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Figli delle stelle
Italia, 2010, 35mm, 102', Colore
Altri titoli: Filhos das Estrelas, Children of the Stars, Unlikely Revolutionaries
Regista Lucio Pellegrini
Soggetto Lucio Pellegrini
Sceneggiatura Lucio Pellegrini, Francesco Cenni, Michele Pellegrini
Fotografia Gian Enrico Bianchi
Musica originale Giuliano Taviani
Musica di repertorio Alan Sorrenti (Figli delle stelle)
Suono Gianluca Costamagna (fonico presa diretta)
Montaggio Walter Fasano
Costumi Silvia Nebiolo
Aiuto regia Alessandro Casale
Casting Chiara Natalucci
Produttore esecutivo Rita Rognoni
Scenografia Roberto De Angelis
Arredamento Raffaella Cuviello
Interpreti Pierfrancesco Favino (Pepe), Fabio Volo (Toni), Giuseppe Battiston (Bauer), Claudia Pandolfi (Marilù), Paolo Sassanelli (Ramon), Teco Celio (Martino), Fausto Maria Sciarappa (Umberto), Pietro Ragusa (Giampi), Camilla Filippi (Marta), Lydia Biondi (mamma di Pepe), Chiara Tomarelli (Alba), Teresa Acerbis (Carmen), Daniele Ballicco (sindacalista), Anna Bellato (Romina), Nino Bernardini (zio di Pepe), Jacopo Bonvicini (Mario), Valentina Fois (suora), Edoardo Gabriellini (Edo), Simona Nasi (moglie di Stella), Nicola Rondolino (esperto di terrorismo), Francesco Rossini (Ivo), i piccoli Luca Moretti (Ludo) e Maria Luisa Vola (Zoe), con la partecipazione di Giorgio Tirabassi (Stella), Antonello Piroso (se stesso), Fabrizio Rondolino (ministro Gerardi)
Produzione Itc Movie, Pupkin Production, Warner Bros. Entertainment Italia
Distribuzione Warner Bros. Pictures
Note Assistente alla regia: Federico Mazzi; assistente costumista: Stefania Giordano; assistente scenografo: Serena Peirasso; collaborazione artistica: Gianni Zanasi; delegato di produzione Itc Movie: Filippo Terzi; organizzatore generale: Attilio Moro; ufficio stampa film: Viviana Ronzitti, Kinorama sas.
Prodotto da Beppe Caschetto e Rita Rognoni per Itc Movie e Pupkin Production, in collaborazione con LA 7.
Realizzato con il sostegno di Film Commission Regione Valle d’Aosta e Film Commission Torino Piemonte
È stato riconosciuto film di interesse culturale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione generale per il cinema.
La colonna sonora originale è prodotta da Warner Chappell Music Italiana srl e Ala Bianca Group srl.
Nei titoli di coda scorre la frase «Nessun politico è stato ferito durante le riprese», ironica metafora del classico riferimento all’assenza di maltrattamento di animali durante le lavorazioni dei film.
Uscito nelle sale cinematografiche italiane il 22 ottobre 2010, distribuito in 265 copie.
Locations: Cervinia, Roma, Torino.
Sinossi
Un giovane portuale del nord-est d’Italia (Fabio Volo), un professore trentenne disoccupato che sbarca il lunario facendo il pizzaiolo precario “cronico” (Pierfrancesco Favino), un rivoluzionario radical-chic (Giuseppe Battiston), un’aspirante giornalista tv (Claudia Pandolfi) e un uomo appena uscito di galera (Paolo Sassanelli), delusi dalla loro vita e in preda alla passione antipolitica, decidono di passare all’azione e rapire un ministro, per chiedere un riscatto e, con i soldi ottenuti, risarcire la moglie della vittima di un incidente sul lavoro. Sono un gruppo improvvisato e totalmente incompetente, che fallisce del tutto la missione: anziché rapire il ministro, prendono un oscuro sottosegretario. Braccati da tutti, incapaci di gestire la quotidianità e di concepire una vita da clandestini, consapevoli di aver rapito una brava persona, ma allo stesso tempo elettrizzati dall’adrenalina, i nostri improvvisati si troveranno alle prese con una missione difficile che finirà per rivelarsi del tutto impossibile. La convivenza tra gli improbabili rapitori e l’incredulo politico condurrà a un’esilarante e surreale fuga tra le splendide montagne della Valle d'Aosta.
