Regia Riccardo Donna
Soggetto Ivan Cotroneo, Claudio Baglioni
Sceneggiatura Ivan Cotroneo, Claudio Baglioni
Fotografia Federico Schlatter
Operatore Bruno Di Virgilio
Musiche di repertorio Claudio Baglioni
Suono Alessandro Rolla
Montaggio Fabrizio Rossetti
Effetti speciali Stefano Marinoni
Scenografia Alessandra Panconi, Leonardo Conte
Arredamento Alessandra Panconi, Leonardo Conte
Costumi Maria Luisa Montalto
Interpreti Emanuele Bosi (Andrea), Mary Petruolo (Giulia), Daniela Giordano (Anna), Mariella Valentini (Vittoria), Federico Galante (Leo), Claudio Cotugno (Vincio), Valentino Campitelli (Secco), Giulia Amato (Irene), Veronica Corsi (Cinzia), Matteo Urzia (Nico), Stefano Masciolini (Marco), Veronica Bruni (professoressa di Greco), Giancarlo Previati (Sergio), Piero Cardano (Sasà), Andrea Gherpelli (Lubrano)
Casting Francesco Vedovati, Claudia Marotti
Produzione Matteo Levi, Giannandrea Pecorelli per 11 Marzo Film, Aurora Film, Medusa Film
Distribuzione Medusa Film
Note Collaborazione alla sceneggiatura: Manuela Tempesta; assistente operatore: Silverio Chiappara, Andrea Sparacino, Andrea Cagnassi; canzoni: Questo piccolo grande amore, Porta Portese, Io ti prendo come mia sposa, Piazza del Popolo, Mia libertà di Claudio Baglioni; suono in presa diretta; montaggio del suono: Alessandra Perpignani; assistente ai costumi: Giovanna Mazzi; sarta: Francesca Campanella; parrucchieri: Massimiliano Gelo, Marzia Colomba; altri interpreti: Antonio Gerardi (Reggiani), Ivano Marescotti (prete), Claudia Alfonso (manifestante), Federico Costantini (ragazzo); location manager: Anna Frandino; collaborazione alla produzione: Sky,
Locations: Roma, Saluzzo (CN), Torino (Porta Nuova, via San Massimo).
Film realizzato con il supporto della Film Commission Torino Piemonte.
Sinossi
1972. Andrea e Martina si incontrano durante una manifestazione studentesca. Lui è iscritto all’Università, lei è studentessa liceale. I due vivono la loro prima, intensa storia d’amore che ha come colonna sonora l’LP di Claudio Baglioni Questo piccolo grande amore.
Dichiarazioni
«Questo piccolo grande amore è un film con una forte connotazione romana. È una storia ambientata e in parte realmente accaduta a Roma. In effetti se ci penso, è strano che mi sia ritrovato proprio io a realizzare questo film. Un torinese, che racconta un amore romano. […] Quel disco è entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo e ridurlo ad una semplice storia romana sarebbe stato riduttivo. Quel “piccolo grande amore” è di tutti. Ognuno ne ha vissuto una sua indimenticabile versione. Questo film è la mia. […] Il film è ambientato nel 1971, vive di quell’atmosfera, di quei sogni, che erano uguali a Roma, come a Torino. Ma aldilà delle parole, delle idee e dei sentimenti, c’è realmente un bel pezzo di Piemonte nel film. Il protagonista, Andrea, ad un certo punto della storia parte militare. Dovevo trovare un luogo per ambientare il suo servizio di leva, che fosse idealmente lontano, freddo, diverso dalla città che lasciava. Ho pensato a Saluzzo, che ricordavo essere spesso la destinazione di chi partiva soldato dal centro o dal sud Italia… Ho fatto isopralluoghi e subito ho capito che era il posto giusto: la caserma perfettamente conservata, la stazione, il centro storico che raccontava la distanza da Roma nella sua stessa architettura. […] A Torino abbiamo girato due sequenze fondamentali della storia. La stazione Termini a Roma è un luogo dove ormai è molto difficile girare scene non ambientate ai giorni nostri. […] Allora ho provato a fare un giro a Porta Nuova e ho scoperto che se camminavo un po’ lungo i binari, allontanandomi dall’edificio della stazione, potevo ritrovare la pulizia architettonica che ricordavo negli anni 70. […] Anche la chiesa che vedrete nel film, carica di atmosfera, illuminata da centinaia di candele, non è come potrebbe sembrare una delle innumerevoli chiese romane, ma una chiesa sconsacrata, in via San Massimo a Torino. Avevo bisogno di un luogo per realizzare un effetto speciale e una vera chiesa non mi sembrava il luogo ieale per entrare con tutto il circo di persone che la “macchina cinema” comporta» (R. Donna, “La Stampa - TorinoSette”, 6.2.2009).
