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Lungometraggi |
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La misura del confine
Italia, 2010, 35mm, 90', Colore
Regia Andrea Papini
Soggetto Andrea Papini
Sceneggiatura Andrea Papini
Fotografia Benjamin Nathaniel Minot
Suono Bernadetta Signorin
Montaggio Maurizio Baglivo
Scenografia Roberto Conforti
Costumi Moris Verdiani
Interpreti Paolo Bonanni (Mathias Valletti), Peppino Mazzotta (il gestore del rifugio Peppino), Beatrice Orlandini (Beatrice), Thierry Toscan (Ulrich), Luigi Iacuzio (Osvaldo), Lorenzo Degl’Innocenti (Cunaccia), Giovanni Guardiano (Giovanni), Massimo Zordan (Bangher), Adriana Ortolani (Rosamaria), Tommaso Spinelli (Tommy), Rolando Alberti (Atti, guida svizzera), Gianluca Buonanno (sindaco italiano), Silvio Mondinelli, Rolando Sperandio
Produzione Sandro Frezza, Ferdinando Vicentini Orgnani, Sergio Bernardi per Alba Produzioni
Note Collaborazione a soggetto e sceneggiatura: Monica Rapetti; operatore seconda unità: Stefano Spiti; organizzatore di produzione: Mauro Sangiorgi
Locations: Alagna Valsesia (Rifugio Vigevano), Varallo Sesia (VC).
Film realizzato con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte, Comuni di Varallo Sesia e di Alagna (VC), CAI di Varallo.
Sinossi
A due esperti di topografia, uno italiano e uno svizzero, viene affidato il compito di delineare gli esatti confini tra uno Stato e l’altro sulle Alpi piemontesi, e di stabilire a chi appartenga un resto di mummia ritrovato tra i ghiacci. Il sindaco del paese italiano vorrebbe rilanciare il turismo del luogo, poco fiorente, ma una sorpresa spariglia le attese: le ricerche dei due topografi svelano un segreto legato ad un delitto risalente a molti anni prima.
Dichiarazioni
«Adoro la montagna, per me non è un espediente, uno scenario di cartapesta, ma parte integrante della storia. La sua bellezza e la sua imponenza fanno da contrappunto alla limitatezza dell’animo umano. […] La montagna deve rinascere anche attraverso la memoria degli abitanti. […] Ovviamente film a basso costo non vuol dire opera di bassa qualità. La mia è una commedia ambientata in montagna, un film corale, un gesto di fiducia nei confronti del cinema italiano, sempre più stretto in un regime di monopolio. Ed è anche un piccolo messaggio di speranza e collaborazione nella crisi di questa Italia diventata un incrocio tra il Padrino e Alvaro Vitali» (A. Papini, “La Stampa”, 1.10.2009).
«La sceneggiatura mi ha colpito da subito, soprattutto per l’ambientazione in montagna. Era un po’ come tornare a Il vento fa il suo giro. Poi, una volta sul set, la modalità con cui si realizza il film si è rivelata essere di per sé un’avventura. Il metodo di lavoro delle riprese a 3000 metri è rapido: non c’è tempo di stare col personaggio, di ripetizioni e ripensamenti; a questo ruolo si deve arrivare vuoti, sarà il regista a riempirti di pensieri e di azioni» (T. Toscan, www.nonsolocinema.com, 8.10.2009).
Scheda a cura di Gabriele Rigola
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