Regia Gianfranco Bianco, Paolo Girola, Stefano Rogliatti
Fotografia Stefano Rogliatti
Musica originale Henoel Grech
Montaggio Stefano Rogliatti
Produzione Associazione Piemontesi nel mondo
Note Questo video esiste anche in una versione ridotta di 50’.
Assistenti al montaggio: Alessandro Decarolis, Emanuela Gabutti; collaborazione alla produzione: Rai, Regione Piemonte, Camera di Commercio di Torino
Il documentario comprende una cinquantina di interviste effettuate a Porto Alegre e Pelotas (Rio Grande do Sul), Rio de Janeiro, San Paolo, Foz do Iguaçu (Paranà), Belo Horizonte, Mariana, Ouro Preto, Betim (Minas Gerais); Salvador (Bahia)..
Sinossi
«Gli autori ci introducono nella realtà brasiliana popolata dalla presenza italiana entrando, nello specifico, nelle vite di alcuni piemontesi e dei discendenti dei primi immigrati. Il documentario, attraverso molte immagini di repertorio, ci permette di conoscere inizialmente il contesto storico-politico del Brasile, a partire proprio dagli anni di maggiore flusso migratorio, cioè alla fine del 1800. Nel 1875 infatti cominciano ad arrivare i primi gruppi di veneti, lombardi e piemontesi e si stabiliscono nella zona di Porto Alegre, fino a creare una delle città più popolate del Brasile: Belo Horizonte. Attraverso una serie di interviste possiamo rivivere indirettamente quei periodi fortemente caratterizzati dai mutamenti sociali ed economici che interessarono questa terra. I protagonisti raccontano l'impatto emotivo con il loro nuovo Paese, ricordano i primi momenti, le difficoltà incontrate nel ricominciare da capo e nel reinventarsi. C'è chi ha aperto un ristorante, diventando uno dei più conosciuti ristoratori della città, o chi ha fondato, come Bauducco, un'operosa industria dolciaria capace di rifornire l'intera America Latina dei suoi prodotti. E poi troviamo un altro genere di emigrati: la Fiat, negli anni Settanta, approda a Belo Horizonte per aprire alcuni stabilimenti. Ingegneri, dirigenti e tecnici, si trasferiscono dal Piemonte alla città brasiliana, portando con sé anche le famiglie, e diventando quindi i “nuovi emigrati”. Per consolidare le radici italiane e restare legati alle origini inoltre venne aperta la Scuola Italiana (sempre istituita dalla Fiat), frequentata sia dai figli dei lavoratori italiani, sia da alcuni studenti brasiliani allo scopo di avvicinarsi alla cultura europea. La presenza italiana non la si trova solo nelle grandi città, ma anche in altri territori, dove occorre assistere i più deboli, gli indigenti. È il caso di Gianfranco Mellino e dei suoi collaboratori che, grazie all'accordo tra istituzioni religiose e governo, gestiscono l'Arsenal de esperança a San Paolo, avviato nel 1996 sulla scia dell'Arsenale della pace di Torino. Ed infine si arriva a Salvador de Bahia, nel quartiere di San Cristoforo, dove incontriamo l'ultimo piemontese di questo viaggio: padre Testa, canavesano, che da trent'anni si prende cura della gente del quartiere, tra i più poveri di Bahia» (Scheda dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, 2008).
«"Noi siam partiti da i nostri paesi. Noi siam partiti co i nostri onori. Trentasei giorni di machina a vapore e ne la Merica noi siamo rivà […] Chi no conose sto belo Brasile, circondato de monti e dei piani e co la industria de i nostri Italiani abiam formato paesi e cità. E da l’Italia nde siamo partiti per venire al Brasile abitar, onde i figli che al mondo li diamo largamente poter sostentar. Oh frateli venite, cantiamo, molti giorni ormai pasò da quel giorno che il primo Italiano nel Rio Grande sui piedi pasò […]". Recita così una vecchia canzone popolare degli emigrati che varcavano l’oceano per fuggire dalla miseria del proprio paese alla ricerca di un futuro migliore nella immensa "Merica"…Tra le mete dei connazionali del Nord Italia, il Sud America e, in particolare modo, le sterminate terre da coltivare dell’Argentina e del Brasile. Moltissimi anche i piemontesi che, insieme agli altri connazionali, hanno fortemente contribuito allo sviluppo di questi Paesi» (“Inform” n. 127, 20.6.2004, inform@mclink.it).
«Gli autori hanno percorso parte del Brasile per ricostruire un profilo sfaccettato dell’emigrazione piemontese, a partire dall’arrivo dei contadini del Novarese - 150 anni fa - a Vitoria o a Porto Alegre. Hanno scoperto - per esempio - che il più grande industriale dolciario dell'America Latina è di origine piemontese; che un missionario di Ivrea si impegna nelle "invasoes", i terreni occupati a ridosso delle dune di sabbia bianca a Bahia; che i ragazzi di Ernesto Olivero hanno creato nella vecchia Hospedaria degli emigranti del quartiere Bras di San Paolo una copia dell'Arsenale della pace di piazza Borgodora a Torino e che il più grande club sportivo di San Paolo del Brasile custodisce come una reliquia l'acqua del fiume Po. Oggi il Piemonte del Brasile vive una spumeggiante realtà, fatta di imprenditorialità coraggiosa e di solidarietà infinita; di nostalgia delle radici e di esaltazione allegra della nuova patria ritrovata. E Me pais tropical lo testimonia» ( www.consiglioregionale.piemonte.it/attivita/comunicati/2004/07).
Scheda a cura di Franco Prono
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