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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Il gioiellino
Italia, 2010, 35mm, 110', Colore


Regista
Andrea Molaioli

Soggetto
Ludovica Rampoldi, Gabriele Romagnoli, Andrea Molaioli

Sceneggiatura
Ludovica Rampoldi, Gabriele Romagnoli, Andrea Molaioli

Fotografia
Luca Bigazzi

Musica originale
Teho Teardo

Musica di repertorio
F. J. Haydn, Andersson/Ulvaeus , F. Puccioni, Washington/Young, M. Ippolitov Ivanov, N.Rimsky Korsakov, A. Taylor, Vivaldi, M. Gore, C. Buchner

Suono
Mario Iaquone (fonico di presa diretta), Silvia Moraes (montaggio suono)

Montaggio
GiogiĆ² Franchini

Costumi
Rossano Marchi

Trucco
Fernanda Perez

Aiuto regia
Cinzia Castania

Casting
Annamaria Sambucco

Produttore esecutivo
Carlotta Calori, Viola Prestieri

Scenografia
Alessandra Mura

Assistente alla regia
Paolo Bartoli

Segretario di edizione
Fernanda Selvaggi

Assistente di produzione
Walter Sanci

Interpreti
Toni Servillo (Ernesto Botta), Remo Girone (Amanzio Rastelli), Sara Felberbaum (Laura Aliprandi), Lino Guanciale (Filippo Magnaghi), Fausto Maria Sciarappa (Franco Schianchi), Lisa Galantini (segretaria Carla), Vanessa Compagnucci (Barbara Magnaghi), Maurizio Marchetti (Giulio Fontana), Igor Chernevich (Igor Yashenko), Jay O. Sanders (Mr. Rothman), Gianna Paola Scaffidi (Augusta Rastelli), Adriana De Guilmi (signora Rastelli), Alessandro Adriano (Matteo Rastelli), Roberto Sbaratto (Commercialista), Alessandro Signetto (Attilio Pieri) e con Renato Carpentieri (senatore Crusco)

Produzione
Indigo Film (Napoli, Italia), Babe Films (Francia)

Distribuzione
BIM distribuzione

Note
Aiuto scenografo: Marta Massano; assistente costumi: Ilaria Magini; sarta: Leonie Heys Cerchio; assistente trucco: Andrea Lovarini; prima assistente trucco: Francesca Buffarello; capogruppo casting: Gianfranco Cazzola; aiuto capogruppo casting: Stefano Prando; assistente casting: Barbara Braconi; location manager:Adriano Bassi; aiuto segretario di produzione: Bruno Bonanno; video assist: Alberto Viavattene; attrezzista set: Carlo Pagani; aiuto attrezzista: Riccardo Fassola; pittore: Diego Bornida; elettricisti: Alessandro Saulini, Davide Marcone; macchinista: Antonio Petacca; controfigure: La Fratellanza Della Spada Stunt Combat Team; edizioni musicali: Indigo Film srl; organizzatore generale: Luigi Lagrasta; vendite internazionali: 01 Distribution.

Le musiche sono eseguite da: Teho Teardo, Alexander Balanescu, Martina Bretoni, Luca Bolognesi, Rémy Dault, JC Goodwin, Susan Rosenthal, Alexis Fletcher, Agathe Gross, Giacomo Orsi, Henry Marseille, Lee Leibowitz, Doug Pearce, Matthew Quinlan e la sezione d’archi della Sala da Musica della Città di Budapest, coordinata da Martina Bertoni e Pawel Bankowicz.

Il soggetto è liberamente ispirato alla storia Parmalat.

Uscito al cinema in Italia il 4 marzo 2011, in 170 copie.

Prodotto da Nicola Giuliano e Francesca Cima, co-prodotto da Fabio Conversi, con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte (2010), del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), Eurimages, Programma Media Unione Europea; con la collaborazione di Rai Cinema, B.I.M. Film Distribuzione e la partecipazione di Canal+ e Cinecinema.

