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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Le avventure di Cartouche
Italia, 1953, 35mm, 85', B/N

Altri titoli: Cartouche, Un émule de Cartouche

Regia
Gianni Vernuccio

Soggetto
Tullio Pinelli, Giampaolo Callegari, Piero De Bernardi, Louis Stevens

Sceneggiatura
Tullio Pinelli, Giampaolo Callegari, Piero De Bernardi, Louis Stevens

Fotografia
Massimo Dallamano

Operatore
Ugo Nudi

Musica originale
Goffredo Petrassi

Suono
Raffaele Del Monte, Giovanni Canavero

Montaggio
Loris Bellero

Scenografia
Giancarlo Bartolini Salimbeni

Costumi
Giancarlo Bartolini Salimbeni

Trucco
Angelo Roncatoli

Aiuto regia
Luciano Sacripanti

Interpreti
Richard Basheart (Cartouche / Jacques de Maudy), Patricia Roc (donna Violante), Massimo Serato (duca Enrico di Vaubranche), Isa Barzizza (Lucilla), Akim Tamiroff (marchese di Salpière), Nerio Bernardi (pedante), Adolfo Geri, Vando Tress, Aldo De Franchi (Leandro), Nino Marchetti, Gianna Baragli, Celeste Almieri, Alberto Archetti, Alberto Collo, Valentina Cortese

Direttore di produzione
Leopoldo Imperiali

Ispettore di produzione
Gian Maria Messeri

Produzione
Giorgio Venturini per Produzione Venturini

Distribuzione
Venturini

Note
Pellicola Ferraniacolor; coregia per la versione destinata al mercato estero: Steve Sekely; direttore d’orchestra: Giovanni Fusco; assistente al montaggio: Alberto Bellero; parrucchiere: Paolo Borzelli; direttore tecnico: Giancarlo Serrutini; segretario di edizione: Vincenzo Gamna; segretario di produzione: Arrigo Peri.
 
Teatri di posa: FERT di Torino.




Sinossi
Il giovane conte Jacques de Maudy torna in Francia da cui era fuggito dopo essersi dichiarato colpevole di omicidio per salvare il padre accusato ingiustamente. Incontra l'attrice Violante e vede che ella ha al collo un gioiello che appartiene a suo padre. Gielo sottrae e chiede spiegazioni al padre il quale rievoca tutta la storia: il gioiello era stato dato in pegno al principe di Barillet, che poi si era rifiutato di restituirlo. Il conte di Maudy aveva profferito delle minacce contro di lui; il gior­no dopo il principe era stato trovato morto e il gioiello era scomparso. Il conte, colpito improvvisamente da paralisi, era stato sospettato di omicidio e per salvarlo Jacques si era dichiarato colpevole. Violante, ospitata al castello con gli altri comici, confessa a Jacques di avere avuto il gioiello dal marchese di Salpière. Questi invita i comici al suo castello e Violante trova in un forziere una lettera compro­mettente per il duca di Vaubranche, nipote del principe di Barillet. Jacques, travestitosi da Cartouche, trova un testamento non olo­grafo del principe, che istituisce erede universale Vaubranche. Costui tenta di arrestare Jacques, ma, costretto a battersi con lui, viene ferito mortalmente: prima di morire confessa di aver ucciso suo zio.




Dichiarazioni
«Cartouche […] è un film su commissione, che avrebbe dovuto uscire in America a nome di Steve Sekely. Certo con Ri­chard Basheart e con Akim Tamiroff si lavorava davvero bene, ed anche Patricia Roc era meglio delle italiane, studiavano tutti la parte a memoria, cosa che gli italiani non fanno mai» (G. Vernuccio, in L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
 
«Con Venturini […] abbiamo girato Il Cavaliere di Maison Rouge a Venaria, nel Palazzo Reale ancora da ristrutturare, men­tre Le avventure di Cartouche con Basheart lo abbiamo girato al Palazzo Reale di Torino. I costruttori delle scenografie erano i fratelli Dante e Secondo Simonini. Straordinari, avevano fat­to molto teatro e lavoravano dai tempi del muto. Avevamo ri­costruito dei saloni che tenevano tutto il Teatro tre della FERT» (A. Gasperini, in L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).





