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Produzioni Tv |
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A che punto è la notte
Italia, 1994, 35mm, 205', Colore
Regia Nanni Loy
Soggetto dal romanzo omonimo di Carlo Fruttero e Franco Lucentini
Sceneggiatura Laura Toscano, Franco Marotta, Nanni Loy
Fotografia Claudio Cirillo
Operatore Enrico Cortese
Musica originale Nicola Piovani
Suono Marco Di Biase
Montaggio Franco Fraticelli
Effetti speciali Paolo e Luca Ricci
Scenografia Umberto Turco
Costumi Vera Cozzolino
Trucco Marisa Marconi, Antonio Maltempo
Aiuto regia Bruno Nappi
Interpreti Marcello Mastroianni (Salvatore Santamaria), Max Von Sydow (Arcivescovo di Torino), Luigi Montini, Marie Laforet (Chantal Guidi), Alessandro Haber (ingegner Vicini), Angela Finocchiaro (agente Luigina Pietrobono), Leo Gullotta (Priotti), Ennio Fantastichini (Graziano), Emmanuelle Riva (professoressa Cialdini), Renato Carpentieri (don Pezza), Ivonne Scio (Thea Guidi), Gabriella Giorgelli (Romilda Bortolon), Pierfrancesco Loche (agente Orrù), Carlo Monni (Dalmasso), Sergio Fantoni (Musumanno), Lorenzo Amato (Tropeano), Tony Sperandeo (Cagliuso), Costantino Carrozza, Guido Cerniglia, Peppe De Rosa, Fulvio Falzarano, Gianfelice Imparato
Direttore di produzione Giorgio Russo
Produttore esecutivo Luciano Perugia per Telecine Star
Produzione Rai2, France2, Channel Four, ORF, ZDF, RTSI Televisione Svizzera Italiana
Note Assistente alla regia: Bianca Perugia; maestro d'armi: Franco Salamon; parrucchiere: Mirella Ginnoto; segretaria di edizione: Marisa Merci; coproduttore: E.C.A. (European Coproduction Association); produttore Rai: Anna Giolitti; produttore associato: Giuseppe Colombo.
Questo film televisivo è stato trasmesso su Raidue, diviso in due puntate, il 14 ed il 15 dicembre 1994.
Locations: Torino, Venaria Reale (chiesa di S. Uberto).
Sinossi
Nella chiesa di Santa Liberata, a Torino, don Pezza tiene le sue funzioni non rispettando il rito tradizionale e sostenendo la causa degli emarginati. Durante una predica, il sacerdote viene ucciso da una bomba. Sul delitto indaga il commissario Salvatore Santamaria. Dapprima vengono arrestati alcuni esponenti mafiosi attivi a Torino, i cui affari, si pensa, avrebbero coinvolto Santa Liberata. Ulteriori indagini portano però il commissario ad accantonare questa pista e a scoprire la verità: uno dei frequentatori della parrocchia, dirigente della Fiat, gestiva, con altri due quadri dell’azienda, un fruttuoso traffico di componenti delle vetture che, prodotti dalla casa automobilistica di Mirafiori e scartati come difettosi, venivano dirottati verso una piccola ditta complice e rivenduti alla Fiat stessa. Dalla scoperta di questa truffa prende le mosse la soluzione del “giallo”.
