Regia Giulio Base
Soggetto Maurizio Ponzi, Franco Bertini, Giulio Base, Franco Ferrini
Sceneggiatura Sandro Petraglia, Giulio Base, Franco Bertini
Fotografia Dante Dalla Torre
Operatore Guido Cimatti
Musica originale Oscar Prudente
Suono Gianni Zampagni
Montaggio Claudio Di Mauro
Effetti speciali Giovanni Corridori
Scenografia Francesco Priori
Costumi Paola Bonucci
Trucco Raul Ranieri, Luigi Rocchetti
Aiuto regia Maria Sole Tognazzi, Ilaria Cirino Pomicino
Interpreti Claudio Amendola (Lorenzo), Kim Rossi Stuart (Andrea), Michele Placido (Sante), Nadia Farès (Stella), Roberto Citran (Guido), Luigi Diberti (Berardi), Fulvio Milani (Aureli), Stefania Rocca (Valeria), Mario Aterrano (Cantù), Fabrizio Camponeschi (femminiello), Walter Da Pozzo (Brusco), Luigi Di Fiore (“Giamaica”), Giulio Donnini (vecchio signore), Christian Barbato (barman), Paola Rota (Carola)
Direttore di produzione Massimo Martino
Ispettore di produzione Mauro de Salve
Produzione Claudio Bonivento, Vittorio Cecchi Gori e Rita Rusic per C.G.G. Tiger Cinematografica, C.G.C. Leopard, Numero Cinque, Flach Film
Distribuzione Cecchi Gori
Note 2.546 metri.
Altri interpreti: Franco Pistoni (tossico), Franco Diogene (Bunny), Karine Clara Rossy (ragazza con bandana), Danilo Esposito (poliziotto), Franco Abba (cameriere nel Balôn), Barbara Cavallai (ragazza frullato), Elisabetta Consolini (ragazza nel Balôn), Franco Bertipaglia (traditore), Daniela Di Bitonto (infermiera), Alberto Dell’Acqua (1° tunisino), Omero Capanna (2° tunisino), Fabio Ragusa (3° tunisino), Antonella Gambino (travestito), Michele Azzarito, Tony Brennero, Carlo Di Maio, Sergio Smacchi, Donato Placido; coordinatore stuntmen: Angelo Ragusa.
In Italia il film è stato vietato ai minori di 14 anni.
Sinossi
Andrea e Lorenzo, detto Lazzaro, sono due poliziotti con visioni opposte della professione: il primo, ligio al regolamento, cerca di ottenere il riconoscimento di una famiglia in cui tutti hanno indossato la divisa, mentre l'altro vuole vendicare con ogni mezzo il fratello ucciso. Si trovano assegnati alla custodia di Sante, criminale ricoverato in ospedale. Dopo essersi fatto abbindolare dal malvivente che fugge, Andrea si suicida; Lazzaro prima vendica il fratello, poi riscatta il collega arrestando il fuggiasco.
Dichiarazioni
«Sono contento, in quanto sono finalmente riuscito, dopo anni di tentativi, nell'impresa di lavorare nella mia città. Per questo film si cercava un'area metropolitana diversa da Roma ed io ho subito proposto Torino: è una piazza che scenograficamente vale molto, anche se è stata spesso trascurata dal nostro cinema» (G. Base, “La Stampa”, 16.10.1994).
«Mi sembrava che Torino, città dove sono nato e ho vissuto tutta la mia adolescenza, sicuramente meno "megalopoli" di Roma, fosse oggi più adatta a rendere l'idea del disagio di due poliziotti» (G. Base, “La Stampa”, 28.1.1995).
«Sono nata e vissuta fino a poco più di vent’anni a Torino, ma quando ho deciso di cominciare a fare l’attrice, all’inizio degli anni Ottanta, mi sono trasferita a Roma, perché in città, a quell’epoca, non c’erano possibilità di lavoro nel campo del cinema. Però, paradossalmente, il primo film in cui ho fatto una piccola parte, Poliziotti di Giulio Base, è stato girato a Torino, e così ho fatto qui la mia prima esperienza di set, che naturalmente è stata molto emozionante. Ricordo in particolare una sequenza girata sotto i portici del centro, una scenografia architettonica molto suggestiva» (S. Rocca, in D. Bracco, S. Della Casa, P. Manera, F. Prono, a cura, Torino città del cinema, Il Castoro, Milano, 2001).
