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Il mercante di Venezia
Italia/Francia, 1953, 35mm, 100', B/N
Altri titoli: Le Marchand de Venise
Regia Pierre Billon
Soggetto dall'opera teatrale omonima di William Shakespeare
Sceneggiatura Pierre Billon, Louis Ducreaux, Giuseppe Mangione, Corrado Sofia, Federico Zardi
Fotografia Arturo Gallea
Operatore Armando Nannuzzi
Musica originale Giovanni Fusco
Suono René Forget
Montaggio Loris Bellero
Scenografia Giancarlo Bartolini Salimbeni
Costumi Maud Strudthoff
Trucco Amato Garbini
Interpreti Michel Simon (Shylock), Massimo Serato (Antonio), Andrée Debar (Porzia), Armando Francioli (Bassanio), Giorgio Albertazzi (Lorenzo), Liliana Tellini (Jessica), Olga Solbelli, Marika Spada, Carletto Sposito, Gualtiero Tumiati, Nerio Bernardi, Clara Auteri Pepe, André Hildehrand, Franco Balducci, Renato De Carmine
Direttore di produzione stripslashes(Vieri Bigazzi)
Produzione Giorgio Venturini per Venturini Film, Elisée Film
Distribuzione Venturini
Note Dialoghi: Cesare Vico Lodovici; altri interpreti: Alberto Collo, Paola Mori, Franco Giacobini, Pamela Palma, Toni di Mitri; segretaria di edizione: Gioi.
Sinossi
Secondo una clausola del testamento paterno, la ricca Porzia dovrà sposare quello dei suoi pretendenti che riuscirà ad indovinare in quale di tre cofani sia chiuso il ritratto della fanciulla. Bassanio, nobile veneziano, innamorato di Porzia, desidera partecipare alla gara, ma per presentarsi degnamente all'innamorata ha bisogno di tremila ducati, che chiede al suo amico Antonio, ricco armatore. Questi, non disponendo della somma, la chiede in prestito all'ebreo Shylock, il quale, ansioso di vendicarsi delle offese di Antonio, gliela concede a patto che gli venga restituita entro quaranta giorni e l'armatore si obblighi, in caso di inadempienza, a lasciarsi togliere dal corpo una libbra di carne. Trascorsi i quaranta giorni Antonio non può pagare, perché il timore della peste ha indotto il Doge a chiudere il porto a tutte le navi. Shylock richiede la libbra di carne promessagli; la questione viene portata innanzi alla corte di giustizia. AI processo assistono Bassanio, che ha vinto la gara, e la stessa Porzia, travestita da giureconsulto. Questa propone che a Shylock si conceda la libbra di carne promessa, purché egli si impegni, pena la vita, a non versare una sola goccia di sangue.
Dichiarazioni
«Venturini si affezionava alle persone, chiamava gli stessi attori anche quando non c'entravano niente, però poi ci faceva lavorare, soprattutto perché spesso impostava la produzione di due film contemporaneamente. Nel Mercante di Venezia e nei Piombi di Venezia lavoravo tra Torino e Venezia e sono rimasto in piedi per quattro giorni di seguito, cadendo poi addormentato per quarantotto ore di fila. Sono film che non ho mai più rivisto. E li ricordo sempre con un po' di rabbia dentro. Non che Venturini cercasse intenzionalmente di sabotarli, ma quando servivano venti comparse, lui era costretto, per problemi reali, a metterne a disposizione soltanto dieci. E poi erano film d'evasione girati in un periodo in cui sembrava si dovessero fare soltanto film piuttosto impegnati» (A. Francioli, in L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
«Il Mercante di Venezia visto oggi impressiona per l'eleganza, il gusto della cornice decorativa. Un po' meno per lo stile narrativo. Pierre Billon era un regista di genere commerciale dal '30. Discontinuo, ben trattato dalla critica italiana nel '47 per Ruy Blas girato a Milano e massacrato nel '53 per Delirio, girato a Roma. Con Michel Simon aveva già lavorato nel '44 per Vautrin. Era una produzione della Gaumont, molto ricca, adeguata alla trama complessa che, ispirata a Splendori e miserie delle cortigiane di Balzac, catapultava il forzato evaso Colin, detto Vautrin, nell'alta società parigina. E dunque ambienti ricchi, feste, balli, teatri, ville, costumi, per intrighi di amore e denaro, tradimenti, scalate sociali, decadenza. Il film era un'occasione ghiotta per Michel Simon, che vi sfoderava l'aplomb del grande teatrante nei panni di un falso prete e diplomatico lasciando per una volta il bofonchiante, farfugliante popolano, e soprattutto un ottimo banco di prova per Billon alle prese con molti personaggi e ambienti, cui lui offriva una regia sciolta, corretta a tratti intensa. (Tutte le scene della cortigiana Ester (Madeleine Sologne), con il bavoso, invasato barone Nucingen; e soprattutto il grande ballo con l'intrecciarsi di dame mascherate, provocanti, o il sobrio finale che riassume e modifica ben due romanzi dei quattro di Balzac). Michel Simon risponde alla grande come per esempio nei momenti della disperazione per la fuga della figlia. Corre per Venezia infila la testa tra le colonne della balaustra d'un ponte, striscia, impreca, minaccia. Quella sua faccia enfiata e sfatta, bene esprime la disperazione. Ma anche Serato, il malinconico Antonio cui peraltro è sottratto il grande monologo iniziale, rivela una misura che può solo far rimpiangere il suo impiego saltuario in grandi ruoli» (L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
«La vicenda è tendenzialmente positiva; ma il film comprende episodi (la fuga di Jessica, figlia di Shylock, la relazione tra Nerissa e Graziano), battute e costumi, che impongono delle riserve. La visione è ammessa per adulti di piena maturità morale» (Centro Cattolico Cinematografico, Vol. XXXIII, Dispensa 7, 1953).
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