Dichiarazioni
Mettiamo che ci sia un Paese la cui classe politica è lontana anni luce dai problemi del popolo e dei loro stessi elettori.
Mettiamo che questo popolo sia piuttosto incline ad accettare passivamente tutto ciò che questa classe politica propone. Ma mettiamo anche che ci sia qualcuno che non ci sta.
Mettiamo che queste persone che non ci stanno, siano molto diverse tra loro, per estrazione e idee politiche, e che abbiano come comune denominatore due cose: un alto tasso di frustrazione e una precisa vocazione alla sconfitta.
Mettiamo che al momento di passare all’azione, per una sfortunata circostanza, questo gruppo di persone rapisca il politico sbagliato e che, sfortuna delle sfortune, questo politico sia pure una brava persona, uno dei pochi che, attraverso il suo lavoro, crede di poter fare qualcosa di buono.
Da questi pensieri più o meno fantasiosi è nato Figli delle stelle. E dalla scelta di raccontare la realtà di personaggi non più giovani ma non ancora realmente adulti, che vivono affondati nel precariato, un precariato che è soprattutto una condizione esistenziale. Il desiderio di agire, di lasciare il segno, è la molla che li accomuna. La loro maledizione è di essere dei bravi ragazzi e degli incapaci, degli antieroi che non riescono a sopportare le difficoltà e lo stress di un’impresa senza senso, di un’avventura che assomiglia ad una corsa pazza in un vicolo cieco.
I miei preziosissimi attori sono stati la componente fondamentale del film. Senza il loro entusiasmo, la loro partecipazione, la loro adesione alla natura di questa storia, Figli delle Stelle non sarebbe mai nato. Con grande naturalezza e intensità, hanno messo da parte esperienze e provenienze assai diverse, scoprendo un’amalgama inaspettata, una sintonia molto inedita: Volo con Favino, Tirabassi e Battiston, Pandolfi e Sassanelli...
L’universo visivo che ho creato insieme ai miei collaboratori, ha come punto di partenza una Roma inafferrabile, caotica e confusa, con una dominanza dell’estetica dell’edilizia del boom economico, e si apre poi verso la valle d’Aosta, dove ai silenzi imponenti della natura si aggiunge un’architettura in cui il lusso avveniristico degli anni ottanta si è già trasformato in archeologia.
Con i costumi di Silvia Nebiolo e le scenografie di Roberto de Angelis abbiamo costruito l’immagine di un paese che non è mai diventato come negli anni Ottanta aveva immaginato di poter essere, fotografato nella sua bellissima decadenza. Con la fotografia di Gogò Bianchi e il montaggio di Walter Fasano abbiamo costruito un linguaggio cinematografico frammentato, con macchina da presa instabile e quasi sempre in movimento, a ricreare un sottile senso di provvisorietà che forma un corpo unico con la storia che volevo raccontare.
Ho provato a cogliere lo spaesamento, l’amarezza e la frustrazione dei nostri tempi bui e a trasformarli in una commedia dinamica, eccentrica e un po’ folle. Ho pensato che, tutto sommato, viviamo in un paese in cui, storicamente, nel tempo, le tragedie si sono trasformate in farse.
Ed ho cercato di rubare qualcosa ai miei maestri italiani preferiti: l’attenzione ai magnifici perdenti di Monicelli, lo sguardo dolceamaro di Pietrangeli, la frenesia e la vitalità di Germi. E da tutti loro, il desiderio di raccontare il proprio tempo attraverso lo specchio deformato della commedia, uno specchio che, nei suoi momenti migliori, è stato spesso in grado di restituire un prezioso ed inedito sapore di verità» (L. Pellegrini, brochure di presentazione del film, "appweb.regione.vda.it").