«Quando la mdp si muove all'interno del teatro, tra i cameri­ni con rapidi carrelli, colleziona inquadrature felici, ed il mon­taggío fa il resto conferendo subito un ritmo ed un taglio all'a­mericana. Poi si entra nel castello del padre di Cartouche e la mdp è piazzata ora in alto ora a piano terra con angoli spiritosi, ma qui si assiste ad un primo colpo di scena che sarà ripetuto nel duello del teatro. E cioè la mdp inquadra con un totale un interno, si sposta rapida su un telaio a fondo nero e approda ad un altro interno, ritrovando il protagonista nel suo spostamento da una stanza all'altra. È un movimento rapido che equi­vale ad un cambio di scena a vista sul palcoscenico. Introduce cioè un elemento teatrale che accentua il distacco, l'ironia, con il dichiarato richiamo e la sottolineatura della finzione. Ma Ver­nuccio interpellato in proposito, ricorda bene, nonostante sian trascorsi alcuni anni, sia l'effetto indiscutibile di straniamento sia però anche le ragioni vere del ricorso a questo mezzo espres­sivo. Ragione molto semplice: il Ferraniacolor era agli inizi e si doveva evitare la dissolvenza incrociata poiché i due interposi­tivi necessari non garantivano la nitidezza del colore e quindi si rischiava di sovrapporre due immagini annebbiate o spanate. Il film procede e l'uso della mdp si rivela sempre agile e fan­tasioso. Per un bel dialogo tra Cartouche e Patricia il carrello va, si arresta, riprende ed ancora si intrufola all'interno e gira all'esterno del carrozzone degli artisti o per un nuovo duetto Cartouche/Patricia ogni inquadratura offre al suo interno un per­fetto equilibrato disporsi dei vari volumi, delle figure. Con questo senso di naturale leggerezza narrativa, cui concorrono ovviamente la scioltissima recitazione di Basehart, Roc e Barzizza, si arriva al grande blocco degli attori sul palco del Théatre de la Villette. Tutti ripresi dal di sotto con un angolo ardito e molto obliquo, così inquadrati accentuano la fragorosa condizione di comici, ma è pronto il clima per il primo duello su tavoli, cassapanche, se­die. La mdp si scatena più degli spadaccini e tutti sono accom­pagnati da una musica ritmata, che poco per volta diviene co­protagonista, e sottolinea, avvolge o disincanta. Ma di chi sarà questa scrittura così originale? Di Goffredo Petrassi. Elemen­tare, Venturini! Fusco per una volta si limita a dirigere, ed ha suggerito agli amici un nome che può far tremare. Ma Petrassi rivela la duttilità e lo spirito adeguati a suggerire le divertenti note di minuetto che introducono e accompagna­no le infinite trovatine di sceneggiatura dalla fuga di Patricia nei corridoi sontuosi, giù e su dal letto nella camera tutta corni­ci, specchi, pietre dure, e ancora nell'armadio, con Akim Tami­roff voglioso o bavoso all'inseguimento […]. Petrassi raggiunge così il Pizzetti di Cabiria, il Prokof'ev del Nevsky, l'Honegger del Crime et chatiment, lo Zandonai di Casa lontana e Caravaggio e anticipa il Bernstein di West Side Story, tanto per citare... Ma anche il primo duellino Basehart-Serato è sottolineato da continue notazioni ironiche-, il gatto che osserva, le strane pose e smorfie del segretario ecc., mentre per gli esterni anche brevi, anche semplici sfondi, si sono scelti viali tra filari geometrici di pioppi, prati incorniciati dalle montagne, scanditi dai gelsi. È la pianura verde, alberata, solcata dalle acque, ai piedi del Monviso o del Rocciamelone. Oppure i bei cortili, le scale, gli archi del Castello Medioevale. Tutto il meglio di Torino e dintorni, come Venturini aveva capito dal momento dell'arrivo, e sperimentato con Il Boia di Lilla, Il Cavaliere di Maison Rouge, ecc. ecc. e ri­peterà con L'angelo delle Alpi fino agli ultimi film» (L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
 
«La storia di Cartouche, più volte portata sullo schermo in Francia, ritorna in questo film italiano di un certo impegno ma di non grande valore. Buono il colore, lodevole l'interpretazione, ma non eccezionali i requisiti commerciali» (U. Tani, "Intermezzo" nn. 12/13, luglio 1955).
 
«La condotta del protagonista, che si sacrifica per salvare il padre am­malato ed affronta disagi e pericoli purché trionfi la verità e risulti senza macchia il suo onore, dà al film impronta positiva. Abbigliamen­ti non del tutto convenienti e duelli fanno riservare la visione agli adulti» (Centro Cattolico Cinematografico, Vol. XXXVI, Dispensa 4, 1954).




Persone / Istituzioni
Gianni Vernuccio
Tullio Pinelli
Piero De Bernardi
Massimo Dallamano
Goffredo Petrassi
Giovanni Canavero
Massimo Serato
Isa Barzizza
Alberto Collo
Valentina Cortese
Giancarlo Bartolini Salimbeni


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