Premi: Migliore Direttore della Fotografia (Luca Bigami) e Migliore Montatore (Giogiò Franchino) al BIF&ST - Bari International Film&Tv Festival; Biglietti d’Oro Targa Anec “Claudio Zanchi” 2011 a Sarah Felberbaum, assegnata dall’Associazione Nazionale Esercenti Cinema; Premio Guglielmo Biraghi 2011, come rivelazione dell'anno, a Sarah Felberbaum, alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Il film ha partecipato a: Karlovy Vary International Film Festival; Festival des Films du Monde de Montreal; Annecy Cinema Italien; Vancouver International Film Festival; The Times BFI London Film Festival; Les Rendez-vous du Cinéma Italien; Italienska Filmfestivalen Stockholm; Haifa Intl. Film Festival; Festival du film Italien de Villerupt; Festival do Rio; Cinéalma-Festival Transméditerranée; Chicago International Film Festival; Tallin Black Nights Film Festival; Recontres du Cinéma Italien de Grenoble; Novi Sad Italian Film Festival; Mostra del cinema Italiano di Zagabria e Fiume; Recontres du Cinéma Italien à Toulouse; Istanbul’da Italyan Sinemasi Festivali; NICE New Italian Cinema Event New York-Seattle; Tallinn Black Nights Film Festival; Whashington DC International Film Festival; CPH:PIX Copenhagen International Film Festival; Hong Kong International Film Festival; Jameson Dublin International Film Festival.

Sito internet: www.indigofilm.it/produzioni/film/53/il-gioiellino/ - http://www.kinoweb.it/cinema/il_gioiellino/presskit/pressbook.pdf - www.corriere.it/ilgioiellino/

Locations: Acqui Terme (AL) (ex tribunale, vecchie terme, esterni), Torino (studio di avvocati in corso Re Umberto, Palazzo Barolo, Centrale del latte, via Filadelfia), Venaria Reale (villa a La Mandria), Carignano, New York (USA), Mosca (Russia).



Sinossi
Una grande azienda agro-alimentare ramificata nei cinque continenti, quotata in Borsa, in continua espansione verso nuovi mercati e nuovi settori: quello che si dice un gioiellino. Il suo fondatore, Amanzio Rastelli, padre padrone dell’azienda, ha messo ai posti di comando i suoi parenti più stretti: il figlio, la nipote, più alcuni manager di provata fiducia - malgrado i loro studi si fermino al diploma in ragioneria. Un management inadeguato ad affrontare le sfide che pone il mercato. E infatti il gruppo s’indebita. Sempre di più. Non basta falsificare i bilanci, gonfiare le vendite, chiedere appoggio ai politici, accollare il rischio sui risparmiatori attraverso operazioni di finanza creativa sempre più ardite… La voragine è diventata troppo grande e si prepara a inghiottire tutto.



Dichiarazioni
«Lo spunto iniziale di questo film nasce dall’interesse, insieme ad una certa inquietudine, che nel corso degli ultimi anni ho nutrito verso i sistemi che regolano la finanza. Sistemi che appaiono inaccessibili alla comprensione dei più, ma che investono drammaticamente la quotidianità di tutti i cittadini quando, fallimenti e buchi neri, quasi sempre in modo inaspettato, vengono scoperti e finiscono con lo sconvolgere l’economia reale. Ho cercato di dar vita ad una storia che potesse essere in qualche modo paradigmatica di quelle condotte imprenditoriali, spregiudicate e sprezzanti di ogni regola, che si sono affermate e sono state tollerate nel corso degli anni; partendo dal presupposto che dietro gli intricati percorsi della finanza si affacciano uomini non sempre all’altezza dei ruoli che ricoprono. Per questo la scelta è stata quella di raccontare una storia di perdizione e di fallimento entrando dentro gli uffici e inseguendo i comportamenti di chi si è reso protagonista di quegli eventi. Come era già accaduto per La ragazza del lago, il racconto mi ha portato nella provincia italiana che, anche in questo caso, è stata muta spettatrice di un crimine. Ne Il Gioiellino però, a differenza di quanto accadeva nel mio primo film, non c’è nessun assassino da scoprire, nessuna confessione. Sin da subito sappiamo chi sono i colpevoli, li seguiamo mentre, accecati dall’ossessione del lavoro e dal culto dell’azienda da salvare a tutti i costi, mettono in atto quella che è una vera metodologia criminale di cui mai chiaramente sembrano avvertire tutto il peso e la responsabilità sino all’ultimo istante, sino all’inevitabile epilogo» (A. Molaioli, note di regia da www.kinoweb.it/cinema/il_gioiellino/presskit/pressbook.pdf, marzo 2011).