«Volevamo che i personaggi sperimentassero un senso di solitudine particolare, come quella che può trasmettere una località di montagna fuori stagione, con il contrasto che si crea tra la natura, le montagne, e l’architettura dei residence vuoti, abbandonati dai turisti. […] Non c’è nessun richiamo agli anni di piombo – ha commentato Lucio Pellegrini - noi volevamo solo raccontare una storia che parlasse della crisi attuale, e porre i protagonisti di fronte a una situazione limite, per sondare le loro reazioni. E’ una commedia amara su un’impresa sbagliata sotto ogni aspetto, nei presupposti e nella realizzazione pratica, e già in partenza votata al fallimento» (L. Pellegrini, presentazione del film al cinema Giacosa di Aosta, 19.10.2010).
«Abbiamo accolto con grande interesse la proposta di partecipazione a questo progetto cinematografico, che è ambientato in Valle d’Aosta, in quanto crediamo che l’utilizzo dei luoghi più suggestivi della nostra regione quali i set cinematografici possa rappresentare una prestigiosa vetrina per promuovere il nostro patrimonio e i luoghi direttamente coinvolti nelle riprese» (L. Vie’rin ass. alla Cultura di Aosta, “AdnKronos”, 16.10.2010).
«Figli delle stelle racconta l’assurda convivenza tra un gruppo di rapitori improbabili e un politico stupito e incredulo, e lo fa stando vicino ai suoi protagonisti con uno sguardo dolceamaro, comico e sentimentale e una mescolanza di toni che si ispira alla grande lezione della Commedia Umana, ottenendo così una commistione tra la miglior commedia italiana del genere I soliti ignoti e la comicità surreale dei fratelli Coen» (brochure di presentazione del film, "appweb.regione.vda.it").
«A parte la coazione a nominare i film italiani con i titoli di canzoni (mezzo infallibile per farli dimenticare), una commedia non banale e interpretata da un cast molto bene assortito, malgrado le diverse provenienze. Favino e Battiston, Volo e Sassanelli fanno squadra come Gassman, Mastroianni & Co. ai tempi dei Soliti ignoti; aggiungono una motivazione politica al loro atto, ma si mostrano altrettanto inetti a ottenere risultati. Migliore della maggioranza delle commedie circolanti, con un gustoso mix di inflessioni dialettali» (R. Nepoti, “la Republica”, 23.10.2010).
«Potremmo chiamarlo neobrigatismo rosa quello messo in atto in Figli delle stelle dall’operaio Volo, dal precario Favino e il cugino ultraestremista Battiston, cui si aggregano lo scarcerato Sassinelli e la Pandolfi, giornalista tv. La domanda è: siamo disposti a divertirci alla vista di un uomo imbavagliato e minacciato da una pistola, in questo caso il sottosegretario Tirabassi? Pur sapendo che questi personaggi sono goffi e ingenui e che quelle armi non verranno usate, la risposta è no. Un po’ perché è viva la memoria degli episodi di sangue perpetrati da noi in nome della lotta proletaria. Ma soprattutto perché il film di Pellegrini non trova un convincente equilibrio di toni; mentre restano sulla carta le interrelazioni all’interno dell’improvvisato commando. Tuttavia alcune scene sono felici; e il quintetto degli interpreti maschili funziona bene» (A. Levantesi Kezich, “La Stampa”, 22.10.2010).
«Il titolo viene dalla canzone di Alan Sorrenti, ad un certo punto analizzata come Like a Virgin nelle Iene di Tarantino. Ma il film è tutt’altro, ed è molto interessante: un mix di commedia grottesca e pamphlet politico. Muore un operaio sul lavoro, un suo collega va a un talk-show e viene preso in giro da un ministro orrido e cinico. Con altri precari ancora più sgangherati di lui, forma un commando per rapire il ministro suddetto. Ma sbagliano obiettivo, e sequestrano un sottosegretario che si rivela un pezzo di pane. Da economico (si punta al riscatto per aiutare la vedova del compagno morto) il sequestro si fa politico, in una riedizione soft delle Br aggiornate al XXI secolo. Siride molto, si apprezzano gli attori (Favino, Battiston e Tirabassi su tutti) e si scopre che un politico può essere onesto mentre molti “italiani medi” puntano solo al soldo o ad un passaggio in tv. Film amaro, comico e terribile: un’istantanea dell’Italia berlusconiana» (A. Crespi, “L’Unità”, 22.10.2010).
