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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cortometraggi e Documentari



Non c'era una volta
Italia, 1989, Bvu, 30', Colore


Regia
Daniele Segre

Fotografia
Paolo Ferrari, Egi Ruggiero

Suono
Carlos Bonaudo, Simone Carraresi

Montaggio
Daniele Segre, Elena Bosio



Produzione
I Cammelli Factory, Coop. Progetto Muret

Note
Il video è stato realizzato con il contributo della Comunità Economica Europea, che ha sovvenzionato il progetto “Immagini e percorsi nella città” inserito nel 2° Programma di lotta alla povertà.
Locations: Villa Mainero, scuola Mario Enrico, Porta Palazzo (Torino).




Sinossi
Ex degenti degli ospedali psichiatrici si organizzano in cooperativa per entrare nel mondo del lavoro.




Dichiarazioni
«Sono stato contattato dalla Cooperativa Progetto Murai, che mi ha proposto di realizzare un video all'interno di un progetto finanziato dalla Comunità Economica Europea. Questo video doveva essere anche uno strumento politico per fare il punto sulla legge 180, una legge che nel bene e nel male (dal mio punto di vista nel bene) in questi anni è riuscita a liberare molte persone rinchiuse, vessate, torturate all' interno degli ospedali psichiatrici. Partendo da questo input ho iniziato un viaggio di ricerca all'interno di queste situazioni liberate. Sono venuto a contatto con una serie di personaggi e la storia è cresciuta. La scena tra Loretta ed Armando è stata l'ultima cosa che ho girato. Nel corso degli incontri e dei colloqui con gli ex degenti ho scoperto che c'era in atto una storia d'amore che all'inizio mi era sfuggita. Forse perché mi ero avvicinato con molta cautela. Con la cautela indispensabile quando ci si avvicina alla sensibilità e ai sentimenti delle persone. Specialmente se queste persone hanno una situazione precaria, non instabile ma precaria, come capacità di rapportarsi agli altri. Quando casualmente ho scoperto l'amore tra Armando e Loretta, sono andato a trovarli con l'operatore a Villa Mainero, dove i due erano ospiti. Tranquillamente abbiamo fatto colazione e abbiamo giocato a carte. Dopo pranzo, senza mettere luci né niente, ho preso Loretta e Armando, siamo andati a sederci su una panchina e abbiamo parlato d'amore. Loro hanno superato il primo momento di imbarazzo e molto naturalmente abbiamo vissuto questo momento. Lì ho capito cose che hanno dato la chiave del film: persone considerate diverse dovevano essere viste come normali e non si capiva più chi era matto e chi era normale. Non voglio creare commiserazione nello spettatore. Se avessi fatto questo mi sarei comportato esattamente come quei registi che provano disagio per queste persone e non hanno un rapporto alla pari. Girando Non c'era una volta ho capito delle cose per me, pur partendo da un discorso politico. Non sono un politico, sono un regista che vuole vivere il proprio tempo e vuole cambiare le cose. Fornire gli strumenti culturali a chi ne è privo e stimolare il cervello di quelle persone che purtroppo hanno staccato la spina. Questo è il mio ideale» (D. Segre, “la Repubblica”, 19.2.1990).





«A suo modo è un film politico anche Non c\'era una volta, nuova opera di Daniele Segre, autore di punta del giovane cinema indipendente italiano, prodotto e distribuito dalle cooperative "Progetto Muret" e “Cammelli Factory”. Nello spazio di 25 minuti, Segre racconta e documenta le “nuove esistenze” di alcuni ex degenti dell\'Ospedale psichiatrico di Torino. La camera scruta i volti, segue i gesti, i movimenti di lavoro, di gioco, di festa dei protagonisti di un\'”evasione” concessa in termini di legge dal buio della reclusione manicomiale. Un film corale quindi in cui i vari “personaggi”, quasi pirandellianamente, affidano al loro “autore” gli stupori, le emozioni, forse anche i dubbi di una socialità ritrovata nella sua, magari a volte caotica, vitalità» (N. Ferrero, “l’Unità”, 17.11.1989) .
 