«La realtà molto spesso non segue le regole della drammaturgia. Così se da un lato il film si ispira al caso Parmalat e ad altri crac finanziari verificatisi negli ultimi anni, dall’altro si allontana consapevolmente dal realismo della cronaca per tentare di andare oltre. Inoltre non volevamo solo raccontare la vicenda di Parmalat, come se quel crac da 14 miliardi di euro fosse un evento eccezionale in un sistema invece sano e limpido. Leda (non a caso acronimo di Latte e Derivati Alimentari) rappresenta tutte quelle aziende, italiane e non, che hanno fatto del debito una strategia e del falso in bilancio uno strumento, che hanno scisso l’economia reale dalla finanza, che con una gestione creativa e disinvolta hanno truffato migliaia di risparmiatori. Non volevamo fare un film di denuncia né d’inchiesta, ma raccontare personaggi, indagare i loro rapporti e capire il fondamento delle loro scelte. Abbiamo cercato di guardare il mondo con gli occhi dei nostri protagonisti, una banda di manager di provincia proiettati sulla scena della finanza mondiale, armati solo di un diploma in ragioneria e di una buona dose di spericolatezza nella gestione aziendale, capaci di tenere in scacco i mercati mondiali grazie a un conto finto realizzato con scanner e bianchetto. Cialtroni come i giocatori di poker da bar, sempre pronti a rilanciare anche con niente in mano. Capaci di muovere miliardi ma relegati in vite grigie, impiegatizie. Con una fiducia cieca, paradossale, nel lavoro, nell’azienda e nel suo patrono. Sono queste contraddizioni che abbiamo voluto esplorare per tramutare una vicenda finanziaria in un racconto di uomini abituati a stare sull’orlo del precipizio. Contraddizioni al limite della schizofrenia, come dimostra una frase attribuita a Tanzi che ha ispirato il titolo del nostro film: “A parte quei 14 miliardi di buco, l’azienda è un gioiellino» (L. Rampoldi, G. Romagnoli, A. Molaioli, note degli sceneggiatori da www.kinoweb.it/cinema/il_gioiellino/presskit/pressbook.pdf, 2011).

«Leda è un’azienda nata dalla fantasia degli autori per la quale è stato necessario creare un logo ed una linea di prodotti individuati dopo un lungo lavoro di ricerca e documentazione. Ciò ha consentito al marchio e alle pubblicità del prodotto di evolversi nel corso del tempo. La grafica ha contribuito alla storicizzazione di Leda ed ha accompagnato e raccontato la sua crescita. Si è passati così dalla dimensione provinciale del salumificio Rastelli, a quella nazionale de Il buon latte Leda sino a Leda in the World che segna l’affermazione dell’azienda a livello globale. Tre le linee di prodotti: latticini; merendine e biscotti, succhi di frutta. Tutti con proprie peculiarità grafiche e di packaging. Anche dal punto di vista pubblicitario Leda è stata trattata come un’azienda a tutti gli effetti tanto che nei mesi scorsi è nato il sito: www.latteleda.it che proponeva i prodotti e la storia aziendale. E’ stata inoltre realizzata una campagna di social media marketing su Facebook e Twitter che ha contribuito ad aumentare la visibilità del marchio» (cartella stampa, da www.kinoweb.it/cinema/il_gioiellino/presskit/pressbook.pdf, 2011).





«C’era molta aspettativa per Il gioiellino di Molaioli. Perché la storia che racconta si riferisce in modo trasparente a uno scandalo finanziario che ha sconvolto la vita italiana recente: il crac Parmalat. Inseguendo le psicologie dei personaggi più che la denuncia o l’inchiesta - scelta legittima, e anche produttiva sul piano narrativo - il film compone figure umane (soprattutto il patron di Remo Girone e il suo braccio destro interpretato da Servillo, che non vorremmo più vedere nel cliché del misantropo contro tutti) che hanno provocato danni colossali, in fondo, perché incautamente hanno giocato troppo al rialzo senza averne la stoffa, e perché sono dei provinciali dotati di scarsa istruzione. Un po’ riduttivo, forse» (R. Nepoti, “la Repubblica”, 5.03.2011).

« Sul viso di Toni Servillo, il ragionier Botta del Gioiellino di Andrea Molaioli, tale e quale al ragionier Tonna del vero crac Parmalat, il mestiere della truffa ha lasciato solchi indelebili, un misto di rabbia e di amarezza, l’alterigia ottusa di chi non sa tornare indietro. In quell’espressione, in quella totale incapacità di pentimento, c’è la denuncia di un grande difetto italiano. Servillo la sottolinea con lo sguardo, regalando alla sua galleria di personaggi nostrani, un altro, prezioso ritratto» (F. Caprara, “La Stampa”, 4.03.2011).