Dichiarazioni
«Nutriamo oggi il dubbio (o la speranza?) che dopo il crollo dell'impero sovietico e del muro di Berlino, le democrazie occidentali vogliano procedere ad un riesame di se stesse, confermino la tendenza a conoscersi meglio e a svelare i misteri della loro storia recente e dei loro assetti di potere. In siffatto quadro può essere inserita l'intuizione preveggente di Fruttero e Lucentini: una metafora sul potere della religione e del denaro, o sulla “religione” del denaro. A che punto è la notte amalgama due generi all'apparenza profondamente diversi: il giallo e la commedia. La commedia si fonda sulla deformazione grottesca del linguaggio e delle situazioni. L'ironia e la satira tanto più funzionano quanto più il lettore-spettatore si riferisce - ben conoscendolo - all'oggetto sociale, al costume deformato e irriso. Il “giallo” è, al contrario, basato sull'archetipo dell’eterno, universale conflitto fra il bene e il male, all'identificazione con l'indagatore onesto e intelligente, “il guardiano del bene”, all'atto di giustizia finale che svela e condanna. […] L'ottica bonaria, umanissima, autoironica del Commissario Santamaria consente quindi di utilizzare i due generi, dando al racconto la sua impronta disincantata anche quando viene a contatto con vicende tragiche, dolorose, favorendo inoltre nello svolgimento delle indagini, la ricostruzione della complessa personalità di ogni indiziato, i suoi tic, i suoi vezzi in un clima di assoluto realismo, lontano da ogni stereotipo. Santamaria dunque, antieroe o eroe suo malgrado. Perché il confronto e l'esplorazione più rischiosa e difficile è proprio quella con se stessi e con i propri simili. Ma questo forse Santamaria non vorrebbe mai sentirselo dire"» (N. Loy, nel Pressbook della produzione, 1994).
«Nutriamo oggi il dubbio (o la speranza?) che dopo il crollo dell'impero sovietico e del muro di Berlino, le democrazie occidentali vogliano procedere ad un riesame di se stesse, confermino la tendenza a conoscersi meglio e a svelare i misteri della loro storia recente e dei loro assetti di potere. In siffatto quadro può essere inserita l'intuizione preveggente di Fruttero e Lucentini: una metafora sul potere della religione e del denaro, o sulla “religione” del denaro. A che punto è la notte amalgama due generi all'apparenza profondamente diversi: il giallo e la commedia. La commedia si fonda sulla deformazione grottesca del linguaggio e delle situazioni. L'ironia e la satira tanto più funzionano quanto più il lettore-spettatore si riferisce - ben conoscendolo - all'oggetto sociale, al costume deformato e irriso. Il “giallo” è, al contrario, basato sull'archetipo dell’eterno, universale conflitto fra il bene e il male, all'identificazione con l'indagatore onesto e intelligente, “il guardiano del bene”, all'atto di giustizia finale che svela e condanna. […] L'ottica bonaria, umanissima, autoironica del Commissario Santamaria consente quindi di utilizzare i due generi, dando al racconto la sua impronta disincantata anche quando viene a contatto con vicende tragiche, dolorose, favorendo inoltre nello svolgimento delle indagini, la ricostruzione della complessa personalità di ogni indiziato, i suoi tic, i suoi vezzi in un clima di assoluto realismo, lontano da ogni stereotipo. Santamaria dunque, antieroe o eroe suo malgrado. Perché il confronto e l'esplorazione più rischiosa e difficile è proprio quella con se stessi e con i propri simili. Ma questo forse Santamaria non vorrebbe mai sentirselo dire"» (N. Loy, nel Pressbook della produzione, XXXX).
«A Torino […] sono tornato per A che punto è la notte, per fare lo stesso personaggio e ritrovare gli stessi autori [de La donna della domenica]. E qui la cosa che mi affascina di più è questa nevicata che abbiamo dovuto creare, una nevicata senza freddo. Invece, quando abitavo in via San Donato, in un quartiere popolare e a guerra appena finita, faceva freddo per davvero. E penso: in fin dei conti sono fortunato, di solito sono i vecchi ad avere freddo, mentre giovani non lo sentono. Quando mi chiedono perché ho fatto l’attore, penso che questa possa essere una buona risposta» (M. Mastroianni, in D. Bracco, S. Della Casa, P. Manera, F. Prono, Torino città del cinema, Il Castoro, Milano, 2001).
