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Cinema muto |
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Largo alle donne!
Italia, 1924, 35mm, B/N
Regia Guido Brignone
Soggetto dalla commedia "Place aux femmes" di Charles-Maurice Hennequin & A. Valabrègue
Sceneggiatura Guido Brignone
Fotografia Luigi Fiorio, Ubaldo Arata
Interpreti Oreste Bilancia (il sig. Cascadier), Léonie Laporte (Felicita Cascadier), Alberto Collo (Conte di Castelvajour/Pontgirard), Lia Miari (Andreina), Liliana Ardea (Camilla), Nella Marino (Renata), Enrica Massola (Malvina de la Roche), Alberto Pasquali (Giboulet), Giuseppe Brignone, Vittorio Pieri
Produzione Alba Film, Torino
Distribuzione Pittaluga
Note Visto censura n. 19.223 del 28.2.1924; 1.603 metri
Anno di produzione: 1923
Le fonti dell’epoca attribuiscono la fotografia alternativamente a Luigi Fiorio e Ubaldo Arata.
Sinossi
Avvocatessa dal carattere deciso e fervente femminista, Felicita Cascadier tiranneggia il marito, costringendolo a svolgere i lavori di casa, e ha cresciuto le tre figlie Renata, Camilla e Andreina nella ferma convinzione che le donne debbano trovare il loro posto nel mondo, a qualunque costo. Se la prima è una pittrice astratta e la seconda pratica la professione medica in modo alquanto originale, Andreina è una quieta casalinga e madre di famiglia. Mentre il signor Cascadier si separa dalla moglie, non sopportandone più le prepotenze, una serie di strani avvenimenti sovverte l’ordine delle cose riportando la situazione alla “normalità” e facendo vacillare le convinzioni progressiste delle donne. Felicita e il marito si riconciliano ma... quanto durerà la pace coniugale?
«Hennequin, l’autore di questa briosa commedia, ha saputo infondere il perfetto umorismo, dando all’eterno femminino la speranza di realizzare l’emancipazione. Nello stesso tempo ha voluto far conoscere, che cosa avverrebbe se le donne ottenessero il voto politico. La riduzione e la direzione artistica affidata a Guido Brignone, è stata un vero capolavoro d’arte, sia per la scelta degli interpreti, che come recitazione, riuscita perfetta. Gl’interpreti principali: Leonie Laporte, Lia Miari, Lilliana Ardea, cav. Oreste Bilancia, Alberto Collo, Vittorio Pieri, ecc., hanno reso questo capolavoro comicissimo ed originale dal principio alla fine. Nitidissima e molto buona la fotografia. Immenso successo» (G. Bologna, “La Rivista Cinematografica”, nn. 9-10, 10/25.5.1924).
«La fantasia scapigliata di Hennequin ha forse avuto nella trama di questa commedia scintillii particolari e diversivi nuovi. Il femminismo non è stato per lui un motivo di studio, di analisi, di ricerca sociale o morale, ma un intreccio allegro che egli ha saputo in quella sua forma amabile di bonomia saporosa e inoffensiva cospargere d’ironia. Così ha trasformato la tradizione della donna casalinga e amante in uno scherzo caricaturale delle sue conquiste femministe anteponendo la menomazione e l’esautoramento dell’uomo. Perciò scene ardite, irte di sarcasmi, di satire acute, situazioni originali in cui la fantasia ha un procedimento libero, le trovate grottesche e comiche, il movimento vivace che va sempre più accelerandosi. A volte ha accenti sentiti di pochade, si fa leggera, inconsistente; ma in tutti i momenti è opera di scrittore guardingo, arguto che vuole svolgere il suo soggetto irrobustendolo di tutti gli elementi acquisiti del suo spirito e dalla sua esperienza. Gli episodi della dimostrazione, i tipi e caratteri delle protagoniste e delle figure di contorno, le scene famigliari così ricche di antinomie sono stati visti con indipendenza e tracciati con mano sicura. Per tutto il periodo dell’azione è la sorpresa che vince, la fertilità non diminuita per la privazione della parola sostituita da piccole trovate, dal gesto, dall’espressione fisionomica, dal movimento dei singoli e delle masse. Anzi questa ricostruzione dà la sensazione di opera originale composta e scritta unicamente pel cinematografo poiché l’essenzialità della parola è sostituita da mezzi adeguati. I contrasti maritali non hanno bisogno di illustrazione verbale e il comico, lo spirito di un motto è espresso dalla stessa situazione, dagli accenti plastici, dai richiami posteriori o dal profilarsi di sorprese postume, mentre la soluzione patetica ha pieghe, lentezze, intromissioni umoristiche in pieno rapporto colla commedia. Cosicché accanto alla trama costituzionale del lavoro si muovono personaggi, episodi caratteristici che hanno il sapore di caricature, la riproduzione mordace di ambienti e di costumi limitati talvolta nel dettaglio tal altra erompente nella fragorosa risata. Ma dopo questo giudizio di indole generale dobbiamo rilevare i valori cinematografici consistenti nel raggruppamento dei quadri, nella successione coordinata degli episodi, nell’alternarsi stesso degli avvenimenti che procedono con logicità serrata, e anche nel valore delle fotografie curate con diligenza, con decoroso rispetto ai valori plastici e prospettici» (Gulliver, “La Rivista Cinematografica”, n. 16, 25.8.1924).
Scheda a cura di Azzurra Camoglio
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