«Da molto, troppo tempo, non si vedeva sui nostri schermi una commedia attenta alla concretezza e al dettaglio della realtà contemporanea, una commedia, ancora, che contiene l’idea di stare insieme e di capire che in questo c’è qualcosa di positivo, c’è un progetto e la consapevolezza che il fare serve. Figli delle stelle, che segna il ritorno di Lucio Pellegrini al cinema dopo liceali “seriali” e famiglie disfunzionali, è un'avventura esistenziale dinamica e inconsueta, in cui una banda improbabile di persone che hanno perso il treno e che non hanno compreso bene cosa sia successo decide di fare qualcosa al di sopra e oltre le loro possibilità, qualcosa di inatteso che ha il carattere del destino. […] Ma se il sequestro naïf di un gruppo che ha tutta l’aria di appartenere a un’altra epoca (gli anni Ottanta) non porterà alla conquista del paradiso, è pur vero che illumina un disagio e dichiara che serve un gesto di volontà per cambiare la propria vita e quella degli altri. […] Figli delle stelle, vitale e imperfetto, è un’opera che si apprezza comunque per il suo progetto, perché cerca una forma che sappia parlare al pubblico, perché non teme di sbagliare tono o di cadere nel banale pur di tenere gli occhi sul presente dai contorni poco piacevoli, perché scopre una ricchezza umana non prevista, come spesso nella vita. Comico e dolente, si allontana dalla commedia di genere, prendendo soluzioni inaspettate e saltando su un piano surreale (forse la parte più riuscita). Intorno agli sghembi protagonisti che vogliono cambiare il corso della loro vita, il regista coglie i segni inquietanti del paesaggio che ci circonda e i sogni davvero modesti degli italiani di oggi, poeti e calciatori» (M. Gandolfi, “mymovies.it”).
«Simpatico e ironico, ma al tempo stesso amaro. Gli equilibri sono perfetti: Lucio Pellegrini indovina la combinazione, riuscendo a dosare la componente ‘comica’ insieme a quella drammatica. Sullo sfondo, tra le righe, un Paese che cerca di rialzarsi, dilaniato da una crisi non soltanto economica, ma culturale e sociale, che confonde e disorienta. A dare smalto alla pellicola un nutrito gruppo di attori italiani: dalla svampita giornalista Claudia Pandolfi al duro ed impavido Paolo Sassanelli, passando per un Pierfrancesco Favino in versione ciociara e un Fabio Volo nei panni di un ingenuo mammone, fino ad arrivare ad uno straordinario Giuseppe Battiston - anima comunista della vecchia guardia - e ad un politico dall’animo buono come Giorgio Tirabassi. Il quadro è quello di un eterogeneo gruppo di ‘antieroi’ dei nostri tempi, che cercherà in tutti i modi di dare una grossa scossa al Paese, rapendo il politico sbagliato (per assurdo il meno colpevole) e chiedendo un proficuo riscatto per risarcire la giovane vedova di un operaio.
La sintonia è perfetta, la sceneggiatura è ritmica e scorre senza troppi intoppi. Il risultato è più che buono, nonostante qualche forzatura qua e là. Nonostante Favino sia il punto di forza del film, infatti, la sua interpretazione risulta a volte un po’caricaturale (che sia una scelta registica?). Pellegrini conduce lo spettatore lungo un asse fisico (da Roma alla Valle d’Aosta) e mentale (dalla realtà fino ad una specie di favola), evidenziando gioie e dolori, pregi e difetti di un’Italia ormai alla deriva, dove il benessere degli anni Ottanta è soltanto un ricordo. Ne è un esempio l’enorme residence in montagna, ancora abitato ma privo ormai dello splendore di un tempo: gli inquilini sembrano fantasmi, intrappolati in un contesto surreale.
Il regista sceglie non a caso uno squattrinato e imbranato gruppo di individui ‘qualunque’ per dare voce ad un popolo che non l’ha più, o che sembra averla persa, spettatore impassibile del declino della propria società. Figli delle stelle parla agli italiani nella maniera a loro più vicina, usando risate e ironia per colpire duro, affondo, nel cuore di una società ormai - da troppo tempo - assopita e incantata.
Il tempo è scaduto. I lamenti e i ricordi non bastano più: è il momento di agire» (S. Marinucci, “35mm.it”, 14.10.2010)
Scheda a cura di Vanessa Depetris
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