«I produttori sono arrivati da me con l’album di Baglioni in mano e mi hanno chiesto di inventare una storia che tenesse conto di quel filo narrativo, scegliendo su quali canzoni puntare e individuando come potevano essere risolte le varie situazioni: ad esempio come mettere in scena nel modo migliore un brano come Tutto l’amore che posso o in quale momento e con quali immagini ricreare la scena del matrimonio o quella di Porta Portese. Potevamo contare su un racconto cantato e su un io narrante maschile senza nome, ma il personaggio femminile era raccontato solo di sponda. Abbiamo scritto prima un trattamento e poi una sceneggiatura: il concept album dava la linea per la love story fra Andrea e Giulia e su questa base è intervenuto nel copione anche Baglioni con i suoi ricordi autobiografici e le sue suggestioni personali» (I. Cotroneo, “La Stampa - TorinoSette”, 6.2.2009).
«È una sorta di pop-movie. Ed è forse la prima volta che si fa un film tratto da un album. Ammetto che quando la settimana scorsa l’ho visto, mi ha toccato emozioni profonde. Alla fine deli anni Sessanta si consuma forse l’ultimo sogno collettivo, l’ultima favola in cui tutti insieme, o gran parte di noi, abbiamo pensato di migliorare il mondo» (C. Baglioni, “La Stampa”, 10.2.2009).
«Una manifestazione iniziale in piazza del Popolo e un finale matrimonio sui prati alla Hair, con immagini oniriche, sono terribili; la vicenda amorosa non presenta sorprese. La coppia protagonista non è brava e neppure molto simpatica» (L. Tornabuoni, “La Stampa”, 13.2.2009).
«[…] il film è solamente parte di un progetto più ampio, chiamato QPGA (dal titolo del disco) lanciato da Baglioni: ne fanno parte un romanzo che sviluppa una storia del film; una tournée già sold out, che sta per riprendere, e un doppio cd» (S.N., “La Stampa”, 10.2.2009).
«Across the universe di Claudio Baglioni: il regista Riccardo Donna entra nella canzone cult e altre girando un maxi film video in cui poi si ricicla alla grande il mélo teen agers della notte prima degli esami. L' universitario incontra nel ' 77 la liceale (perché “manifestate?”), teatrini sociologici familiari terrificanti, amore difficile. Doppio equivoco, la leva come nei musicarelli di Morandi e tre coreografie musical: alla Rugantino, alla Domenica è sempre domenica o al parco come in Hair. Meglio il secondo tempo con caserma, almeno il coraggio del finale malinconico open, non lieto. Nei dolci inganni due ragazzi carini, patinati ma non viene fuori dagli occhi al collirio un' emozione vera: la Petruolo è bella, riccioloni a posto, si sente la lacca, una Barbie della Muti; Bosi è un torvo Scamarcio di riserva» (M. Porro, “Corriere della Sera”, 13.2.2009).