«Nell’estate del 1975, pochi mesi prima della sua morte, Pier Paolo Pasolini scrivendo sul “Corriere della Sera” si occupò con affettuosa partecipazione del caso di un poliziotto, Vincenzo Rizzi, che dopo essersi ingenuamente lasciato scappare un sorvegliato si era tolto la vita. Al triste episodio si riallaccia i film Poliziotti di Giulio Base, dove i tutori dell’ordine sono due: il ligio e il matto. Andrea è un imbranato, sospiroso, tradito dalla fidanzata: niente affatto tagliato per fare il poliziotto, ha intrapreso la carriera solo per obbedire al padre. Lorenzo ha avuto un fratello ammazzato con una overdose e, in fremente attesa di pareggiare i conti con i responsabile, affronta a mano armata e deciso a tutto l’intera criminalità. Formano un interessante duetto il ribollente Claudio Amendola e l’introverso Kim Rossi Stuart: divenuti amici per caso, durante una trasferta a Torino, finiscono accoppiati nella sorveglianza a Sante (Michele Placido) un vero gangster furbastro e spregiudicato che ha messo in scena un finto suicidio per passare dal carcere alla clinica. Mentre Lorenzo è in giro, obnubilato dalla sua sindrome vendicativa, Andrea si lascia abbindolare dalle chiacchiere del sorvegliato e accetta di accompagnarlo in un night-club dove lavora la sua amante. Sarà anche successo qualcosa di simile nella realtà, ma sullo schermo la plausibilità delle situazioni deve essere drammaturgicamente inattaccabile: a questo poliziottino tontolone e sfortunato non si riesce proprio a credere. [...] È ovvio che Lorenzo e Sante si troveranno l’uno di fronte all’altro per l’ultima sfida; ed è altrettanto ovvio a chi andrà la palma della vittoria. A parte l’impegno che ci mettono i bravi interpreti [...], i film vale per certi scorci di Torino la Nuit, abilmente ritagliati dall’operatore Dante Dalla Torre. Però la musica è invadente, l’ottica è saltabeccante, e il montaggio troppo effettato. E il tentativo di fare della psicologia si perde via via per la strada fino a un’ultima parte che scade nel peggior cinema di genere» (T. Kezich, “Corriere della Sera”, 18.2.1995).
«Nel film di Base c’è una Torino di notte che si tira dietro scie di tristezza e solitudini, loschi affari, figliole da marciapiede. “Lazzaro” e Andrea non sono superuomini: proprio per questo le loro peripezie non allettano le sale cinematografiche, abituate alle turbinose e ultraspettacolari gesta dei poliziotti americani e dei fantagiustizieri. Negli anni Sessanta, Poliziotti sarebbe stato classificato come un decoroso film medio; oggi per questa categoria della produzione, però, non v’è più posto sui grandi schermi occupati dai mastodonti di Hollywood e dai loro nipotini» (M. Argentieri, “Cinemasessanta” n. 4/218, luglio-agosto 1994).
«Terribile viaggio da Sud a Nord di un poliziotto. In una Torino da cartolina luogo di inseguimenti, innamoramenti, complicità. I corpi si amano e si picchiano senza crederci. C'è tecnica sprecata, virtuosismo inutile, argomenti affrontati con gusto pornografico e senza decenza» (“Cineforum” n. 347, settembre 1995).
«Banale, pur se a suo modo avvincente, dramma poliziesco diretto con qualche velleità psicologica dal giovane Giulio Base, attore-regista che da ragazzo deve aver certamente fatto indigestione di Piovre. La denuncia va a braccetto con le sequenze choccanti in una Torino tetra, tormentata da una musica spaccatimpani, migliore comunque dei dialoghi pretenziosi e anche un po' licenziosi» (Massimo Bertarelli, “Il Giornale”, 4.6.2001).
Scheda a cura di Damiano Cortese
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