Altri titoli: City Under Siege; Un homen, uma cidade; Vicio en la ciudad
Regia Romolo Guerrieri
Soggetto dal romanzo “Il commissario di Torino” di Diego Novelli e Andrea Marcato
Sceneggiatura Mino Roli, Nico Ducci
Fotografia Aldo Giordani
Operatore Sergio Bergamini
Musica originale Carlo Rustichelli
Suono Nick Alexander, Ettore Cappa, Gianni D’Amico
Montaggio Antonio Siciliano
Scenografia Eugenio Liverani
Costumi Andrea Zani
Trucco Raffaele Cristini, Marcella Favella
Aiuto regia Renato Rizzuto
Interpreti Enrico Maria Salerno (ispettore Michele Parino), Luciano Salce (Paolo Ferrero), Bruno Zanin (Giorgio Cournier), Gipo Farassino (sergente Polito), Tino Scotti (cavalier Fidelio), Françoise Fabian (Cristina Cournier), Paola Quattrini (Anna), Monica Monet (Luisa), Maria D’Incoronato (Maria), Ilona Staller (prostituta), Francesco Ferracini, Raffaele Curi, Loris Bazzocchi, Carlo Puri, Iginio Bonazzi
Ispettore di produzione Antonio Girasante
Produttore esecutivo stripslashes(Luigi Rovere)
Produzione Goriz Film
Distribuzione Cineriz
Note Assistente operatore: Aldo Bergamini; fotografo di scena: Enzo Falessi; direttore d’orchestra: Gianfranco Plenizio; assistente al montaggio: Lina Caterini; parrucchiera: Marcella Favella; altri interpreti: Maria Grazia Bosco, Pio Buscaglione, Anna Campori, Gianni Cagnazzo, Antonio Cardullo, Attilio Dottesio, Vttorio Duse, Dino Emanuelli, Antonino Faa Di Bruno, Eligio Irato, Carla Mancini, Paolo Percaus, Bob Marchese, Cinzia Romanazzi, Angelo Sacco, Orazio Stracuzzi, Gino Sovilla, Giuseppe Tammaro.
Gran parte delle locations torinesi sono nella zona del Lungodora e a Porta Palazzo, dove agisce anche un giovane poliziotto dal forte accento meridionale che è interpretato dallo chansonnier piemontese (e futuro deputato leghista) Gipo Farassino.
Diego Novelli, coautore del romanzo a cui il film si ispira, pochi anni dopo divenne sindaco di Torino.
Sinossi
Il capo della Squadra Mobile di Torino è un uomo buono e comprensivo. I suoi superiori però lo trasferiscono quando egli scopre un losco giro di droga e prostituzione in cui è coinvolta la Torino bene. Anche un giornalista, suo amico e collaboratore, viene messo a tacere. Ma i due non si danno per vinti.
«Nel 1973 Riccardo Marcato e Piero Novelli avevano riproposto, col Commissario di Torino, lo stesso sfondo del romanzo di Fruttero e Lucentini [La donna della domenica], ma con minore abilità e fortuna. La versione cinematografica – Un uomo, una città – precede quella del best-seller mondadoriano: la dirige lo sperimentato Romolo Guerrieri e la interpretano Enrico Maria Salerno, Françoise Fabian, Paola Quattrini, Luciano Salce e Gipo Farassino. Ma il suo destino è quello di rimanere relegata nei circuiti minori» (C. Bragaglia, Il piacere del racconto, La Nuova Italia, Firenze, 1993).
«Anche Leonardo sbagliò la pasta di un affresco […], figuriamoci Romolo Guerrieri, onesto artigiano, alle prese con un tema tanto impegnativo come quello di una realtà sociale ed economica ribollente, la Torino dei nostri anni. Così se viene bene, sullo schermo, la figura del commissario, affidata ad un sobrio Enrico Maria Salerno, la città, sussultante sotto la violenza che le nasce nel ventre, non esiste. E l’affresco finisce per somigliare, anche nel colore, alle tavole di un Beltrame, passato al Grand Guignol. […] C’è anche un torinese, Gipo Frassino, nei panni di un maresciallo meridionale. Mah !» (C.R., “Il Giorno”, 19.9.1974).
«Perché il film è ambientato ai piedi della Mole e parla con la cadenza di Gianduia e molti “neh”, attenti alle comparse: è facile che vi riconosciate qualcuno. […] Siamo in un luogo astrattamente cinematografico, dove gli spaccati della delinquenza e i problemi della polizia tradiscono il cliché. Derivato alla libera dal Commissario di Torino di Marcato e Novelli, il film narra la stanchezza, la nausea e infine la rinuncia all’ufficio del dottor Michele, capo della “Mobile” […]. Dentro i suoi ristretti confini, questo film sulla “Torino bollente” che non riusciamo a sentire sotto i piedi, potrà essere un po’ balordo, ma non è mogio, non annoia. Provvedono alla bisogna battute tra pepate e scurrili, molte macchiette tra le quali il “giornalista scettico” di Salce e quella di Tino Scotti, un operaio in pensione che per avere troppo tempo lavorato alla catena di montaggio è tutto del Padrone e s’illude di vederne l’elicottero come Eliseo il carro d’Elia, risvolti gialli in tensione e altri pregi commerciali. Infine la Fabian e la Quattrini irradiano di loro presenza il parrucchino d’un corrucciato, spesso astratto ma sempre dignitoso Salerno» (L. Pestelli, “La Stampa”, 1.11.1974).
«Un uomo, una città, girato a Torino nel 1975, è uno strano ma riuscito esempio di connubio tra il genere poliziottesco che all'epoca godeva di grande successo e i toni della commedia all'italiana. Lo dirige Romolo Guerrieri, gli interpreti principali sono Enrico Maria Salerno (con un parrucchino che non gli dona per niente) e Luciano Salce nel ruolo di un giornalista d'assalto (la redazione che hanno utilizzato è visibilmente quella storica della Gazzetta del Popolo in corso Valdocco). Tra gli altri interpreti vanno citati Françoise Fabian (la signora Cournier, esponente della Torino bene che possiede un negozio in Galleria Subalpina e abita sopra il ristorante Al Cambio) e Gipo Farassino nel ruolo del maresciallo Polito (doppiato in napoletano, un poliziotto meridionale pensoso e volenteroso). Alcuni angoli di Torino sono visibili in tutta la loro bellezza (ad esempio il Borgo Medievale, descritto dal protagonista come “bello e falso, proprio come una certa buona società torinese”), altri sono ricostruiti in luoghi diversi. Ad esempio, nonostante un cartello indichi che siamo in via Grattoni, la Questura di Torino non è quella vera bensì l'ingresso del Conservatorio in Piazza Bodoni. Altri ancora sono completamente cambiati. Il protagonista pedina un sospetto fino ai Murazzi, oggi luogo di movida. Lì invece sono deserti, con un solo locale: un raffinato club gay, in realtà mai esistito. Oppure quando uno dei sospetti dichiara come alibi di essere stato al cinema Astra» (S. Della Casa, “La Stampa-TorinoSette”, 25.6.2010).
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