Altri titoli: In the Belly of the Ship
Regia Alberto Signetto
Soggetto Alberto Signetto
Sceneggiatura Alberto Signetto
Fotografia Valeria Manzanelli, Florencia Santucho, Alberto Signetto, Niccolò Bruna, Mauro Frola, Sonia Pigatti
Musiche di repertorio Gustavo Beytelmann, Luciano Pereyra, Dino Saluzzi, Roberto Sgarlata
Suono Gerardo Panero
Montaggio Marcello Varaldi
Produttore esecutivo Agnese Fontana
Produzione Brooklyn Films, Instituto Multimedia DerHumALC
Note Sottotitolo: Piemontesi d’Argentina.
Interventi di: Maria Josephina Cerutti, Reynaldo Barberis, Antonio dal Masetto, Munu Actis Goretta, José “Pepe” Riscossa, Graziano Lardone, Rafael Macchieraldo, Hernan Viano, Alberto Dalmasso, Ede Olivetta, Piero Montanaro, Nelly Ferrero, Jorge Watts, Eduardo Kiernen, Ana Maria Di Salvo, Laura Pariani, Nicola Fantini, Guillermo de Stefanis, Carla Gassino, Alessandro Signetto; traduzioni: Barbara Aminzade; coordinamento edizione: Antonella Signore; organizzazione in Argentina: Florencia Santucho; amministrazione: Philippe José Garcia; produttore delegato Argentina: Julio Santucho; materiali d‘archivio: Archivo General de la Nacion, Buenos Aires.
Film realizzato con il contributo dell’Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte.
Didascalia iniziale: “alla mia famiglia, gli emigranti in Argentina che più ho amato al mondo”.
Sinossi
Il regista ripercorre in prima persona dopo cinquanta anni il lungo viaggio della sua famiglia verso l’Argentina in cui è nato, all’interno dell’ultima ondata migratoria dei piemontesi, avvenuta nel 1948. Questo percorso attraverso la memoria privata e il continuo accavallarsi di situazioni, di luoghi e di sensazioni, insieme ad un uso del repertorio rallentato e distorto, costituiscono la cornice di una ricostruzione non analitica, ma soggettiva ed emozionale della situazione degli immigrati dal Piemonte e della loro presenza dal dopoguerra ad oggi nella storia argentina, dal peronismo fino alla crisi economica, attraverso il periodo buio e sanguinoso della dittatura militare.
Dichiarazioni
«Il viaggio che è al centro di questo film è soprattutto un viaggio mentale, e in questo modo si riesce a superare la distinzione tra lo spazio (le strade e i luoghi di una Argentina “riscoperta”) e il tempo (la storia/repertorio e i racconti dei testimoni). Le modalità di ripresa – a partire dalla scelta del formato 16:9, che “legge” la vastità piatta dell’Argentina – sono dunque correlate a questa scelta di fondo: in questo senso va anche la presenza frequente di una seconda mdp, più connotata soggettivamente, usata sia per le interviste che per i momenti più astratti legati alla riflessione; e poi i cieli e le strade, l’uso insistito del camera-car, nella pampa e nelle città, usato, oltre che per sottolineare la dimensione inevitabile e voluta del road-movie, come orizzontale e incessante cesura tra le situazioni e le testimonianze, tranne nello stop stridente davanti al centro di detenzione clandestino che introduce il discorso sul periodo della dittatura. E ancora: la staticità delle testimonianze personali, girate preferibilmente in luoghi chiusi, a evidenziare la centralità del soggetto e della sua parola, e spesso la drammaticità degli eventi raccontati; mentre gli interventi di raccordo o più generali sono inscritti in ambientazioni ampie e luminose. E anche la “manipolazione” del repertorio: frammentato, rallentato, distorto, permeato dalla musica come risultato di una ricostruzione non analitica, ma soggettiva ed emozionale. Infine la musica: dai canti degli emigranti, attraverso la musica popolare argentina, fino alle sue elaborazioni da parte di musicisti eccellenti come Dino Saluzzi e Gustavo Beytelmann» (A. Signetto, dalla Cartella Stampa del film).
Scheda a cura di Franco Prono
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