Visto censura n. 18.409 del 30.6.1923
Il film venne premiato con la medaglia d’oro al Concorso Cinematografico di Torino. Guido Brignone diresse una nuova versione cinematografica della commedia nel 1939.
«La pochade del Bisson ha già toccato tutti i nostri teatri. Parlare di essa è portare vasi a Samo. È meglio invece, poiché da Giovannini a Falconi l’interpretazione è stata varia e personale trattare degli attori. [...] Oreste Bilancia. – Marito e genero. – Cioè vittima inconsapevole di due forze diverse elidente l’una, centripeta l’altra. Soggetto o ribelle a entrambe, vittima e vittorioso a tempo diverso, eroe e martire. Gli estremi della vita che egli deve impersonare con quell’equilibrio che fa rendere simpatiche le sue ribellioni, compatita la sua posizione di marito della donna di un altro, rispettata anche quando manca di rispetto. E Bilancia si bilancia magnificamente bene con comicità signorile, misurata, raggiungendo le più intense significazioni. Alberto Collo. – L’amante. – Non della suocera, per carità, della figlia di questa e della moglie dell’altro. Finezza, delicatezza, squisitezza, nobiltà, tatto e tratto da sedurre tutti... anche il marito. E ci riesce, e come. Perde le staffe, al ritorno, dopo il divorzio, quando le sorprese si rincorrono al galoppo, e le perde bene fino a stupirsi d’averle perdute e di meravigliare il pubblico per le sue trasformazioni espressive. [...] Guido Brignone. – È... il burattinaio ed ha saputo far muovere gli attori con maestria, impostare bene le scene, scegliere paesaggi e ambienti bene adatti, vigilare all’assieme e sostenere colla sua autorità e sapienza la complessa azione. Ubaldo Arata. – Ha assistito prima di ogni altro allo svolgimento della pochade e l’ha fotografata abilmente evitando errori, trasposizioni, nebulosità. Ha invece curato con arte l’impressione, il chiaroscuro, la nitidezza del disegno, la prospettiva aerea. Per la virtù degli attori, metteur-en-scène, fotografo e operatori più ancora credo, che per l’essenza dell’opera bissoniana, questo film ha ottenuto la medaglia d’oro al concorso cinematografico. E questo è il miglior ragguaglio e la miglior lode» (Gulliver, “La Rivista Cinematografica”, n. 1, 10.1.1924).
«Io spero che a mano a mano che la cinematografia sviluppandosi acquisterà sempre maggiore veste artistica, i films comici come questo, come “La Dame de chez Maxime” e altri del genere, s’imporranno e toglieranno dalla circolazione tutte le americanate con Flik e Flok, Ridolini e compagni, i quali, se per un pezzo hanno potuto divertire il pubblico, ora cominciano a scocciare. Lo svolgimento finissimo di questa commedia brillante interessa e appassiona come, e forse anche di più, di una “pochade” in teatro, e il pubblico è continuamente tenuto attento dall’azione che mai langue e che, man mano che procede lo svolgimento, più serrata e movimentata si fa. E questo è un pregio che torna a gran vantaggio delle produzioni, sia cinematografiche che teatrali. Ma altri pregi non piccoli possiede questo film. L’insieme degli artisti è ottimo, specialmente nel sesso mascolino, ove il Bilancia, il Pieri e il Collo, benissimo a posto nelle varie parti, sempre ottimamente recitano. La suocera è anche tanto bene impersonata. Le due giovani signore potrebbero invece essere migliori, senza però voler dire che recitino male. La messa in scena molto accurata, precisa e di buon gusto. Ottima la fotografia» (C. Sircana, “La Rivista Cinematografica”, n. 2, 25.1.1924).