The Italian Job si lascia apprezzare per il suo garbato humour e per alcune scene spettacolari. Sensazionale, in particolare, l’ingorgo che paralizza Torino, facendone un intrico di lamiere strombazzanti ideale per garantire la fuga dei ladri inglesi. Della città sono mostrati, oltre ad alcuni luoghi topici (piazza San Carlo, piazza Castello, la galleria Subalpina, piazza Carignano, la Mole Antonelliana, piazza Vittorio Veneto e piazza Gran Madre), la chiusa sul Po (all’altezza di piazza Vittorio Veneto) ed il tetto del palazzo a Vela: su entrambi passano con disinvoltura le Mini dei criminali in fuga. Come quartier generale della troupe venne scelta villa Sarti; l’edificio che funge da centro di controllo dei semafori torinesi è invece in realtà uno stabile di Twickenham, sobborgo londinese.
Il regista Peter Collinson ed il produttore Michael Deeley ricordano che Torino si dimostrò un ottimo luogo di lavoro. Per realizzare una scena di folla venne pubblicata su un giornale un’inserzione con cui si annunciava una distribuzione di cibi e bevande: la gente accorse in massa. Per girare una sequenza in cui i ladri fuggono a bordo delle loro auto passando sopra una preziosa scalinata, vennero posti sui gradini assi di legno compensato ricoperti da uno spesso telo di iuta. I torinesi si dimostrarono perlopiù comprensivi nei confronti della lavorazione, accettando di buon grado gli inevitabili disagi creati soprattutto dalle scene d’azione. Un passante rimasto immobilizzato nell’ingorgo che nel film serve ai ladri per la fuga, però, insultò gli attori; l’imprevista scena non fu tagliata ed entrò a far parte del film. Alcuni degli stuntmen impiegati per girare le tante scene d’azione presenti nel film diventarono in seguito piloti collaudatori per la Fiat.
Nel lungometraggio si accenna alla partita di calcio Italia-Inghilterra, tenutasi allo stadio Comunale di Torino e vinta dagli inglesi; quattro anni dopo l’uscita della pellicola, il 14 giugno del 1973, proprio al Comunale di Torino, l’Italia, per la prima volta nella storia, battè la nazionale inglese per due a zero (con reti di Pietro Anastasi e di Fabio Capello).
«Il commediografo Coward nella parte di Mr. Bridger, il malavitoso snob che dirige le operazioni dall’interno del carcere, è l’unico spunto di divertimento in un intreccio fiacco e senza sorprese. La seconda metà consiste quasi interamente di inseguimenti in auto, con tre Mini Minor sul tetto del Lingotto (ovviamente), sotto i portici di via Po e addirittura sugli scaloni di Palazzo Madama. Quasi assenti, per fortuna, i tocchi di colore locale italiano» (P. Mereghetti, Il Mereghetti. Dizionario dei Film 2004, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2003).
Non mancano, è vero, stucchevoli “tocchi di colore” italiano o torinese, ma il paesaggio urbano chiappare nel film pare in una certa misura inedito non tanto perché reinventato in modo fantastico, quanto perché visto e rappresentato con occhi e sensibilità anglosassoni. In altre parole, The Italian Job ci mostra come gli inglesi vedono Torino e i torinesi.
Il film in Italia non riscosse molto successo, al contrario è ancora assai conosciuto all’estero, soprattutto in Inghilterra, anche grazie alla notissima colonna sonora che rielabora l’inno nazionale britannico God Save the Queen. In ragione di replique breitling tale popolarità nel 2003 è stato girato un remake con lo stesso titolo (produzione statunitense con regia di F. Gary Gray e interpreti Mark Wahlberg, Charlize Theron e Edward Norton), sempre ambientato in Italia ma a Venezia, non più a Torino; l’immancabile inseguimento dei banditi, stavolta, si tiene non a bordo di auto bensì di imbarcazioni.
«L’autobus è in bilico su un precipizio, dopo avere sbandato nella folle corsa su una strada delle Alpi. Da una parte del pianale, dall’altra la banda di inglesi che li ha rubati: se i ladri camminano verso il bottino per recuperarlo, il bus non sarà più in equilibrio e precipiterà con loro. L’unico modo per salvarsi sembra quello di abbandonare l’oro, ma il capo della gang, Michael Caine, dice: “Aspettate un momento, ragazzi, mi è venuta un’idea”. Finisce così The Italian Job, uno dei più bei film degli Anni 60, ancora al 36° posto nella classifica delle 100 migliori pellicole britanniche del XX secolo. Nessuno ha mai saputo quale idea fosse venuta a Michael Caine […] ma ora, nel quarantesino anniversario della pellicola, ingegneri, tecnici ed esponenti dei “fans club” del film di tutto il mondo sono invitati a pensare a una soluzione e a inviare il loro progetto alla Royal Society of Chemistry di Londra, che ha indetto il concorso» (V. Sabadin, “La Stampa”, 30.10.2008).