quesa film. Ed il nome della Casa torinese me ne dava buon affidamento. Invece, mi dispiace dirlo, ha provato una grande delusione. Film rivelatore è un lavoro stiracchiato e vuoto. Al giorno d’oggi, per cercare la novità e la nota toccante, è invalso l’uso di introdurre nelle films scene svolte fra animali feroci. Tutti i gusti son gusti, e se il lavoro è ben fatto, anche le bestie (parlo... degli animali feroci) possono... degnamente concorrere a svolgere l’azione. Ma in questo lavoro sono invece gli artisti che concorrono a svolgere l’azione, la quale pare scritta appositamente per la bestia (un bel leone, non c’è che dire). I nostri maestri, quali Verdi, Rossini, ecc., non scrivevano le loro opere appositamente per quel dato cantante? Così
la Casa editrice di questa film, trovandosi in possesso di un bel leone, ha creduto bene di utilizzarlo, intessendo, con le dovute cautele s’intende, intorno alla maestà feroce dell’animale, una serie di scene poco interessanti, riscuotendo l’ammirazione di qualche donna del popolo e di qualche bambino. Il soggetto dunque è poca cosa. Lo svolgimento pure ha qualche grave difetto. Sorprendente la calma dell’operatore Tilly, il quale, con un’audacia degna di miglior causa, si arrampica su un albero in attesa di poter ritrarre la scena della caccia al leone, mentre con ammirevole fiaccane discende quando deve accorrere in aiuto di Des Lys, mortalmente ferito. [...] Aveva forse paura che chinandosi, i calzoni gli prendessero una brutta piega? E perché non si cura anche del compagno di Des Lys, anch’esso colpito mortalmente? Forse perché è un personaggio secondario nell’azione? [...] La parte fotografica, buona nella prima parte, lascia assai a desiderare nelle altre due, specie negli esterni. Il lavoro appartiene alla serie “Serena”, ma è troppo misera l’azione del protagonista perché il Serena vi potesse fare sfoggio delle sue doti di buon attore. Ad ogni modo la sua interpretazione e quella della signorina Jacobini hanno contribuito a rendere meno pesante il lavoro» (Reffe, “La Vita Cinematografica”, a. V, nn. 30/31, 15-22.8.1914).
«Un dramma aristocratico, ma privo d’una certa originalità, e che merita lode per vivezza coreografica di quadri pittoreschi ed emozionanti, come a citarne uno, la caccia al leone, e questi pregi fanno dimenticare alcuni nei che vanno tuttavia segnalati, come ad esempio la troppo evidente rassomiglianza da parere quasi identità di mobilio di due diversi appartamenti; nonché l’abbigliamento non troppo adatto ad una nobile signorina indossato dalla protagonista. Lodevole interprete per distinzione e verità l’attore principale» (E. Bersten, “Il Maggese Cinematografico”, a. II, n. 17, 15.10.1914).