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Lungometraggi |
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Il piccolo vetraio
Italia, 1955, 35mm, 86', B/N
Altri titoli: Les vitriers
Regia Giorgio Capitani
Soggetto dal romanzo “Il racconto del piccolo vetraio” di Olimpia De Gaspari
Sceneggiatura Lucio Chiavaroli, Vincenzo Gamna, Giorgio Capitani
Fotografia Alfieri Canavero
Operatore Antonio Gasperini
Musica originale Antonio Fusco
Suono Giovanni Canavero
Montaggio Maria Rosada
Trucco Giulio Fianco
Aiuto regia Giacomo Gasparolo, Vincenzo Gamna
Interpreti Massimo Serato (barone de la Motte), Georges Poujouly (Piero), Antoine Balpêtre (Neroni), Luigi Tosi (padre di Piero), Lianella Carrel (madre di Piero), Olga Solbelli (Josiane), Armando Francioli (Enrico), Luisella Boni (Gisella), Paolo Petitti (Nino), Davide Ferrando (Ciccio), Alberto Archetti (Zaccaria), Franco Arsale (Bibi)
Direttore di produzione stripslashes(Vieri Bigazzí)
Ispettore di produzione Gian Maria Messeri
Produzione Filmex, Franca Film
Note Assistente operatore: Agostino Mina; assistente truccatore: Federico Soletti; parrucchiere: Rosina Faussone; direttore tecnico: Carlo Serrutini; segretaria di edizione: Gioi; segretario di produzione: Arrigo Peri.
Teatri di posa e mezzi tecnici: FERT, Torino.
Sinossi
Un povero pescatore affida per denaro i figli Piero e Nino al francese Neroni che recluta giovanetti per farli lavorare nella sua vetreria. I due fratelli vengono avviati ad un duro lavoro; il cibo è scarso e ai due piccoli vengono spesso inflitte severe punizioni. Con l'appoggio di un operaio della fabbrica i due ragazzi fuggono ed a loro si accompagna Bibi, figlio di un attore girovago. Ma Nino s'ammala e muore nel momento in cui Neroni rintraccia i fuggitivi. Piero raggiunge il cimitero dove è stato sotterrato Nino. Qui viene scoperto dal barone de la Motte, un ex generale di Napoleone, che al cimitero s'incontra la notte con i partigiani dell'Imperatore esiliato all'Elba. Temendo che il ragazzo possa fare delle chiacchiere compromettenti, il barone conduce Piero nel suo palazzo ed ascolta con commozione il racconto che il ragazzo gli fa delle sue sofferenze. Indignato contro Neroni, minaccia di denunciarlo alla polizia, ma quello, che è al corrente dell'attività clandestina del barone, si fa beffe delle sue minacce. Improvvisamente giunge la notizia che Napoleone è sbarcato in Francia. Piero, aiutato dal suo protettore, può raggiungere l'Italia e riabbracciare sua madre.
Dichiarazioni
«Venturini […] riusciva […] a tenere legati a sé attori e tecnici, noi abbiamo lavorato sempre con lui accettando di essere pagati meno. Io per lui lavoravo al 50%, per il primo film ad esempio ho preso 1 milione e mezzo, quando per Moglie per una notte avevo già preso 2 milioni, mentre in Francia per La regina Margot, il film di Dréville con Jeanne Moreau, guadagnavo il doppio. Il piccolo vetraio poi, l'ho fatto gratis, e non solo io. Ma lavorare a Torino mi piaceva molto e mi piaceva molto anche lui» (A. Francioli, in L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
«Quegli anni a metà dei ’50 furono molto difficili per il cinema italiano. Fallirono, tra le altre, alcune società prestigiose come la Minerva, la Excelsa, la Diana, la I.C.S., la Zeus, la Taurus, la Vox, oltre a molte regionali. Nella bufera, poiché quello è il suo nuovo lavoro, oltre che la passione dominante, Venturini crea la Ambra, la Filmex e la Prora per ricominciare a produrre. E la Filmex che riparte con Il piccolo vetraio di Giorgio Capitani, fedele aiuto di Cottafavi, sceneggiatore, da sempre nel raggio di Venturini. Attenzione: Capitani, Francioli e molti altri lavorano gratis, per dare una mano all'amico. Non è capitato spesso nel mondo del cinema. Perciò si deve ricordare. Soprattutto perché affidatosi a Capitani anche per La trovatella di Milano e al vecchio Campogalliani per Orfana del ghetto, Foglio di via e L'angelo delle Alpi, chiude con quest'ultimo film nel '57 la produzione torinese» (L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
«La vicenda è a lieto fine e il film non comprende elementi negativi di particolare rilievo. Se i genitori di Piero e Nino mandano i figli a lavorare in Francia, essi lo fanno spinti dalla miseria. La madre cerca di opporsi e s'arrende solo quando l'assicurano che i piccoli avrebbero potuto tornare se non si fossero trovati bene. L'inumano trattamento inflitto ai ragazzi viene accennato con discrezione. La visione è ammessa per tutti» (Centro Cattolico Cinematografico, Vol. XXXVIII/30, 1955).
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