«Baglioni nel buio degli anni di piombo. Questo piccolo grande amore di Riccardo Donna è l'ennesima pellicola sentimental-adolescenziale con titolo di canzone. Stavolta si pesca dall'omonimo album di Claudio Baglioni del 1972 per raccontare la storia di Andrea e Giulia che in quello stesso anno si innamorano infelicemente. Ce la faranno a superare la classe sociale (periferia Andrea, centro Giulia), l'età anagrafica (università lui, liceo lei), il servizio militare e l'atmosfera sempre più tesa di un paese dove le manifestazioni politiche diventano presto dei pericolosi conflitti sociali in ebollizione? Francamente ci si aspettava qualcosa di più o semplicemente qualcosa da quest'operazione a tavolino di nostalgia canterina. La regia dell'esperto di fiction Riccardo Donna è il massimo dell'anestesia visiva, la sceneggiatura di Ivan Cotroneo è il festival delle frasi fatte mentre né Emanuele Bosi né Mary Petruolo riescono a proporre corpi e recitazione che non ricordino qualcuno di già visto mille volte. Lui è il tipo alla Scamarcio e lei alla Chiatti. Baglioni non smette mai di cantare in colonna sonora ma, purtroppo, non si tratta di un concerto» (F. Alò, “Il Messaggero”, 13.2.2009).
«Che succede ai cantautori? Hanno perso la misura delle cose e, tra una laurea honoris causa e l'altra, cedono al delirio autocelebrativo? Dopo l'impresentabile Albachiara patrocinato da Vasco Rossi ecco che Claudio Baglioni si espone in prima linea per cine-rievocare il decollo della sua folgorante carriera all' inizio dei Settanta. Gonfiando di ambizioni la struttura dei modesti musicarelli d'epoca, a mettere in immagini e azione l'apoteosi della canzone che - piaccia o no - ha segnato una tappa nella storia musicale e del costume italiani, ci si mettono in tanti: il produttore Giannandrea Pecorelli già inventore del caso Notte prima degli esami, lo sceneggiatore Ivan Cotroneo, l'esperto regista tv Riccardo Donna. Ma è un susseguirsi di strazianti banalizzazioni, sguardi languidi e boccucce imbronciate. Dopo averlo visto in maniera corretta, fate la riprova in dvd partendo di tanto in tanto con lo scorrimento veloce: sguardi languidi, boccucce imbronciate, banalità; non perdete nulla. È proprio indecente» (P. D'Agostini, “la
Repubblica”, 13.2.2009).
«Passerotti volate pure via. Il cinema italiano di maggior successo punta sempre più verso il basso. Dopo la banalità di Italianse di Ex, ecco questa inerte "riduzione" del romantico intreccio narrativo contenuto nei testi di Baglioni. L’idea da musical romanesco non era male. Ma le canzoni sono in margine e nessuno canta sotto la luna. Strada facendo sale la noia» (C. Carabba, “Corriere della Sera Magazine”, 26.2.2009).
«Il film, nel suo insieme, non fatica a meritarsi simpatia: per la sua gentilezza, il suo garbo, la finezza delle notazioni amorose e, non certo da ultimo, per quella cornice romana anni Settanta che Baglioni, nelle sue canzoni, aveva rievocato con precisione e che la regia di Riccardo Donna rappresenta poi con sensibilità e con calore. Altro merito, proprio le canzoni. Si ascoltano nella colonna sonora ed è Baglioni che, cantando, commenta implicitamente non solo la storia ma l'animo, i pensieri, le reazioni dei personaggi che a suo tempo si era inventato. Senz'altro una novità. Che potrebbe fare scuola. I protagonisti, Mary Patruolo e Emanuele Bosi, come il regista vengono dalla televisione. Ma sono plausibili anche sul grande schermo» (G.L. Rondi, “Il Tempo”, 10.2.2009).
«La coppia protagonista non è brava e nemmeno troppo simpatica. San Valentino non merita granché, ma così è troppo» (L. Tornabuoni, “La Stampa”, 13.2.2009).
Scheda a cura di Franco Prono
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