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Produzioni Tv |
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Elettra
Italia, 1987, 16mm, 93', Colore
Regia Tonino De Bernardi
Soggetto dalla tragedia di Sofocle
Sceneggiatura Tonino De Bernardi
Fotografia Rodolfo Isoardi
Musiche di repertorio J.S. Bach, W.A. Mozart, A.M. Weber
Suono Dario Chiapino
Montaggio Fernando Muraro
Scenografia Angelo Cucchi
Costumi Loredana Zampacavallo
Interpreti Anna Coppo (Elettra 1), Cristina Crovella (Elettra 2), Luciana Pasin (Elettra 3), Rosetta Rej (Clitennestra), Stefania Terzuolo (Crisotemide), Stefano Bonfante (Oreste), Aldo Pasquero (Pilade), Carlo Quarello (il pedagogo), Franco Vaio (Egisto), Giuliano Belloni (Agamennone), Giulietta De Bernardi (Elettra adolescente), Veronica De Bernardi (Crisotemide adolescente)
Produzione Rai, Sede Regionale per il Piemonte
Sinossi
Il film, segue fedelmente (salvo gli inevitabili tagli) il testo sofocleo che il regista ha fatto precedere da un “prologo” che introduce e ricorda gli eventi che sono all’origine della tragedia.
Dichiarazioni
«Ogni film per me nasce da un atto di amore, o dall’incrociarsi di tanti amori, ed ognuno ha radici che si perdono lontano. Amo la Grecia (è il mio secondo paese, se mai posso dire di averne un primo) e mi piace cercare nella sua gente i segni di quello che è stato. Elettra per me è cominciata così, una certa estate (filmando con la mia Super8, ad Amarinthos...). Amo e studio i miti, ma mi piace collegarli a noi, sentirli vivi, pensare che la vita e tutti noi che ci affanniamo a vivere siamo antichi, ci ripetiamo, siamo già stati, i cicli si ripetono, si chiudono per poi riaprirsi ancora un’altra volta. Amo la parola, ma solo quella di chi è narratore e racconta e l’altra altissima dei poeti e dei deliranti o visionari: mi piace ascoltare chi parla di sé, chi racconta quello che gli capita, da bambino ascoltavo a bocca aperta facendo finta di niente le amiche di mia madre che parlavano e parlavano (ho poi filmato per anni gente che parla e racconta di sé). Sofocle invece è la parola “alta” e mi permette di fare un salto netto, di staccarmi di colpo dalle convenzioni del linguaggio parlato... Amo l’immagine come visione, precisa, ricca, il mio far cinema nasce anche dal mio bisogno di immagini (sarà anche che non sogno ovvero non ricordo i sogni ed allora sarà che ho bisogno di sostituire tutto quel nero che mi viene dalla notte con le visioni che non ho, perciò me le creo con il cinema: Elettra non a caso comincia con il buio della notte e nel finale ritorna al buio). Perché il teatro greco? Un po’ ho già detto. Sacralità e rito. Rito e sacralità. Per ritrovare sacro e ritualità, dunque. Ed anche per fare il mio primo film “narrativo” secondo certe convenzioni, cioè con trama, personaggi, ecc. E per il gusto della contaminazione e della reinvenzione (non credo ai generi, non so che cosa è oggi il teatro, che cosa è oggi il cinema).
Perché Elettra? e perché Sofocle? perché appartiene alla storia di una famiglia, e per di più truce (stranamente, solo nel momento che giravamo le varie scene mi sono del tutto reso conto di quanto triste e terribile fosse la storia). In più, si tratta di una tragedia, secondo me, al femminile dove le donne però combattono con il maschile che sta in loro (e mi interessa esplorare il maschile e il femminile che sono in noi). Una storia di odio e vendette tra due cugini primi, Agamennone ed Egisto, che ha già avuto inizio con i loro padri, e la conseguente rovina di un génos. Ho amato subito Elettra per il suo voler tenere viva la memoria dei morti, poi a mano a mano ho imparato a conoscere le ragioni e l’umanità di Clitennestra ed anche ad amarla. È diventata per me una tragedia di generazioni che si oppongono (e così riguardo a me ho pensato dapprima di essere rimasto solo figlio…). Poi ci sono i rapporti tra le due sorelle e c’è il fratello e la sua iniziazione alla vita, per mano della sorella. Ho preferito Sofocle, perché Eschilo ha sviluppato meno la figura di Elettra ed Euripide l’ha troppo imborghesita.