«[…] Lì, nell’immagine che chiude il film, in quel misto di incredulità e inconsapevolezza, ma anche di oscura e confusa percezione della voragine in cui sta precipitando, il ragioniere di Toni Servillo acquista lo spessore tragico di un personaggio di Balzac. Ma solo lì. Per tutto il resto del film, ciò che colpisce sia in lui sia in Amanzio Rastelli, il personaggio interpretato da Remo Girone e ispirato direttamente alla figura di Calisto Tanzi, è la sostanziale inconsapevolezza con cui giocano sporco con i falsi in bilancio e con i trucchi della finanza dopata. Il problema è che il regista Andrea Molaioli sceglie di raccontare la storia dal loro punto di vista. Scelta coraggiosa, non c’è dubbio, ma anche difficile e rischiosa: perché impedisce la distanza critica, la deformazione grottesca, la corrosione ironica. E perché autorizza il pubblico ad adottare lo sguardo dei personaggi, fin quasi ad arenarsi in esso» (G. Canova, “Il Fatto Quotidiano”, 4.03.2011).

«Due personaggi privi di morale e due interpretazioni magistrali, anche se alla fine il dubbio resta: come è potuto succedere?» (M. Bertarelli, “Il Giornale”, 4.03.2011).

«La grande truffa della Parmalat in un film circostanziato e puntuale che evita le vie più battute ma non trova la chiave capace di dar vita ai tanti spunti riuniti. Né commedia né film-inchiesta, né saga aziendale né docu-drama, Il gioiellino vorrebbe aggiornare la mappa della Grande Provincia italiana e dei suoi silenziosi orrori che oggi parlano la lingua globale della finanza e di un malaffare installato ai piani alti del potere. Ma per raccontare il grigiore di questi stakanovisti dell’intrallazzo bordeggia in una storia a bassa densità emotiva malgrado le pennellate di colore prese dalle cronache. [...] Tutto vero, come no, doloroso, documentato - e visto ‘da dentro’. Ma per raccontare la new economy bisogna inventare anche un cinema più nuovo e deciso» (F. Ferzetti, “Il Messaggero”, 4.03.2011).

«Il gioiellino ricorda la vicenda Parmalat (la ditta del film produce latte, succhi, merendine, e soprattutto valori, si vanta il padrone) e va un po’ più veloce di La ragazza del lago. Non abbastanza per impedire agli attori di recitare all’italiana. Vale a dire: lento avviarsi verso il luogo dove la battuta verrà pronunciata, lunga pausa, sguardo all’interlocutore, altra pausa, giro intorno alla scrivania o altra mobilia, pausa e respiro profondo, frasetta scandita da punti e virgola» (M. Mancuso, “Il foglio”, 6.03.2011).

«[…] Molaioli dà allora forma antropomorfa all’insieme di teorie e prassi alla base di una politica finanziaria virtuale e drogata dentro la fotografia onirica e ‘fuori fuoco’ di Luca Bigazzi. L’unità del film è data proprio da questa riduzione del plurale nel singolare, che rivela sognatori megalomani sbrigliati in una cupidigia giocata a tutto campo con gusto del rischio e di una sfrontata sicurezza. Figure esaltate e gonfiate come i bilanci certificati sulle loro scrivanie, che anticipano la caduta e tracciano la parabola di un disfacimento morale. Persone prima che personaggi partoriti dalla benevolenza della provincia, che il regista osserva a distanza, senza simpatie o condanne, producendosi in un discorso sulla condizione dell’uomo che non concede tempo alla sua coscienza e intraprende un destino di distruzione. Giocatori d’azzardo che avevano tutto da nascondere e una faccia pulita da ‘dichiarare’» (M. Gandolfi, “mymovies.it”, 1.03.2011).

«Il regista, che ha realizzato lo script insieme a Ludovica Rampoldi e Gabriele Romagnoli, riesce ad ottenere a livello narrativo il notevole risultato di raccontare i suoi personaggi senza offrire al pubblico un giudizio preconfezionato sulle loro rispettive psicologie e azioni. E questo non perché la sceneggiatura voglia evitare di darle oppure non vi riesce, ma piuttosto perché preferisce intelligentemente costruire sull’ambiguità dei personaggi il suo punto di forza. Quello che ne esce fuori è un film sfaccettato, sottile, enigmatico. Molaioli poi dimostra di avere ben presente come vuole organizzare la messa in scena, e sfrutta soprattutto le ottime scenografie di Alessandra Mura per raccontare un mondo arcaico, polveroso, che rappresenta il passato immobile del nostro Paese e non riesce a stare in corsa con un’economia internazionale che cambia pelle con troppa rapidità. […]Ultimo esempio di un cinema di indagine civile sulle atrocità economiche e sociali dell’Italia contemporanea, Il gioiellino è un film che mescola con cura e coerenza la forma con il contenuto, assicurando agli spettatori un prodotto molto più elevato rispetto a quello che offre oggi la nostra industria cinematografica» (A. Ercolani, “film.it”, 5.03.2011).


Scheda a cura di
Cristina Nebbia


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