Revisione alla sceneggiatura: Massimo Scaglione; aiuto operatore: Michele Colasanto; consulente musicale: Vito Griva; microfonista: Dario Foresto; assistente al montaggio: Anna Maria Rubino; missaggio: Giuseppe Siclari; collaborazione ai costumi: Anita Gheller; parrucchiera: Tania Annaloro; assistente alla regia: Mia Santanera; altri interpreti: Rosalba Bongiovanni, Clara Gessaga, Piero Molino, Adriana Testa; direttore del doppiaggio: Fausto Banchelli; grafico: Piero Bicchi; coordinameno della produzione: Giancarlo Giordanino.
Prima trasmissione televisiva: RAI, Programma Nazionale, aprile 1984.
Giovanni Arpino ha scritto Una nuvola d’ira (che è stato definito dai critici “il primo vero romanzo politico che sia mai stato scritto in Italia”) nel 1962, un anno dopo le celebrazioni torinesi del centenario di Torino capitale d’Italia. Siamo dunque nella ricca città del boom economico, quando il benessere sembrava aver sopito i rivolgimenti della classe operaia.
Tre personaggi appartenenti alla classe operaia vivono nella grande città industriale la loro lotta quotidiana per capire qualcosa del mondo che li circonda e di una ideologia che sembra non riuscire più ad interpretare correttamente la realtà.
Il tranquillo tran tran dei coniugi protagonisti (la motocicletta, il canarino, le gite nelle Langhe, il circolo) viene sconvolto dal giovane Angelo, figlio di amici. Quest’ultimo, privo forse di un’esperienza diretta dei contrasti sociali, ammonisce che bisogna dar retta alla Storia e ricorda come tutto diventi politica. Matteo invece, che la guerra e la Resistenza hanno reso se non cinico certamente amaro, cerca di contrapporglisi e di gettare acqua sul fuoco. Tra i due c’è la moglie, che ha un carattere forte e una morale schietta. Matteo sembra ormai aver perso ogni interesse per la vita e inevitabilmente la moglie “tigre” gli si allontana.
Arpino ed i suoi personaggi capiscono che il cosiddetto miracolo economico non cambia i rapporti di potere nella società, non cambia nulla capiscono che dopo lo sbandamento della sinistra seguito al Ventesimo Congresso del Partito Comunista Sovietico, la vittoria del neocapitalismo è in realtà una sconfitta per tutti. «Il neocapitalismo», afferma lo scrittore, «ha creduto di far tutti borghesi. Ha fatto tutti anarchici»". La Torino operaia dei primi anni Sessanta è una città di frontiera, un “laboratorio” culturale e ideologico in cui i vecchi schemi mentali rivelano la propria inadeguatezza. La “nuvola d’ira” dei proletari sconfitti su tutti i fronti annuncia in qualche modo il Sessantotto.