E perché Sofocle a Casalborgone? È il mio amore per la campagna (ci vivo, ho scelto di viverci), perché è antica, come antica è la tragedia. Ed anche per dare un addio alla campagna, a tutto un mondo che va scomparendo, che già non esiste più. Ho pensato allora alla Elettra come ad un rito, una cerimonia, che le donne del paese celebrano in giro per le colline (le origini popolari del coro e delle sacre rappresentazioni). Le case degli Atridi sono diventate tre, come tre sono le fanciulle a cui tocca di volta in volta indossare la veste nera e diventare Elettra (la prima è l’Elettra del padre e del fratello, la seconda è della sorella, la terza è della madre). La scelta di attori e attrici non professionisti si lega strettamente a quella di una certa geografia, seguendo anche in ciò un bisogno di antico, ritrovare cioè il gusto antichissimo di recitare una parte, diventare altro da sé. E certi influssi dialettali negli accenti del parlato non possono forse andare d’accordo con il gusto di sottolineare una certa etnìa che si va perdendo? (Ma si badi: vorrei fare un film in Africa e sottolineare anche là certi accenti, una certa etnìa)» (T. De Bernardi, www.tff.it).
«Il film è stato ambientato a Casalborgone, un piccolo centro in provincia di Torino, e calato quindi in un mondo contadino che attraverso i paesaggi, i volti, i gesti, il suono delle voci, le consuetudini antiche si ricollegasse idealmente ma senza forzature con il mito greco di Elettra, che è appunto di origine contadina. Proprio in questo senso va anche la scelta degli Interpreti: si tratta di abitanti del luogo che non avevano avuto esperienze precedenti come attori. La scelta dei costumi ha voluto sottolineare la continuità nel tempo della vicenda drammatica, e quindi ha mantenuto sostanzialmente i vestiti di oggi con qualche leggero tocco di datazione solo per le donne più anziane. Il personaggio di Elettra è impersonato da tre diversi interpreti, a sottolineare l’evoluzione psicologica e drammatica della protagonista, mentre l’impiego della musica, mai in sottofondo ma sempre con gli esecutori in scena, ne ricorda il peso e l’uso specifico nel teatro tragico classico. Le riprese sono state effettuate con troupe tecnica e collaboratori artistici (direttore della fotografia, costumista, scenografo) tutti della Sede Rai piemontese» ( www.tff.it).
«Ecco un altro modo di far incontrare cinema e letteratura, quello di Tonino De Bernardi e della sua Elettra, che ha girato ora per la Terza Rete regionale il suo primo lungometraggio “professionale”. Ma restando con l’occhio e con lo spirito a Casalborgone, provincia di Torino, e trovando qui, tra campi e colline, il suo Sofocle. La reggia degli Atridi è una cascina con stalla e fienile, Elettra spannocchia il granturco, Egisto gioca a bocce con gli amici e balla la mazurka con Clitennestra. Le battute sono quelle della tragedia, dette con impegno e con pesante accento piemontese da contadini, donne con la borsa della spesa, bottegai. Sembrerebbe un’operazione tutta di testa, tributaria da un lato del cinema di Straub e dall’altro del teatro “artigiano” o contadino degli anni ’70 e invece tutto funziona perfettamente e sembra naturalissimo, con un incanto che vien da definire magico. Perché non basta dirsi che quello di Elettra è, come molti altri dell’antica Grecia, un mito contadino che qui ritroverebbe la sua matrice. La bellezza del film di D Bernardi è la bellezza del vero cinema, quando supera la “letteratura” e incontra la poesia» (A. Farassino, “la Repubblica”, 23 ottobre 1987).
«[...] Poi lo shock di Elettra, un vero film in 16mm, prodotto sempre da Rai 3 Piemonte. Un capolavoro. Il testo di Sofocle recitato da non attori con marcato accento piemontese potrebbe far pensare a Straub. Ma tutt’altra è la vena poetica di Tonino, anche se con Straub condivide l’amore per un cinema “ecologico”. Siamo piuttosto dalle parti di Garrel: per la dolcezza dello sguardo sugli uomini, sulle donne, sulla natura, per la paziente attenzione alla realtà, che di solito il cinema ha troppa fretta di filmare. Sulle colline dove vive, Tonino ha il tempo di incantarsi e di dar corpo e voce al suo incantamento. Egli passeggia tra i suoi personaggi, qui coordinati dal testo di Sofocle, ma già in Viaggio a Sodoma, altro capolavoro, lasciati liberi come ai tempi di Dei» (A. Aprà, in S. Francia di Celle, S. Toffetti, a cura, Dalle lontane province. Il cinema di Tonino de Bernardi, Lindau, Torino, 1995).
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