«Passeggiano nella città, guardano i tetti di Torino dalla Mole, vanno al mercato, al bar. E lavorano. Fanno le pulizie in una scuola. nei servizi di una Usl. Sono gente tra la gente, con un\'identità che prima non avevano. “Eravamo i pazzi del manicomio” dice un uomo. Poi aggiunge “Ce la faremo dopo tanti anni?” E risponde: “Ce l\'abbiamo fatta”. Questa gente tra la gente è la protagonista di Non c\'era una volta... un video di Daniele Segre prodotto dalla Cammelli Factory per la Cooperativa Progetto Muret. nell\'ambito del progetto Cee “Immagini e percorsi nella città”. La Progetto Muret è una cooperativa “al servizio della persona” che lavora in psichiatria. Si occupa cioè degli ex degenti negli ospedali psichiatrici che la legge 180 ha liberato dalle istituzioni manicomiali. […] Non c\'era una volta... è un\'opera che non è solo documentario, è l\'affermazione di tante esistenze che incominciano adesso il loro cammino. Vi si raccontano tante storie, in fondo una storia sola: “Non parlavo mai” dice una donna “ora abbiamo questi operatori che ci vogliono bene”. E con gli “operatori”, uomini e donne imparano a danzare. Parlano. riflettono. Una signora sulla cinquantina: “Sono testarda. Penso al passato, invece che al futuro. Forse è per questo che la mia dottoressa ogni tanto mi manda via. Forse la deprimo”. […] Non c\'è alcuna esibizione da parte dei protagonisti. Non c\'è messa in scena della loro esistenza. […] La naturalezza dei suoi “attori”, Segre la spiega in questo modo: “Non hanno recepito il filmato in modo passivo, ma da protagonisti. Sapevano di avere le possibilità di affermare la loro presenza nei confronti della città. Non c\'era una volta... è il punto di partenza per stabilire un rapporto. Era chiara, insomma. la finalità che si voleva raggiungere”. Ci permettiamo di aggiungere che Non c\'era una volta... è un film che deve essere visto. da più gente possibile» (M.T. Martinengo, “Stampasera”, 7.11.1989).

«Sono uscite dal manicomio, e si sono reinventate un\'esistenza anche di lavoro a Torino ne “La nuova cooperativa” le persone vere protagoniste di Non c\'era una volta, breve video di Daniele Segre. Facce perdute gonfiate o disidratate, crisi di mutismo, ossessioni dal passato, pianti improvvisi, momenti solitari di desolazione profonda. Ma anche un\'attività ritrovata: lavoro, lezioni. di cha cha cha e feste da ballo, gite in centro col pulmino a vedere la città e a comprare, bilanci domestici, dilemmi turistici: “Ma quella cosa di centomila per un viaggio in Spagna tutto pagato, è vero che è una bidonata?” Una volta tutto questo non era possibile per i malati di mente; non c\'era: il regista documenta un raro fatto positivo italiano, s\'abbandona al proprio ambiguo amore per il mistero degli esseri diversi o alterati, dà un\'altra prova del proprio talento nel guardare facce e persone condensando in un\'immagine l\'intero racconto d\'un dramma» (L. Tornabuoni, “La Stampa”, 16.11.1989).
 
«Un\'operazione di immagine in grande stile, garbata e nient\'affatto stupida, o, se si preferisce, un “sereno bilancio” per immagini del lavoro fatto fin qui, in un Charlie Chaplin gremito fino all\'inverosimile ieri sera, quella che un tempo si chiamava la “psichiatria democratica” si è data appuntamento per presentare il video di Daniele Segre: Non c\' era una volta..., breve itinerario filmato dove gli attori sono proprio loro, i disabili psichici, per una volta nelle vesti di protagonisti e non di fenomeni da studiare e scrutare con stupita curiosità. […] Il pubblico, alquanto omogeneo, era per lo più composto da chi, pur non avendo vissuto per motivi anagrafici il \'68 in prima persona, vuole rispolverare anche nel look quegli anni “formidabili” secondo Mario Capanna: molti ragazzi con orecchini, tanti occhialini tondi e barbe rigogliose, parecchi foulard di seta indianeggiante. Poi, la proiezione di un video affascinante e importante nei contenuti, nella musica e nella fotografia. Ben lungi dal voler commuovere o essere soltanto rivelatrice di situazioni di disagio, l\'opera cerca, perlopiù riuscendoci, di ritrarre la quotidianità di chi, in una Torino che non pare grigia e sorda, tenta una “risocializzazione” in cui il lavoro, la confessione, e l\'amore ed il divertimento genuino giocano un ruolo fondamentale ed irrinunciabile. A colpire, tra l\'altro, sono le immagini di donne che non indossano più i camicioni dell\'ospedale, ma vestono indumenti curati ed arricchiti da particolari quasi civettuoli, e la generale “positività” con la quale il regista, e i suoi “attori” sembrano vivere anche i problemi psichiatrici» (M. Ternavasio, “la Repubblica”, 9.11.1989).


Scheda a cura di
Franco Prono

Persone / Istituzioni
Daniele Segre
Paolo Ferrari

Luoghi
NomeCittàIndirizzo
Mercato di Porta PalazzoTorino-



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