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Cinema muto |
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Cainà
Italia, 1922, 35mm, B/N
Altri titoli: The Island and the Continent
Regia Gennaro Righelli
Soggetto Adriano Piacitelli, Maria Jacobini
Sceneggiatura Gennaro Righelli
Fotografia Tullio Chiarini
Interpreti Maria Jacobini (Cainà), Carlo Benetti (Pietro, il marinaio), Carloni Talli (la madre), Eugenio Duse, Sig. Carmi (Giannantolu)
Produzione Fert Film
Distribuzione Pittaluga
Note
1.294 metri
Anno di produzione: 1921
Nulla Osta n. 16.773 del 28.2.1922
Distribuito in Giappone nell’aprile 1923.
Secondo alcuni corrispondenti dell’epoca tra gli attori era presente Luigi Duse.
Una copia positiva del film venne fortunosamente ritrovata presso la Cineteca di Praga nel 1992 e, restaurata a cura della Cineteca di Bologna, è stata proiettata per la prima volta nell’ottobre 2001.
Sinossi
Sardegna. Ribelle e indipendente, la giovane Cainà si disinteressa dei lavori di casa e delle capre che dovrebbe accudire, venendo spesso ripresa dai genitori. Desiderosa di abbandonare l’isola alla volta del “continente”, respinge la corte del pastore Giannantolu e, cogliendo un’occasione propizia, durante una festa in paese a cui prendono parte i marinai di un’imbarcazione proveniente dalla Corsica, si nasconde non vista nella stiva della barca. Il mattino seguente la ragazza è in viaggio verso il “continente” ma una violenta tempesta fa sì che venga scoperta dall’equipaggio: il capitano, dopo aver preso le sue difese, vorrebbe approfittare di lei e, una volta sbarcati, la conduce nella propria abitazione ma le sorelle dell’uomo accolgono in malo modo la ragazza, che decide di tornare a casa. Al suo arrivo la attendono tragiche notizie: a causa della sua fuga, il padre è morto per una disgrazia, la madre è stata resa invalida da un malore e Giannantolu è impazzito. Ostracizzata dalla comunità, Cainà si getta da una scogliera.
«Con Cainà, lo splendido lavoro della “Fert”, si può dire iniziata la serie dei grandi spettacoli d’arte, programmati per la stagione invernale di questo anno. Un pubblico imponente ha seguito la tragica e forte vicenda del dramma, rievocante tutta l’anima selvaggia e impetuosa della lontana Sardegna. Ottima la trama perfettamente inquadrata nell’ambiente, ricca di suggestivi particolari susseguentisi senza posa nella nitida visione riproducente con rara esattezza usi e costumi dell’Isola. Di fine gusto la messa in scena di Gennaro Righelli, artista appassionato e coscienzioso, magnifico creatore di quadri d’insuperabile bellezza panoramica. Accennerò, così di sfuggita, alle impressionanti scene della tempesta sul mare, d’una verità impressionante, ricorderò la veduta dolcissima delle paranze sciamanti nella notte, quella delle greggi sparse sulla montagna al tramonto, col solo rammarico di non poterne aggiungere, ancora tanta è la folla d’immagini potenti sfilate davanti ai miei occhi estatici e rapiti sul bianco schermo animatore... Maria Jacobini diede il fuoco della sua viva interpretazione alla figura proterva, maliosa e sognatrice di Cainà, esprimendo col gioco mirabile della maschera incisiva e prodigiosa, l’eterno fatale tormento della camminante senza pace. Ebbe scatti felini e abbandoni mortali, fu dominatrice e vinta con una molteplicità d’espressioni e di gesti a volta, a volta sublimi, perversi, sempre degni della sua giusta forma di massima tragica del silenzio. Certo ella deve aver sentito vibrare un po’ in Cainà il pauroso e pur grande e soave mistero di Mila di Codro, perché quando apparve ritta sulla soglia della casa maledetta, in atto di sfida contro il popolo imprecante, il suo viso trasfigurato, la bocca irrigidita nello spasimo d’una parola non detta, l’atteggiamento ieratico della bella persona contaminata, guasta e tuttavia tesa in un’elevazione di purissima ascesi, apparivano avvolte nell’ombra mistica e satanica insieme della Figlia di Jorio! E Maria Jacobini seppe anche questa volta dimostrare il suo intuito profondo d’interprete studiosa e intelligente, perché infatti Cainà ha veramente alcuni punti di contatto con la tragedia dannunziana. Impeccabile la signora Ida Carloni Talli, il Duse, Carlo Benetti nelle spoglie del marinaio rude, predatore di femmine, violento, il Carmi che riuscì a disegnare con rara finezza il personaggio evanescente e doloroso del folle Giannantolu. Luminosa la fotografia» (P. Amerio, “La Rivista Cinematografica”, numero speciale, dicembre 1923).
Scheda a cura di Azzurra Camoglio
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