«Bella sfida lavorare con un testo così complesso e affascinante come A che punto è la notte di Fruttero e Lucentini, più di 600 pagine fitte di misteri, più di cento personaggi carichi di ambiguità, di ironia, di sfaccettature psicologiche che andavano assolutamente conservate, nonostante il limite rigidissimo delle tre ore televisive. Però anche un lavoro estremamente gratificante per tante ragioni. Per il piacere di lavorare su una storia intensa ed intelligente assieme a Nanni Loy, regista ironico e ricco di sensibilità e lavorare con Marcello Mastroianni, il nostro migliore attore in assoluto, riprendere il “suo” personaggio di Santamaria a distanza di tanti anni e cucirglielo addosso, immaginandone la trasformazione attraverso le tante vicissitudini e un così intenso vissuto. Chi era Santamaria negli anni ’70 de La donna della domenica o nello stesso A che punto è la notte quando fruttero e Lucentini lo hanno pensato e scritto? Un quarantenne intuitivo e ironico, con grande umanità e molta passione per il suo lavoro. Ma in mezzo ci sono stati gli anni difficili, soprattutto per un commissario di polizia come lui, gli “anni di piombo” e gli “anni di vetro”, quelli della attuale trasparenza, la caduta delle ideologie, la trasformazione dell’assetto sociale. Come può averle vissute un tipo come Santamaria? Attivamente? Con gioia? Con amarezza? Rimpianto? Il ostro apporto di autori, assieme a Nanni Loy, è stato proprio quello di adattare il personaggio di Santamaria a questa nuova realtà, immaginarne i trascorsi e farli trasparire comunicandoli in qualche modo al pubblico. Lo ritroviamo solo. Forse non per scelta ma per un insieme di circostanze che, arrivato a quel punto della vita, certo cominciano a pesargli. Non ha famiglia, né relazioni fisse. Ma ancora voglia di innamorarsi e di sbagliare, di rischiare sui sentimenti, in un'età in cui di solito si hanno più nostalgie e ricordi che desideri» (L. Toscano, F. Marotta, nel Pressbook della produzione, 1994).
«In un momento in cui è sempre più difficile attrarre capitali internazionali per produrre storie nazionali A che punto è la notte rappresenta un felice esempio di controtendenza: un giallo italiano, anzi torinese, scritto, diretto e prevalentemente interpretato da italiani, al cui finanziamento hanno contribuito - attraverso la formula della coproduzione o del preacquisto – ben dieci televisioni europee. […] A che punto è la notte è un libro che meritava di essere trasposto in un film, per la potenza e l'originalità dell’invenzione e la riproposizione di uno dei più felici antieroi del giallo “all’italiana”: quel commissario Santamaria che aveva fatto i suoi esordi ne La donna della domenica e che Marcello Mastroianni già aveva portato sugli schermi nel film di Luigi Comencini» (M. Gusberti, responsabile Produzioni Rai tv, nel Pressbook della produzione, XXXX).
Diciannove anni dopo La donna della domenica di Luigi Comencini, Marcello Mastroianni torna ad interpretare il commissario Santamaria in un film diretto questa volta da Nanni Loy, il cui soggetto è ricavato, come allora, da un romanzo di Carlo Fruttero e Franco Lucentini. Come allora, la trama è fitta e coinvolgente ed il ritmo gradevolissimo; il testo originale della coppia di scrittori assicura numerosi riferimenti colti che sono inseriti nel ricamo del film con leggerezza ed ironia. L’umorismo fine e scanzonato nello stesso tempo, è reso benissimo da un cast di attori eccellenti tra i quali spicca Mastroianni, magistrale nell’interpretare un poliziotto meridionale trapiantato a Torino. Questa città ancora una volta costituisce lo sfondo su cui si svolgono le torbide vicende ideate da Fruttero e Lucentini; e anche in A che punto è la notte i due autori si divertono a ribaltare i luoghi comuni che la riguardano, rivelando sotto le apparenze di una società onesta e corretta, una ragnatela di traffici, tresche, vizi, intrighi. Vittima di tale dissacrazione è addirittura l’emblema della razionalità e della produttività subalpine, la Fiat: la casa automobilistica, che nei titoli di testa viene ringraziata per aver collaborato alla realizzazione del film, in A che punto è la notte è vittima di alcuni suoi dirigenti che nel privato intrecciano relazioni clandestine con la stessa donna sposata, ma tramano anche per danneggiare a proprio vantaggio la fabbrica di Mirafiori.
Il grande Max Von Sidow interpreta il ruolo di un religioso (come ne L’esorcista di William Friedkin, 1973), l’arcivescovo di Torino e, sia pur per poco tempo, anche lui finisce in questura.
Scheda a cura di Davide Larocca
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