Il cortometraggio tenta di descrivere lo stato di ossessiva sofferenza psichica vissuta da un uomo che ama, non ricambiato, una giovane e bellissima donna. Lo spettatore è aggredito da una serie di immagini fulminee ed ermetiche che rappresentano la soggettività tormentata del protagonista, e nelle quali si mescolano ricordi del passato, sensi di colpa (il crocefisso), il pensiero di lei che procede indifferente ed incurante, assorbita da una vita moderna e asettica. Conta soprattutto l’impasto sonoro e visivo.
«”Décalage” è un’espressione che in francese significa “mancata corrispondenza”. Ho trovato questa parola per caso su un libro e mi piaceva il suono, per cui ho deciso di usarla. Sempre per caso ho ascoltato il brano degli Autechre sul quale ho poi pensato di costruire l’intero film. Volevo fare qualcosa che non avevo mai fatto prima, e siccome c’è stato un periodo in cui ho iniziato a interessarmi alle avanguardie contemporanee, alla videoarte e al videoclip, ho tentato anch’io di fare un esperimento in quella direzione. Ho cominciato ad effettuare le prime riprese mentre mi trovavo in vacanza in Francia. Non sapevo nemmeno io cosa stavo facendo esattamente. Poi ho avuto l’idea di fare un piccolo film sperimentale dallo schema molto semplice, una contrapposizione lei/lui, parlando così di un sentimento umano universale, che tutti quanti hanno sperimentato almeno una volta nella vita: l’amore incorrisposto. Di solito al cinema è sempre possibile vivere storie d’amore, ma io volevo parlare di una storia d’amore che non comincia mai. Per questo nel film il tempo è completamente bloccato, quasi in senso metafisico, non c’è nessuna progressione narrativa. Un’altra molla che mi ha spinto a fare Décalage è stato il tentativo di raccontare con uno stile iperdinamico e frammentato un tipo di sentimento al quale al cinema solitamente vengono riservati lunghi ed estenuanti primi piani fissi, o interminabili piani sequenza accompagnati da una musica grave e lenta. Qui invece la musica è martellante, ma trasmette egualmente un profondo senso di angoscia e di insoddisfazione. La ricerca per l’attrice è stata molto lunga, ci ho messo circa un anno a trovare quella adatta, dopo aver scartato molte possibili soluzioni che non mi soddisfacevano completamente. La contrapposizione principale è anche quella tra la solitudine della natura e quella della grande città ipertecnologica. Così lui è sempre visto volutamente di spalle e da lontano, mentre lei è sempre in primo piano o comunque spesso al centro dell’inquadratura. Però alla fine si tratta di due individui ugualmente isolati, prigionieri del loro individualismo e della loro incapacità di farsi amare» (E. Mils, Dichiarazione inedita, 2009).